di Pietro Lia


Nella fase più critica del Covid la frase ricorrente era :speriamo di tornare presto alla normalità. Dopo una breve tregua, con la ripresa dei contagi si sente sempre di più la stessa frase. Ma a quale normalità si aspira di tornare?
La normalità alla quale eravamo abituati ha messo in evidenza gravi limiti di controllo politico della globalizzazione che invece va governata per non compromettere la vita stessa sul nostro pianeta e per correggere le gravi disparità che un capitalismo selvaggio ha acuito tra Stati e tra i cittadini negli stessi Stati e i cittadini disperati di tutto il mondo.
Le foto satellitari del nostro pianeta, nel periodo di fermo per molte attività economiche, ci hanno mostrato che i livelli di inquinamento possono essere drasticamente ridotti. La trasmissione Report di qualche mese fa ha messo in evidenza i gravissimi livelli di inquinamento che producono gli allevamenti intensivi in Val Padana. In Campania abbiamo il nostro bel da fare per verificare che gli allevamenti bufalini non determinino gli stessi problemi. Alcuni studi hanno già evidenziato il rischio concreto che tali fenomeni vadano ad incidere sulla qualità delle acque di fiumi e falde.

Nella sostanza il modello di crescita economica seguito fino ad oggi, che mette in secondo piano, o che non considera affatto le emissioni inquinanti derivanti dai cicli produttivi, non è più sostenibile. Non è più procrastinabile un’analisi seria sui modelli industriali che possano garantire la sostenibilità ambientale oltre a quella meramente economica.
In piena crisi causata dalla pandemia, due interessanti articoli di Stefano Boeri su Repubblica e di Salvatore Settis sul Fatto Quotidiano, affrontavano la tematica di un ripensamento sull’abitare le città. Oggi il 56 % della popolazione vive nelle città con problemi evidenti di periferie affollate dove spesso si vive in baraccopoli e in condizioni igieniche precarie. Al contrario, nella stragrande parte del territorio nazionale i piccoli centri si vanno svuotando aggravando sempre più il dissesto idrogeologico e lasciando nell’abbandono un patrimonio abitativo spesso anche di pregio. Forse in questo tempo il lavoro di personalità come Carlo Petrini di Slow Food, di Ermete Realacci con la sua legge sui piccoli comuni ancora sostanzialmente ferma sulla carta, del paesologo Franco Arminio, dell’antropologo Vito Teti ed altre autorevoli voci possono trovare, finalmente, una maggiore risonanza.
Già prima della pandemia Fabrizio Barca e gli studiosi di “Riabitare l’Italia” si erano posti il problema degli squilibri verificatisi tra le città e le campagne con i piccoli centri che vi insistono. Le città hanno attirato sempre più abitanti sottraendoli ai piccoli centri montani crescendo in modo disordinato con periferie affollate e spesso fatiscenti, mentre le zone montane si sono sempre più spopolate tanto che molti borghi oggi sono a rischio estinzione. Entrambe le situazioni portano a sostenere costi immensi sia da un punto di vista economico che di coesione sociale.


Fabrizio Barca, esperto di politiche territoriali, già ministro della Coesione Sociale e coordinatore del forum Disuguaglianze e Diversità ha preso parte attiva a fianco dei sindaci dell’Alta Irpinia ad uno dei progetti pilota inseriti nella strategia nazionale per le aree interne valutata in modo positivo dal Parlamento Europeo tanto da considerarla esportabile in altre realtà.
Come spesso ci capita quando qualcosa di buono si affaccia all’orizzonte inspiegabilmente si ferma senza poterne conoscere le ragioni.
Il rischio che si corre è quello, come ci dice Vito Teti, di affrontare il tema con eccessiva enfasi e con una velocità sospetta per tornare ai piccoli centri e ad una natura pura e incontaminata declinata in modo retorico. Il pericolo esiste, infatti, in questa campagna elettorale per le regionali in Campania, specialmente nel Cilento, il tema dello spopolamento è stato abbastanza presente nei discorsi dei vari candidati ma non ho avuto modo di leggere qualcosa nei loro programmi o in quelli delle coalizioni. Esistono? Li hanno presentati e se sì li hanno divulgati?
Occorre cambiare completamente paradigma e la politica deve convincersene ed agire di conseguenza. Non saprei esprimere meglio questi concetti se non con il pensiero di Teti: ”Il virus ci ha insegnato che ogni luogo può essere periferia o centro del mondo. Che la nostalgia può essere rivolta in avanti e non all’indietro. Il danno peggiore per le nostre comunità sarebbe farle diventare luoghi di nuove retoriche e di nuove speculazioni, di tendenze modaiole e di discorsi sterili e salvifici. Le comunità vanno ricostruite e rifondate, nei paesi e nelle città. Il definitivo affossamento dei luoghi e dei paesi potrebbe avvenire attraverso interventi angusti, politiche di chiusure ed isolamento, costruzione di immagini edulcorate e neoromantiche. I luoghi, i paesi, i centri storici, le città, le periferie non potranno rinascere se non si inventa una nuova idea dell’abitare e della rigenerazione, se non si ristabilisce un rapporto con la terra, il paesaggio, il mondo animale, i luoghi della produzione, le persone”.


