Costituirebbe un errore marchiano ridurre la bella e partecipata assemblea ospitata mercoledì 23 marzo presso il museo PAN ad un episodio di cronaca legato a dispute di correnti all’interno di un partito, il PD; alla mancata concessione di una sala pubblica, a Salerno, per la presentazione di un Libro dei Professori Aldo Schiavone ed Ernesto Galli della Loggia; o addirittura, ad un episodio di colore legato al fastidio per il noto paternalismo rozzo a cui ci ha abituati il Presidente della Regione Campania, Vincenzo de Luca.
Avventurarsi in un commento dell’iniziativa di tanti autorevoli protagonisti del dibattito pubblico non solo locale, può essere un azzardo. Su INFINITIMONDI e sulla stampa cittadina, della lettera inviata dai protagonisti dell’assemblea del PAN al Segretario del PD Enrico Letta, Gianfranco Nappi ha provato un inquadramento con un’ampia apertura di credito rispetto ai temi sollevati. Osservando il tavolo dei relatori e ricordando tante loro battaglie politico/culturali, viene spontaneo l’antico ammonimento “chi è senza peccato scagli la prima pietra”.
La sovrapposizione tra l’insigne meridionalista GUIDO DORSO, esponente del Partito d’azione ed il lavoro e le posizioni politiche del Professore Isaia Sales, mi è sempre venuta naturale. Sales che ha introdotto l’incontro, ha usato come sempre, parole pesanti nel descrivere il sistema di potere Deluchiano notando gli elementi fondativi in parallelo ai poteri del crimine organizzato. Territorio, familismo ed utilizzo del potere amministrativo a fini di parte, segnalano un inquietante similitudine.

Quindi l’associazione tra “gli uomini di ferro” e De Luca diventa naturale. Il paradosso tra l’elaborazione di uno dei più lucidi testimoni della stagione dell’elezione diretta di sindaci e presidenti di Regione in funzione di riscatto e rinascita meridionale e la realtà fattuale incarnata da De Luca e altri, conduce a riflessioni amare sui decenni passati. Del resto non è mancata la citazione di Gaetano Salvemini e del suo testo dedicato a Giolitti, “Il Ministro della Malavita”. Se mai sfrattati, sono tornati i notabili ed i capibastone in funzione di protettori delle popolazioni meridionali all’ombra dell’eterno scambio tra consenso e legittimazione. Il grumo di questioni sollevate si intreccia con i temi della crisi della politica e delle funzione dei partiti. Quando, ormai più di 40 anni fa, di fronte ai tumultuosi cambiamenti della Storia, si negò l’esigenza di un orizzonte radicale di cambiamento, si è proceduto a buttare, “il bambino con l’acqua sporca”. Una delle figlie di quel passaggio, è stata la brutta riforma del Titolo V della Costituzione assunta sotto la spinta della rottura introdotta dalla Lega Nord. I figli degeneri di quella stagione, non fanno solo riferimento agli enormi poteri affidati ai “Governatori” , a cominciare dalla riforma sanitaria, che abbiamo visto all’opera durante il periodo più duro della Pandemia, ma ancora incombe la bomba ad orologeria dell’autonomia differenziata. A proposito, ha pienamente ragione il Professore Massimo Villone, nel denunciare l’incostituzionalita’ dell’ipotesi del III mandato, avviata da Zaia e imitata da De Luca. Lo svuotamento di valore e funzioni delle assemblee elettive costituisce lo specchio della deriva Bielorussa della Campania. Quindi, non certo l’espressione macchiettista di un potere locale senza controllo.
Si è parlato di ritorno degli intellettuali e la lettera degli stessi a Letta, assieme a tanti altri segnali, rimanda ad una possibilità di “rimessa in movimento’ che deve fare i conti con la moderna struttura sociale ed economica del Paese da cui arriva l’invocazione di una moderna soggettività politica, strumento utile della necessaria iniziativa. La ricerca continua.

Pasquale Trammacco

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