DIECI GIORNI PER CAPOVOLGERE IL PARADIGMA DELLA POLITICA INTESA SOLO COME RAPPORTI DI FORZA

di Massimiliano Amato

Di quanto è avvenuto nelle ultime settimane in relazione al caso Campania c’è poco da spiegare: ha, per il momento, vinto la visione secondo cui la politica è solo rapporti di forza. Solo: non anche, come siamo stati educati a pensare a sinistra. Si è affermata, cioè, una impostazione pre-moderna che, a ben guardare, ha rappresentato il tratto caratteristico, peculiare, quasi unico, dell’ultimo decennio di storia regionale. Alzi la mano chi, date le premesse, aveva previsto l’esito.
Da questa vicenda escono tutti sconfitti: dalla Schlein a Conte (e non c’è bisogno di specificare perché). A Fico, che tacendo si è fatto piacere il suo destino di re travicello pronto a essere sbalzato dalla poltrona al primo stormir di fronde. Agli esangui, impalpabili, oppositori interni del “patto”, Ruotolo e Sarracino, che adesso battono pietosamente in ritirata, non per questo però rinunciando ai cadreghini conquistati al Nazareno. Fino allo stesso, presunto, trionfatore, cioè Vincenzo De Luca, che ne esce come un incrocio tra un volgare estorsore e un abile baro. Un Ghino di Tacco redivivo capace di esercitare un potere d’interdizione sproporzionato rispetto alla reale forza di cui dispone.
Ora che essa è alle spalle possiamo serenamente ma non pacificamente, con quella “calma disperazione senza sgomento” del viaggiatore cerimonioso di Caproni (grazie a Isaia Sales di avermelo ricordato) rivedere tutto il film horror che ha dipanato la sua trama nell’ultimo mese e mezzo e che, nelle prossime settimane, disegnerà il futuro della Regione.


In Campania il centrosinistra aveva di fronte due destre e la possibilità, più unica che rara, di sbarazzarsi di entrambe, se solo lo avesse voluto: la destra della Meloni, e quella che è insediata al potere sotto mentite spoglie da 10 anni. Con quest’ultima la Schlein e Conte hanno deciso di scendere a patti. Chi dice per calcolo elettorale, chi per mancanza di coraggio. Probabilmente, per entrambe le cose.
In fondo, bastava riflettere lo stretto necessario, azionare la modalità critica, per accorgersi che era stata la combinazione di questi tre elementi, e cioè l’equivoco perdurante sulla vera natura del suo governo, culturalmente e politicamente di destra ma tuttora convenzionalmente inquadrato nel “campo largo”, la molto presunta indispensabilità dei suoi voti per la vittoria finale, e l’insipienza dei gruppi dirigenti nazionali, a tenere in vita De Luca ben oltre la bocciatura, con censura (andate a rileggervi approfonditamente le motivazioni della pronuncia e capirete perché parlo di censura), della Consulta. Ma molti hanno comunque voluto sperare fino in fondo.
Torniamo al punto. I primi due (la natura politico – culturale del governo regionale uscente, e l’indispensabilità per la vittoria) erano e restano elementi fallaci, che potevano essere smontati facilmente; sul terzo (l’insipienza – eufemismo – dei gruppi dirigenti) abbiamo verificato che non c’era nulla da fare.
E allora passiamo a dimostrare la fallacia del primo dei tre elementi che hanno consentito a De Luca di parlare e dettare condizioni. Il popolo di centrosinistra, almeno quella parte di esso che ragiona con la propria testa e non è inquadrata nel blocco di potere regionale, sapeva e sa bene che, oltre la propaganda, la giunta uscente ha messo in campo in settori chiave di sua competenza politiche dichiaratamente di destra. Nell’urbanistica, dove una legge quadro ha introdotto la più selvaggia delle deregulation in materia edilizia, privilegiando la rendita fondiaria a scapito della tutela dell’ambiente e degli interessi collettivi. Nella Sanità pubblica, aggredita da un progressivo, inarrestabile, processo di depauperamento a vantaggio del settore privato. Nella gestione dei beni comuni: la privatizzazione dell’acqua. Nello stile di governo, molto prossimo a quello di certe repubbliche caucasiche in cui le assemblee elettive sono ridotte a orpelli ornamentali, svuotate di qualsiasi autonomia. Tutto questo volendo lasciare fuori il clientelismo più sfacciato e manifesto, il familismo ridotto a criterio unico di selezione della classe dirigente, gli intrecci affaristici, le inchieste giudiziarie ancora aperte che hanno colpito uomini chiave del suo sistema di potere. Infine, l’elemento decisivo, quello che ha trascinato irreversibilmente il deluchismo fuori dalla tradizione della sinistra. E cioè il blocco sociale che, per effetto di quanto detto finora, si è formato e lo sostiene, venendone apertamente riconosciuto: il partito dei costruttori, dei primari ospedalieri e dei dirigenti sanitari pubblici e, più in generale, di quella parte della società e dell’economia campana che vive di incarichi e affidamenti pubblici, e che nella degenerazione del ruolo della Regione, trasformata da ente di programmazione in un gigantesco bancomat, ha trovato la propria greppia.


