di Gianfranco Nappi

Prima di affrontare il merito, a scanso di equivoci, devo fare una premessa: penso che i Sindaci siano effettivamente i rappresentanti istituzionali più esposti, quelli su cui si scaricano più domande e quelli lasciati in questi anni abbondantemente con scarsità di mezzi. E quindi credo vada guardato sempre con attenzione e partecipazione il loro impegno.

Ho seri dubbi però sul fatto che lo sciopero della luce inscenato contro il Governo a partire da Firenze e Bologna e poi con tutta l’Anci nelle scorse ore rappresenti una esempio di fronte al grave problema, per famiglie e imprese, del caro energia.

I Sindaci, tanto più se non singolarmente presi ma associati nella loro ANCI, appartengono a quella categoria di soggetti che non è che devono denunciare i problemi ma hanno il dovere di risolverli, indicare traiettorie positive, fosse anche in necessaria concertazione con Regioni e Governo.

Se anche i Sindaci scioperano, tanto più quelli delle grandi città che hanno mezzi per farsi sentire, che cosa dovrebbe dire e fare un lavoratore che per la carenza del sistema di trasporto pubblico locale è costretto a non poter fare a meno della auto, benzina o diesel, ogni giorno? E cosa dovrebbe dire quello stesso lavoratore a cui arriva la bolletta di acqua-luce e gas? E cosa dovrebbe dire o fare, sempre quello stesso, quando va a fare la spesa e vede un rialzo generalizzato dei prezzi’ E cosa dovrebbe dire o fare, sempre lui, di fronte alla assenza di ogni indicizzazione sostanziale del proprio salario/stipendio di fronte all’incremento del costo della vita?

Il caro energia diventa sempre più preoccupante e pesante per le attività produttive e per la vita delle famiglie.

Ma da cosa nasce fondamentalmente? E cosa richiede con urgenza per essere affrontato?

La situazione che si è venuta determinando, nel combinato disposto degli effetti del balzo di ripresa produttiva e di domanda e di quelli asimmetrici della stessa pandemia che, a pelle di leopardo dal punto di vista geografico e temporale, hanno disallineato le catene lunghe di produzione e distribuzione ( in altri termini, mentre in tanti paesi occidentali riprendeva la produzione dopo il blocco pandemico, in altri invece dove magari si concentra la produzione di componenti fondamentali per quella rilanciata domanda occidentale e cinese di beni da collocare sul mercato – è il caso ad esempio di tutta una parte di componenti per il settore auto che porta alla situazione tale per cui c’è un tempo attesa per una auto nuova di molti mesi – si sono ripresi più tardi dalla pandemia con blocchi produttivi prolungati ), in una tempesta perfetta di sovrabbondanza di domanda di produzioni e servizi, e quindi di energia, e difficoltà di offerta in tempi concentrati, ha fatto schizzare in alto tutti i costi, a cominciare da quello delle materie prime.

Quali lezioni si possono trarre da questa situazione?

La prima e fondamentale è che la transizione ecologica, ovvero la riconversione ecologica dell’economia e dell’organizzazione sociale, non è un pranzo di gala : l’idea che si possa procedere con una logica meramente sostitutiva, ovvero, continuo a fare quel che facevo prima – produrre sempre di più, in tempi sempre più ristretti per sostenere il moloc del consumismo senza il quale l’economia, questa economia, non gira – e quindi a fabbisogno crescente di energia con l’unica cosa che cerco di fare che è sostituire la vecchia, sporca, energia con la nuova, pulita, non regge. E’ l’intero modello di sviluppo e di organizzazione sociale fondato sul consumismo estremo, bulimico; sullo spreco di risorse naturali. Un modello sociale e di produzione fondato invece sulla socialità, sulla naturalità, sul riuso, sulla valorizzazione dell’uso rispetto allo scambio, della persona rispetto al mercato, è l’unico in grado di affrontare la transizione ecologica in modo positivo, come grande occasione di giustizia sociale e ambientale.

