Il Professore Gerardo Santella ha editato un lavoro di grande interesse, una antologia critica dei modi attraverso i quali, nei secoli, la Divina Commedia è stata illustrata : La Commedia illustrata dal Trecento a oggi, Palma Campania, 2021. Gentilmente, e gliene siamo davvero grati, ha voluto anticiparci alcuni del contenuti del suo lavoro.

RENATO GUTTUSO

Il pittore siciliano (1911-1987) realizza, dal 1959 al 1962, centinaia di tavole e disegni a colori, di cui solo cinquantasei rifluiscono nel volume Il Dante di Guttuso, pubblicato dall’ editore Mondadori nel 1970.
Negli Appunti danteschi l’artista documenta perfettamente il problema che si è trovato ad affrontare e il modo attraverso il quale ha proceduto nel risolverlo: “Mi misi a pensare quale era il modo più giusto, più efficace. Anzitutto bisognava sgombrare la mente dai ricordi visuali che integravano il nostro pensiero ad ogni contatto coi personaggi della D.C.. Problema doppio: dimenticarsi, ma anche rivedere l’opera dei precedenti illustratori”. Dalle miniature medievali a Botticelli, Blake, Dorè ai contemporanei Rauschenberg e Dalì.
Caratteristica dei disegni di Guttuso è la tensione tra reale e astratto. L’artista si mantiene aderente alla realtà visibile, anche nelle sue più brutali forme fenomeniche, ma si apre anche la strada dell’interpretazione allegorica giungendo a rappresentazioni surrealiste ed espressionistiche, senza però irrigidirsi in uno schematico formalismo. In tal senso personaggi ed episodi della Commedia, apparendo in una veste formale nuova rispetto alla iconografia tradizionale, si trasformano in una metafora iconica che li trascende e li universalizza.
L’occhio di Guttuso si sofferma sugli elementi più crudi, sui dettagli più diretti, su un quotidiano fatto di bassezze e idealità, di miseria e di avidità, di sacro e di profano. Egli sceglie di ritrarre la condizione umana, immutata secolo dopo secolo, uomini e donne spesso preda dei loro istinti e dei propri sensi. Da qui la caratteristica delle sue raffigurazioni: la loro umanità, il loro essere sempre e comunque attuali, il loro voler raccontare non solo il passato, ma anche, e soprattutto, il presente, attraverso personaggi così vivi da potersi trasformare in ognuno di noi.
Per comprendere a fondo il suo lavoro occorre avere chiari due presupposti fondamentali. Il primo: la Commedia è un’opera visiva ed il suo potere visuale è dimostrato dalla sua diffusione nell’ambito delle arti figurative. Il secondo: l’esperienza dantesca è voce collettiva e la sua portata universale è dimostrata dalla sua fortuna di respiro globale nella società, sia nello spazio che nel tempo.
Guttuso dà voce a questi due principi, elaborando in questo modo un progetto originale e di una esattezza filologica, derivante da una profonda conoscenza del testo e della personalità di Dante. Un chiaro segnale del suo impegno sono i più di dieci anni impiegati nella produzione delle tavole dantesche.
Come è riuscito a realizzare un simile progetto, soprattutto a fronte della difficile traduzione dal linguaggio letterario a quello figurativo?
Il potere visuale della Commedia viene tradotto in una quasi totale mancanza della figura di Dante. Guttuso considera che Dante non è il protagonista della sua opera, bensì la voce di un’esperienza che si pone come universale e, in quanto tale, rende il poeta occhio e cronista.
Di conseguenza nelle sue illustrazioni, a differenza delle produzioni precedenti, il pittore non rappresenta il viaggio di Dante, ma quanto il poeta narra di aver veduto (…). “Come a Dante l’eternità in cui egli ritrova personaggi del mito si fa presente, così dovevo fare io. Cercare di sentire nel presente, nel mio presente, fatti e persone e perciò rivolgermi a riflettere su quella parte del cuore umano che non muta, cercando di indagare i sentimenti, le passioni, fuori da un tempo e da una storia. E poiché una atemporalità e una astoricità assoluta non sono possibili, io dovevo aiutarmi col mio presente, come Dante si era aiutato col suo”.
Guttuso, dunque, traduce la portata universale del testo in un processo di attualizzazione del poema: perché porre limiti temporali e spaziali scadendo nella mera descrizione, se la stessa Commedia, nelle sue mire universalistiche, si è posta come opera intramontabile e sempre attuale?
I personaggi dell’Inferno, cui sono dedicate la maggior parte delle tavole, vengono rivisitati come esemplari della storia del genere umano, tanto che nella rappresentazione di alcuni peccatori si possono riconoscere personaggi contemporanei.
Gli esempi sono numerosi.

Nel bollor vermiglio ( If, XII 101) del Flegetonte (fig.1), le alte strida ( ibid. 102) non sono quelle di Alessandro Magno, Dionisio, Attila, Pirro e degli altri tiranni del mondo antico, che vede Dante, ma quelle dei dittatori del Novecento, Hitler, Mussolini e Stalin; le anime lasse e nude che si disperano sulla riva malvagia ( If, III 100 – 107) non attendono Caronte, il nocchiero infernale, bensì la deportazione nazista in un campo di concentramento o di sterminio; tra le fiamme che si sprigionano da un bordo roccioso (Pg. XXV,112-126, i corpi dei lussuriosi si abbracciano in silenzio e si baciano.

Nella folla degli spiriti si riconoscono volti noti: quelli dei letterati Gabriele D’Annunzio, Elsa Morante, Pier Paolo Pasolini (fig. 2);

intorno alle note ( Pg, II 119) di Casella non si raccolgono semplici anime, bensì lo stesso Guttuso, gli scrittori Carlo Levi, Moravia, Morante, Pirandello, Vittorini il pittore Pablo Picasso (fig. 3).


(…) Lo stesso è per la tavola Emigranti, per mezzo della quale Guttuso riconduce ad una dolente realtà contemporanea il celebre inizio del canto VIII del Purgatorio: “Era già l’ora che volge al disio / ai navicanti e ‘ntenerrisce il core / lo dì c’han detto ai dolci amici addio”, e, mentre esalta il valore eterno del canto, ne sottende anche le implicazioni autobiografiche. E noi, guardando i volti – dolenti, pensierosi, preoccupati, dubbiosi – dei migranti, vediamo i disperati e dannati di oggi imbarcati su una delle tante carrette del mare che solcano il Mediterraneo da una sponda all’altra in cerca di salvezza.

E non si può ignorare la sensibilità che l’artista dimostra nell’analisi psicologica di alcuni personaggi, laddove non giudica i dannati per le loro azioni deplorevoli. Le sue tavole sono svincolate da qualsiasi genere di morale e totalmente volte a descrivere la psiche dei propri protagonisti.(…) E’ Brunetto Latini (If., XV) l’exemplum massimo dell’analisi psicologica messa in atto dal pittore: la sofferenza derivante dalla sua condizione di dannato è espressa da violente pennellate rosse e nere che solcano il suo volto esanime, mentre i suoi occhi vuoti e nudi di speranza sembrano quasi chiedere un estremo aiuto al proprio interlocutore che non trova spazio nell’illustrazione: forse Dante, forse l’artista, forse noi, collettività umana, che guardiamo.
(…) L’opera di Guttuso, in conclusione, è, come scrive L.B. Ricci “un insieme di episodi figurativi che visualizzano frammenti di scrittura liberamente scelti sulla base di sollecitazioni personalissime. Risultandogli ingestibile il progetto di dar vita a un sistema rigido di cento tavole per cento canti, l’artista rivendica la libertà di illustrare o di non illustrare a suo arbitrio, privilegiando singoli canti e singoli passaggi del testo” . Un approccio a Dante, dunque, personalissimo, di selezione, appropriazione e contemporaneizzazione di singole porzioni del testo, a corredo del quale è stampato il disegno. Non è un caso che l’opera sia intitolata Il Dante di Guttuso.

(Testo e immagini sono tratti da: La Commedia illustrata dal Trecento a oggi, di Pasquale Gerardo Santella, Palma Campania, 2021)

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