DAL BEL SITO ACTA NON VERBA

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di Gianfranco Nappi

Merita più di una riflessione quanto sta accadendo negli Stati Uniti.

Perché accade in quella che è ancora la più grande superpotenza mondiale e sia per il rapporto storico che c’è tra le due sponde dell’Atlantico.

Certo, vedere un luogo sacro per ogni democrazia che sia tale, il Parlamento, attaccato, invaso e offeso non può non fare impressione.

Se poi questo avviene nel paese che si ritiene di essere il capofila della democrazia nel mondo allora l’impressione è ancora più grande.

E più grande ancora è la preoccupazione che si deve avvertire.

Certo sono grandi le responsabilità di Donald Trump che ha scientemente alimentato il fuoco della ribellione, della rivolta, della contestazione nei confronti delle procedure e delle istituzioni democratiche per calcolo politico, seppur scellerato.

La prima regola per una democrazia è accettare i risultati elettorali, anche quando non ci piacciono.

Contestarli, senza ragioni fondate, chiamare alla mobilitazione per sovvertirli quando brogli non ci sono, allora vuol dire porre in essere una azione che è obiettivamente su un terreno di rottura democratica.

La gravità della vicenda americana sta in questo.

In secondo luogo occorrerà però riflettere anche, e qui il ragionamento accomuna tutte le democrazie cosiddette liberaldemocratiche, su come si sia potuto sviluppare un terreno fertile per la crescita di posizioni nazionalistiche, suprematiste, razziste, discriminatorie.

Il fenomeno, in vario grado, coinvolge tutti.

E allora l’interrogativo non può non spingersi fino al come sia potuto accadere che settori ampi di società si siano sentiti e si sentano non rappresentati, ai margini del processo democratico, da esso esclusi: invisibili ai vari livelli di decisione istituzionale in tutti i paesi e come sia potuta determinarsi una chiusura delle istituzioni in se’ stesse così grande e con così pochi precedenti nella vicenda democratica.

La rivolta populista, su cui si è esercitata la gravissima demagogia trumpiana è figlia anche di questa ‘esclusione’, di questa messa ai margini, di questa invisibilità determinata.

Mettere in un angolo l’irresponsabilità di Trump, come pure è doveroso fare,  senza riaprire le istituzioni e la politica, a tutti i livelli e in tutti i paesi, ad una nuova stagione di trasparenza e di partecipazione popolare può voler dire solo continuare a covare le ragioni di una crisi profonda e a renderla sempre meno recuperabile.

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