La seconda e non meno fondamentale è che se oggi si paga di più quello che prima si pagava molto di meno vuol dire che c’è qualcuno che nella filiera, su quell’insopportabile di più che i cittadini stanno pagando, ci sta guadagnando in modo spropositato : distributori di energia, trasformatori, produttori? E allora qui gli strumenti del governo pubblico dell’economia, del non lasciar fare solo al mercato quando la mera logica del mercato di porta in un vicolo cieco, imporrebbero correttivi nazionali e internazionali; calmierazioni di prezzi; soglie limite a livello nazionale e internazionale; incrementi fiscali sui mega utili dei giganti energetici con cui sostenere i contributi a imprese e famiglie. E’ anche da lì che deve provenire un fattore di riequilibrio del mercato.

La terza, è quella di non apparire imbambolati sulla transizione energetica, come appaiono tanti governi, non escluso il nostro: se da un lato, non far crescere la domanda non corretta e non necessaria di energia, e quindi con la chiave del risparmio, è un modo per allentare la pressione speculativa, dall’altro lato è evidente che occorre un vero e proprio balzo nella capacità di produrre energia da fonti rinnovabili, altro che nucleare. E allora, cari Sindaci, Regioni e governo, siete attrezzati a dovere su questo? State davvero facendo tutto il possibile?

Che fare? Ce lo dice in modo che non saprei dire meglio, e quindi ve lo ripropongo integralmente, un grande esperto di questioni energetiche e ambientali, il Prof. Gianni Silvestrini in questo articolo da rinnovabili.it : c’è un programma di governo vero per Sindaci, Regioni, Governo. Vi consiglio di leggerlo con attenzione, nella sua semplicità e nella forza delle sue evidenze.

Ma Sindaci, Regioni, Governo ci sono? E c’è una politica pronta a tradurlo in azione concreta e urgente?

Poi si, va bene, spegniamo anche qualche lampadina nei centri-cartolina, superaffollati e energivori…ma magari accendiamone qualcuna di più – a carica solare – nelle periferie oscure…

Forse se il Sindaco di Milano si concentrasse di più su questi temi invece di contestare , insieme al Presidente della Regione Lombardia, la distribuzione di risorse del PNRR che prevedono la destinazione di un minimo sindacale di 40% al Sud , farebbe meglio a se stesso e alla politica.

Però è evidente che prove di Grandissimo Centro sono in corso….tra PPE, FI, Lega, Centristi, Renzi e PD…..Auguri davvero!

https://www.qualenergia.it/articoli/rinnovabili-a-rilento-e-aumento-costi-energetici-prime-sfide-2022/

Rinnovabili a rilento e aumento dei costi energetici: le prime sfide del 2022

Gianni Silvestrini

Da quest’anno si deve accelerare sulla generazione di elettricità da fonti rinnovabili e sulla riduzione dei consumi energetici in edilizia. Ma la strada è ancora piena di ostacoli.

Il 2022 si apre con incrementi mai visti del prezzo del gas e dell’energia elettrica. Comparati al mondo del greggio, è come se il petrolio schizzasse a 300 dollari al barile.

Il gas viene acquistato infatti con valori dieci volte superiori rispetto agli ultimi quindici anni e si ripercuote sulle bollette del metano e su quelle elettriche, solo parzialmente calmierate dal governo. Insomma, secondo un esperto del settore, Stefano Cavriani, se la situazione persistesse, è come se l’Italia dovesse spendere 100 miliardi di euro di più in un anno.

Uno scenario possibile per le tensioni con la Russia sui tempi di apertura del gasdotto Nord-Stream2 e per la fame di gas della Cina. Piccola consolazione, l’aumento dei prezzi dell’elettricità mitigano l’effetto in bolletta di alcune incentivazioni delle rinnovabili, portando nel 2022 ad un taglio di 1,2 miliardi di euro.