L’agenda politica del dopo pandemia non potrà prescindere dall’affrontare queste problematiche che vedono interconnesse fra loro: la difesa del suolo; la rivitalizzazione dei terreni agricoli largamente compromessi dall’ uso indiscriminato della chimica e dal loro sfruttamento intensivo; la protezione della biodiversità; la riqualificazione dei centri storici. In particolare per quanto riguarda le zone interne e di montagna la vita nei terreni agricoli è compromessa non solo dall’uso dei fertilizzanti chimici o da coltivazioni e allevamenti intensivi ma anche da errati sistemi di coltivazione a cui oggi si può rimediare con semplici accorgimenti che ci derivano da metodi antichi uniti ad un uso appropriato di tecnologie moderne.

Alcuni esempi significativi sono già nati in molti territori del Paese compreso il nostro Cilento. Il Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni,ricco di emergenze ambientali,storiche e culturali avrebbe bisogno di progetti che vedano al centro non solo Paestum, Velia, Certosa di Padula, Grotte di Pertosa e di Castelcivita, oasi di Morigerati, monte Cervati e Gelbison, gole del Calore, grotte preistoriche della costa tra Camerota e Scario, ma ogni singolo borgo che dovrebbe entrare in un progetto complessivo di sviluppo. Nel recente passato alcuni illuminati visionari come l’economista Pasquale Persico, l’artista Ugo Marano, il naturalista Nicola Di Novella,avevano intravisto questa possibilità che avevano esplicitato nel progetto che doveva condurre alla “Città del Parco”. In questi giorni è stato ristampato il lavoro di Ugo Marano su questo tema.
Volendo restare sul nostro territorio, sembra che questi concetti siano stati recepiti da giovani volenterosi che stanno costituendo imprese prevalentemente di produzioni agricole di qualità, legate alla tradizione.
Questi pionieri hanno capito prima che il virus ci facesse fare certe riflessioni una possibile via per ridare vitalità ai nostri territori.
È bene sottolineare come a queste iniziative si affianca anche una nuova imprenditoria giovanile legata ai nuovi mezzi di informazione e dedita a supportare le nuove attività agricole nonché il nascente turismo dell’entroterra per un riequilibrio di questo settore su tutto il territorio del Parco.
Evidentemente gli esempi proposti sono solo un seme buttato nel solco e il germoglio rigoglioso non può essere solo legato alla intuizione di pochi illuminati. Queste intuizioni vanno colte dalla politica e se è vera la frase, spesso usata da molti, in questo periodo di crisi “nulla sarà più come prima”e ci si crede davvero,bisogna che di questo problema si facciano carico tutte le istituzioni,da quelle più vicine a noi come il Parco,i Comuni,le Comunità Montane, la Provincia,la Regione ed in primo luogo lo Stato.
Ho sempre pensato che un riequilibrio tra città e campagne, un alleggerimento della pressione demografica sulle città e un ripopolamento delle zone montane e delle aree rurali possa concretizzarsi solo nel momento in cui tali necessità diventano prioritarie nell’agenda politica nazionale. Encomiabile la legge sui piccoli Comuni promossa da Ermete Realacci già citata ma, una singola legge, se non parte di un grande progetto nazionale, è destinata a finire nel dimenticatoio. In un convegno telematico nel periodo della chiusura sanitaria, Carmine Pacente, consigliere comunale di Milano e delegato ai rapporti con l’Unione Europea, cilentano di Laurino, ha sottolineato proprio questo aspetto, auspicando che il governo possa farsi carico di queste esigenze per promuoverle con forza nella prossima programmazione europea che è in corso di redazione.
La pioggia di fondi europei in arrivo al fine di fronteggiare la gravissima crisi economica in atto, come tutti dicono, è un’occasione da non perdere. E’ augurabile che il governo inserisca nel piano da presentare all’Europa interventi coerenti con la citata enunciazione “niente sarà più come prima”, e tra questi quelli in via prioritaria per colmare le differenze dal punto di vista sociale e quelle territoriali Nord-Sud e centri –periferie interconnessi alle problematiche ambientali. Temo che questi temi siano più presenti nella tanto bistrattata Europa che nei progetti dei nostri politici.
Le istituzioni dovrebbero favorire questa transizione mettendo le nuove generazioni nelle migliori condizioni per poter realizzare la nuova visione che in tanti stanno tratteggiando in questi mesi. A noi, sui territori, toccherà poi la responsabilità, insieme alle istituzioni più prossime, di non vanificare il progetto con politiche di pura assistenza, legando gli investimenti alla produttività intesa nel senso più largo possibile. Anche in questo il ritorno alla tanto auspicata normalità dovrà essere diversa.





Print Friendly, PDF & Email

Vuoi ricevere un avviso sulle novità del nostro sito web?
Iscriviti alla nostra newsletter!

Termini e Condizioni *

1 commento

  1. Grazie, un’ analisi completa e ben articolata: mi ha dato la possibilità di ricordare letture fatte (Boeri, Settis e Teti). Pienamento condivido che si debba dare una centralità severamente critica ma unificante sul concetto di “normalità “: è un’esigenza espressa da intellettuali dalle forze migliori del nostro paese. Un abbraccio al Cilento.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *