Ieri abbiamo commentato l’uscita dell’onorevole dei Verdi/Sinistra Italiana Borrelli a proposito del trattamento da assergnarer ai figli delle famiglie camorriste. https://www.infinitimondi.eu/2023/01/25/taccuino-pace-che-non-si-vede-un-incontro-con-alex-zanotelli-90-secondi-alla-mezzanotte-domani-a-modena-ricordando-lolocausto-e-poi-unidea-balzana-dellonorevole-francesco-emilio-borrelli/

Una idea che aveva precedenti illustri e non solo una boutade da trasmissioni tipo Le Iene o…Siamo tutti sotto inchiesta….Quindi il tema è più serio. E sempre a proposito dell’Italia sottosopra.

Michelina Cassese, da una vita impegnata nel lavoro con i detenuti, ha scovato questa lettera di Nicola Quatrano , già valente magistrato napoletano, e pubblicata da Il Dubbio il 7 aprile 2018.

E che vuoi dire di più?

La rappresaglia contro i bambini dei camorristi: questa è giustizia?
di Nicola Quatrano*




Il Dubbio, 7 aprile 2018



Non crediate sia facile fare il consigliere del Csm. Pensate solo alle defatiganti trattative per la copertura di posti direttivi e semi-direttivi della Magistratura, un’impresa che implica complicate alchimie. I maligni parlano di “spartizione”, i suoi membri preferiscono l’espressione “pacchetto”.

Il pacchetto è una specie di accordo win win su di un gruppo di nomine accorpate, capace di dare soddisfazione a tutte le componenti (e sotto-componenti). I pensosi inquilini di Palazzo dei Marescialli hanno poi molte altre incombenze, c’è perfino una commissione apposita, la sesta, che si occupa del “contrasto alle organizzazioni mafiose”. E questa commissione fa anche trasferte in tutta Italia (ha in programma addirittura un tour). Una delle ultime ha avuto come location il carcere minorile di Nisida, dove si è discusso di baby gang e sottrazione dei bambini alle famiglie mafiose, giudicate recentemente dallo stesso Csm, con la sicurezza di chi si crede nel giusto, “di per sé maltrattanti”. Il vicepresidente Giovanni Legnini ha nell’occasione espresso apprezzamento per le esperienze di questo tipo prodotte dai Tribunali per i minorenni di Reggio Calabria e Napoli, definendole un “orientamento giurisprudenziale innovativo”.

Potenza delle parole sganciate da ogni riferimento alla realtà! Un savoir faire acquisito – credo – redigendo le motivazioni dei provvedimenti di promozione dei magistrati. Perché pare niente parlare di “orientamento giurisprudenziale innovativo”, sembra evocare solo fumose discussioni e barbosi convegni giuridici.

Ma per chi lo subisce, questo “orientamento” ha una tragica concretezza: un blitz alle 6 di mattina, i piccoli svegliati bruscamente dagli uomini in divisa, vestiti in fretta e portati via in lacrime… le grida dei parenti, la confusione, il terrore. Non pare davvero un intervento fatto a favore dei minori. Sembra più il tributo ad un’idea astratta e terribile della Giustizia, una Giustizia che assomiglia alla dea bendata con gli occhi marci e verminosi della nota poesia di Edgard Lee Masters.

Chiamiamolo dunque “orientamento”, ma ha tutta l’aria di una sanzione. E nemmeno verso il reato, piuttosto verso il contesto, verso la famiglia in cui si è nati, perché a nessuno è mai venuto in mente di togliere i bambini ai genitori di altre classi sociali che, per esempio, evadono il fisco e magari se ne vantano in famiglia, o di rapire all’alba il figlio che il furbetto del cartellino aveva portato a spasso durante le ore di ufficio.

Nel mirino di questi “orientamenti giurisprudenziali innovativi” non c’è il reato in sé, piuttosto la criminalità della plebe (che certamente si accompagna ad ulteriori manifestazioni di degrado sociale e familiare) e l’iniziativa dei Tribunali per i minorenni costituisce, io credo, un’ulteriore drammatica escalation di quella “guerra” alla criminalità che già infiniti addusse lutti agli Achei. Un’ulteriore manifestazione di quella logica militare che considera chi delinque (qualcuno, non tutti) un “nemico” da annientare, piuttosto che un problema sociale da risolvere.

Sottrarre i minori a chi delinque è una punizione collettiva. Come la demolizione delle case, cui l’autorità di occupazione israeliana fa ampio ricorso nei confronti dei Palestinesi sospettati di atti sanguinari. Una punizione barbara (e illegale) che colpisce anche familiari e vicini innocenti e che persegue evidenti scopi dissuasivi. È una rappresaglia, un atto di guerra.

Di una “guerra” alla criminalità che si è già dimostrata ampiamente fallimentare, quanto meno perché gli arresti di massa non sono riusciti a chiudere una sola piazza di spaccio, e hanno invece allargato a dismisura l’area della illegalità, favorendo il reclutamento di tanti giovanissimi nei posti lasciati vuoti dagli arrestati. Una “guerra” alla criminalità che non ha ridotto gli atti criminali, ma è solo riuscita a selezionare un nuovo tipo di “delinquente”, non solo più violento ma anche rabbioso, “antagonista” (una novità, almeno a Napoli, dove la camorra è stata sempre uno strumento di “governo”).

I giovani, respinti e stigmatizzati, hanno trovato una identità alternativa nei modelli resi virali dai media sociali, quelli delle gang sudamericane della droga, delle banlieue parigine, e perfino dei fanatici del jihad. Comune punto denominatore: l’avversione verso la società che li respinge, e la violenza naturalmente, l’unico strumento a loro disposizione per contare ed emergere nel gioco della visibilità mediatica.

I consiglieri del Csm farebbero meglio dunque a interrogarsi su quanto l’allontanamento dei bambini, una misura vissuta come odiosa e discriminatoria da chi la subisce, possa accrescere questa rabbia e questo “antagonismo”, fino a conseguenze imprevedibili, ma potenzialmente terrificanti. Oppure continuino ad occuparsi solo dei loro “pacchetti” da prima repubblica… tutto sommato è il minore dei mali.



*ex magistrato

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