Ed è proprio da una forte accelerazione sulle rinnovabili e dalla riduzione dei consumi che potrà venire quel cambiamento strutturale in grado di ridurre le importazioni di metano.

Secondo Stefano Donnarumma, amministratore delegato di Terna, “La soluzione vera che dobbiamo raggiungere in Italia è quella di produrre energia autonomamente e l’unico modo per farlo nel breve e medio termine, 5-7 anni, è quello di installare molta energia rinnovabile, fotovoltaico ed eolico. Se invece di produrre il 35% di energia rinnovabile, oggi se ne producesse almeno il 65%, l’impatto sulla bolletta sarebbe stato pari a meno della metà. Sono convinto che fra 15-20 anni il costo dell’energia per gli italiani sarà equivalente a pagare la tassa dei rifiuti, ovvero non spenderemo più soldi per la materia prima”.

Da qui l’urgenza per il nostro paese di rivedere i propri obiettivi. Nel Piano Energia e Clima in vigore si ipotizza una riduzione delle emissioni climalteranti del 37% al 2030 rispetto al 1990, ma dopo l’innalzamento degli obiettivi europei al -55%, il Governo intende portare il target al 51%.

E tutti i livelli istituzionali dovranno avviare una fortissima accelerazione per rendere credibile questo nuovo impegno. Per capire la corsa che ci aspetta, si consideri che tra il 2019 e il 1990 abbiamo ridotto le emissioni solo del 19,5%.

Dopo la crisi petrolifera del 1973, negli Usa si corse ai ripari e vennero introdotte norme per ridurre i consumi delle auto. Noi in questa fase dovremmo contemporaneamente aumentare l’efficienza energetica negli edifici e accelerare rapidamente sull’energia pulita.

Con il recepimento della Direttiva sulle fonti rinnovabili, i nuovi edifici e quelli ristrutturati, a partire dal giugno 2022 dovranno garantire la copertura con le energie pulite del 60% dei propri consumi. Negli edifici pubblici, la percentuale salirà al 65%. E sull’edilizia esistente una spinta la darà il Superbonus.

Segnali negativi invece sul fronte dell’auto elettrica. A livello europeo le vendite del 2021 hanno coperto il 10,3% del mercato, destinato poi ad arrivare al 20% nel 2025, e anche in Italia la percentuale, in forte crescita, è stata del 9,1%.

Tutto bene? No, perché non ci saranno incentivi nel 2022 e quindi plausibilmente il mercato calerà attorno al 5%. E un’analoga poca attenzione governativa riguarda la difficile transizione del comparto della componentistica italiana dell’auto, che vende molto in Germania tutta lanciata verso l’elettrico.

Sul fronte delle rinnovabili, si spera che il blocco degli ultimi otto anni venga superato con misure di accelerazione e certezza delle autorizzazioni. Il 2022 in questo senso sarà un anno di transizione che vedrà impegnate le Regioni e il ministero della Transizione ecologica.

Nei primi nove mesi del 2021 si è registrato un piccolo incremento della potenza elettrica green di 809 MW (+30% rispetto al 2020), ed è probabile che nel 2022 la crescita sarà decisamente superiore, anche se ancora lontana dal balzo annuale necessario.

Si vedranno le prime esperienze di Comunità energetiche e di agrivoltaico e si avvieranno i processi autorizzativi degli impianti eolici off-shore, tutte soluzioni che negli anni successivi daranno un importante contributo.

Non aiuterà invece la riapertura del dibattito sul nucleare, arma di distrazione di massa, considerando che i piccoli reattori modulari non si vedranno prima dell’inizio del prossimo decennio, e solo allora si capiranno fattibilità, costi e affidabilità.

Tutto questo mentre l’Italia dovrà aver già raggiunto il 70% di rinnovabili elettriche e accresciuto il ruolo degli accumulatori, compresi quelli di lunga durata.

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