I recenti fatti riguardanti la Campania, arrivati all’attenzione nazionale, dal quartiere di Caivano, con conseguenti immediati interventi mirati, all’attività sismica dei Campi Flegrei, con repentino rispolvero di piani di evacuazione, fanno emergere solo alcune delle questioni irrisolte di questa Regione.
I luoghi di periferia che non sono solo i quartieri di edilizia residenziale pubblica, costruiti in Italia dal dopoguerra in poi e ai quali viene associato il tema in questi giorni in riflessioni e proposte, ma sono tutti i luoghi di marginalità urbana.
Nella complessità di questo insieme di luoghi sono compresi i quartieri residenziali, che sono solo uno dei temi a cui si possono riferire i luoghi periferici; lo sono i quartieri di edilizia residenziale pubblica esterni o interni ai centri urbani, lo sono i centri storici in abbandono o a rischio desertificazione o gentrificazione, lo sono le frazioni dei comuni più distanti dal centro cittadino, lo sono le aree dismesse o i siti inquinati.
Tutti luoghi accumunati da caratteristiche di abbandono, degrado sociale, assenza di sviluppo economico. Sono infatti le condizioni che si creano per mancanza di servizi e infrastrutture e per spopolamento o, come alcune analisi sociali sostengono, per ghettizzazione di classi sociali, che ne fanno luoghi di marginalità. Gli interventi che servono in questi contesti non sono solo quelli estetici o repressivi ma occorrono una serie di azioni parallele e contemporanee. Una strategia complessiva di azioni sociali e strutturali volte a mitigare e risolvere le varie criticità che si riscontrano. La marginalità va contrastata con l’inclusione, dei luoghi nel sistema urbano e degli abitanti nel contesto sociale, che è azione sociale e economica.

Altra questione è invece la fragilità del territorio soggetto a attività sismica dove i piani di evacuazione in caso di calamità naturale sono fatto ancora da perfezionare, oltre ai quali rimane il dato legato al pericolo prodotto da strutture sismicamente inadeguate o costruite in luoghi in cui non dovrebbero esserci. Questioni edilizie e urbanistiche rilevanti alle quali ovviamo con i piani di evacuazione che speriamo funzionino, e verso i quali contiamo che non arrivi mai una scossa di intensità tale per cui attivarli. Intanto andrebbe invece pensato l’adeguamento sismico e la dislocazione e abbattimento per edifici situati in luoghi cui i dati scientifici ci evidenziano rischi gravi per gli abitanti.
Queste sono solo alcune delle questioni che riscontriamo in una Regione in cui ancora il metodo per agire non prevede l’assunto indispensabile analisi – azione, e in cui le decisioni prese ancora non seguono un ordine che si basa su criticità più rilevanti e priorità.
Troppe sono le questioni non affrontate in modo strutturato, come invece da anni fanno ormai altre Regioni che dettano il passo e sono da esempio, e che fanno della Campania una Regione ancora arretrata nel contesto nazionale e non competitiva nel contesto internazionale.


Dalla questione welfare e servizi sociali, affrontata e regolamentata ormai da anni per esempio in Regione Puglia tramite piani regionali di politiche sociali; al settore patrimonio culturale strutturato ad esempio in Emilia Romagna con settori specifici dedicati a conservazione e restauro, pianificazione, promozione, monitoraggio, valorizzazione, sistema museale, archivistico e bibliotecario regionale, e un catalogo digitale del patrimonio culturale regionale; sempre riguardo il patrimonio culturale la Regione Puglia ha l’atlante, ha linee guida per il recupero dei manufatti rurali e una legge per l’archeologia industriale, legge di cui si è dotata anche la Regione Basilicata; e poi la tematica della mobilità e dei trasporti con il settore mobilità, che è presente per esempio in Regione Puglia che redige, aggiorna e monitora il Piano Regionale dei Trasporti; per arrivare alle questioni legate alle politiche abitative in cui l’Emilia Romagna ha un settore specifico all’interno di quello del governo e qualità del territorio con una direzione generale “cura del territorio e dell’ambiente” promotore di recente del programma approvato dalla giunta regionale del “Patto per la Casa Emilia-Romagna” a sostegno della locazione in alloggi a canoni calmierati.
Troppi tasselli mancano in questa Regione che senza una strutturazione operativa adeguata si accinge ora a voler modificare la legge urbanistica regionale la 16 del 2004, che dal progetto di legge già registra il dissenso di molto associazionismo ambientale e di esperti in materia urbanistica. Una legge sul governo del territorio che tende a favorire atti trasformativi di tipo espansivo rispetto all’esistente mentre non approfondisce la parte repressiva. Una legge che se fosse scaturita a seguito di una analisi approfondita dei luoghi campani a cui si rivolge, dovrebbe essere più cauta in un territorio già molto deturpato e scivoloso sulle norme urbanistiche. Un territorio campano dove molte diversità e criticità si riscontrano e dove la parte debole della popolazione attende in tanti luoghi risposte per l’unica casa posseduta e costruita anche fuori norme del tempo.


Si rimanda la questione della tutela e si affida la definizione di inedificabilità assoluta ai territori tutelati, in attesa di un piano paesaggistico in itinere il quale dovrebbe governare la complessità anche dei tanti singoli piani paesaggistici delle specifiche aree di pregio della Campania.
Si rimanda la questione della repressione e vigilanza, preminente e irrisolta, a dispetto del modificare la parte espansiva della legge andando verso una gestione elastica del territorio.
Questi due rimandi destano qualche preoccupazione.
Bisognerebbe invece prioritariamente organizzare l’intera macchina regionale in modo da renderla moderna e avere il motore giusto per avanzare all’altezza delle regioni vicine e meno vicine. Aprirsi al contesto europeo e essere Regione adeguata agli occhi delle tante generazioni di giovani, soprattutto talenti laureati, formati e specializzati, che dal confronto con il resto dei territori non vedono nella realtà campana la stessa qualità della vita che gli viene garantita altrove.
Ci vuole coraggio a uscire dal pressappochismo e dalla visione corta. Le ambizioni devono essere alte e la visione lunga. Solo così potremo costruire una Campania moderna da oggi ai prossimi anni.
Nadia Marra

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