Il Corriere della Sera di domenica 10 settembre con i suoi due commenti principali di prima pagina è davvero da manuale nella affermazione di modi di vedere che, pur essendo del tutto ‘storici’ ed espressione dei rapporti di forza nella società, nella costruzione egemonica dominante vengono invece presentati come ‘oggettivi’, ‘naturali’, ‘non può che andare così’…
E quindi vengono moltiplicati in tutte le forme e i modi possibili, tra i quali il flusso di sollecitazioni permanenti che viene dalla Rete è sicuramente il più pervasivo ma non di meno vede alcune testate della vecchia carta stampata in prima linea.
In un altro tempo, quando c’era/no soggetto/i sociale/i del cambiamento ( o si pensava che ci fosse/ro…), sue articolazioni organizzative, un Partito, un Sindacato non fiaccato… c’era una cura nel contrastare le vulgate dominanti: era il terreno della battaglia delle idee si diceva.
Sappiamo bene che questo sforzo è venuto meno in larghissima misura con il venire meno di tutta una storia ed anzi, uno dei mali del presente, addirittura quelle vulgate sono state in loro parti significative introiettate dalla cultura di coloro che invece avrebbero dovuto rappresentarne alternativa…
E quindi provare a concorrere a riaprire una riflessione critica sul terreno delle idee non è altra cosa dalla riorganizzazione di un fronte sociale e politico, tutto da inventare, alternativo.
Dicevamo del Corriere della Sera. C’è un alto e un basso di questo discorso.
Cominciamo dal basso. Aldo Grasso, firma tra le più accorsate del giornalismo italiano, dedica il suo Padiglione Italia nientemeno che alla CGIL e al suo Segretario Maurizio Landini, colpevole a suo dire di lottare contro le gabbie salariali e di esprimere una linea movimentistico-populista. E tutto perché il povero Segretario della CGIL ha osservato che considera un assurdo che una tazza di caffè debba costare ormai 1,5 euro, cioè….3000 lire. Mo’, dico io, in un paese come l’Italia che ha visto mangiarsi stipendio e salario in favore di rendita e profitti e che li vede colpiti ancor di più oggi da una inflazione alimentata essenzialmente dalla crescita dei profitti, che ne rappresentano componente che incide per oltre un terzo ( mentre il costo del lavoro, detto per inciso, pesa per non più del 10% ); in un paese come il nostro con tali livelli di precarietà e di insicurezza sociale e sul lavoro ( le mille Brandizzo già dimenticate?), mo’ tu, firma autorevole dell’autorevole testata giornalistica non trovi di meglio da fare che polemizzare e ironizzare con uno dei massimi rappresentanti di quel mondo del lavoro così offeso e vilipeso?
E questo era il basso. L’alto è invece nientepopodimeno che Mario Monti che con il suo editoriale fa un’apertura di credito alla Presidente del Consiglio Meloni e al suo Ministro del Tesoro Giorgetti a cui si riconosce di avere favorito la battaglia ( SIC!) per far scrivere in Costituzione l’obbligo dell’equilibrio di bilancio, altro modo per dire, recepimento dei vincoli più brucianti della politica finanziaria europea che ha così fortemente penalizzato i paesi più esposti: battaglia detto per inciso, condotta e vinta da Monti Presidente del Consiglio con sostegno PD nel 2012…
E, sempre Monti non manca si muovere un’altra bordata filo-rigorista alla politica di ampia disponibilità di denaro che ha guidato la BCE di Mario Draghi – che incidentalmente ha trovato invece il modo di esprimere nel modo più netto la follia di un eventuale ritorno alle norme del Patto di Stabilità alla situazione quo ante pandemia… – .
Imputando il Senatore a vita alla amplissima iniezione di risorse finanziarie nel sistema i livelli di inflazione di oggi e il conto salato che non poteva non arrivare e dimenticando, il Senatore a vita, che a quell’iniezione si arrivò dopo gli effetti della crisi del 2007/2008 e dei disastri delle politiche rigoriste applicate per fronteggiarla nella prima fase, entro cui incappò drammaticamente la Grecia tra gli altri, effetti poi replicati dalla Pandemia ed oggi non certo diminuiti dalle conseguenze della guerra.
Che quelle risorse siano state male utilizzate e molto poco per recuperare storture strutturali dei sistemi economico-produttivi e i loro interni divari, è ben vero ma non è certo questa la preoccupazione che muove il Senatore a vita. E ovviamente qui il tema non è rigoristi contro scialacquatori perché a dire il vero di scialacqui sempre quel famoso mondo del lavoro ne ha visto ben pochi e si è ritrovato a fronteggiare la crisi del 2007/2008 con l’incremento fortissimo della precarietà; la pandemia con un sistema sanitario che ancora oggi, mentre i contagi ripartono con altre varianti non dome – fatto che grida davvero vergogna infinita – fa acqua da tutte le parti; gli effetti della guerra, dei cambiamenti climatici e dell’incremento dei profitti con una inflazione che ne colpisce un potere di acquisto già fiaccato.
Di che vogliamo parlare quindi?
Rimane l’apertura di credito a questo Governo con la sollecitazione a non deragliare dalla linea neorigorista che secondo lui è indispensabile a livello europeo.
E questo è il Corriere della Sera del 10 settembre che ci regala solo un bel Walter Veltroni sul colpo di stato in Cile di 50 anni fa e ci risparmia invece un altro Paolo Mieli che riscrive la storia sempre come se le classi popolari fossero state solo sue spettatrici…
Gianfranco Nappi