Nel giro di 10 anni la Campania è tornata indietro al peggiore sistema democristiano pre e post terremoto. Il modello che viene in mente è Gava, solo che don Antonio da Castellammare era costretto a mediare dal sistema dei partiti. De Luca ha inventato il gavianesimo autoritario.
Stringendo un patto con lui, anzi riconoscendogli una sorta di golden share sulla coalizione, il Pd e i Cinque Stelle hanno scelto deliberatamente di identificarsi con questo modello.
Il secondo elemento che ha tenuto in vita De Luca, e che molto probabilmente gli ha (fraudolentemente) consentito di rovesciare gli esiti di una partita che appariva segnata, è la sua presunta indispensabilità per la vittoria. A meno di “intelligenze sotterranee” che potrebbe aver intrattenuto con l’altra destra, che non possono essere escluse, il fatto che sia necessario per la vittoria è, a tutti gli effetti, una leggenda metropolitana che egli ha alimentato nelle trattative con il Nazareno, giocando con i dati dei sondaggi che aveva fatto condurre. Il suo peso elettorale, da solo, a stento raggiunge il 10%: a tanto viene dato da alcuni test recenti. Una percentuale deludente, che avrebbe potuto mettere in discussione la quasi certa vittoria del centrosinistra a un’unica condizione. Che le due destre campane, quella deluchiana e quella meloniana, si fossero coalizzate. Ipotesi impossibile? Non del tutto. Ma proviamo a darla per possibile. E cioè che la percentuale deluchiana avesse potuto sommarsi a quella del centrodestra ufficiale, distante secondo tutti i sondaggi 20 punti dal centrosinistra. Siamo proprio certi che quel 10% De Luca lo avrebbe tolto tutto al centrosinistra? Riserviamoci almeno il beneficio del dubbio: in quel 10% c’è già parecchia destra. Al centrosinistra, insomma, sarebbe venuto meno un 6-7%. Un margine rassicurante, tale da non mettere a rischio la vittoria. Il resto lo avrebbe fatto il premio di maggioranza.
Vediamo ora, in conclusione, cosa s’è perso il centrosinistra caricandosi De Luca e i suoi. Il primo dividendo che la Schlein e Conte avrebbero potuto incassare rifiutando l’accordo con De Luca sarebbe stato di ordine morale. Immediatamente monetizzabile in termini elettorali, perché un eventuale strappo avrebbe riconquistato al campo largo decine di migliaia di elettori delusi, che adesso potrebbero orientarsi per l’astensione. Per come sono andate le cose nell’ultimo mese, infatti, tutti siamo autorizzati a pensare che il centrosinistra sia stato vittima di un atto di concussione politica. Ha dovuto cedere a un ricatto, insomma. E se così è stato, sulla sua battaglia elettorale si allunga l’ombra, inquietante, di una pesante delegittimazione morale.


Il secondo dividendo sarebbe stato di natura politica. Se veramente il centrosinistra intende costituire un’alternativa di contenuto al governo della destra di Giorgia Meloni, non può più consentirsi, di patrocinare sui territori, amministrazioni che, nei fatti, sono molto più affini culturalmente a Palazzo Chigi che alla linea sbandierata al Nazareno. Tenere De Luca e i suoi ai margini del campo largo avrebbe significato lanciare un segnale forte e chiaro a tutto il Paese anche e soprattutto in previsione delle prossime Politiche.
Il terzo dividendo riguarda la tenuta stessa del campo largo, concetto che, basandosi sulla partecipazione, la più ampia possibile, è fondamentalmente antitetico alla visione solipsistica della gestione che De Luca ha dimostrato in più di 30 anni di potere.


Rispetto a questo sfacelo, su tutto ciò che si muove a sinistra del Pd, aleggia la weberiana dialettica tra etica della convinzione e etica della responsabilità. Io, almeno, così vedo l’aut aut posto da Gianfranco Nappi. Saltare questo giro, e quindi indicare come unica prospettiva la diserzione delle urne, sulla base della consapevolezza che tutto è perduto fuorché l’onore, giacché il Pd è una causa persa? Con il rischio, non remoto, di agevolare una clamorosa rimonta della prima delle due destre campane? Oppure rilanciare, mettere in campo passione, determinazione, idee, programmi e progetti per bilanciare la deriva? O almeno cercare di rallentarne il corso, circoscriverla? Se decidiamo che a prevalere dovrà essere l’etica della responsabilità i prossimi 10 giorni saranno decisivi per costruire un forte, autorevole, soggetto unitario con tutti quelli che ci stanno, movimenti e associazioni civiche incluse, in grado di rappresentare l’ala sinistra del campo largo. Con candidature di alto livello sulle cinque province. Negli ultimi tempi si è formata una massa critica le cui reali dimensioni non sono ancora misurabili. Ma c’è. Capovolgere il paradigma della politica intesa solo come rapporti di forza.
Dieci giorni, non uno di più. Ce la si può fare. Basta crederci.  

Massimiliano Amato

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APPELLO ACCORATO ALLA SINISTRA CHE PUO’ E DEVE AGIRE

di Marialuisa Faella

Questo è il tempo delle illusioni,  ognuno di noi si illude che cambierà qualcosa ma tutto rimane invariato nelle ipocrisie che stiamo vivendo,  per cui tutto ciò che accade non è più una reazione ad un’azione che si fa, ma il contrario dell’ azione stessa.  Così vediamo che Trump, un miserabile destroide pazzo e pericoloso arriva al potere per la seconda volta, ma la sinistra  sceglie comunque di perdere, con mosse totalmente inadeguate e candidando una donna alla presidenza degli Stati Uniti d’ America molto debole e non con il giusto piglio per sconfiggere un uomo senza scrupoli e spina dorsale, Sarebbe stato un’azione lecitamente corretta  arginare questa deriva di destra ma non si ha coraggio di trovare qualcuno all’ altezza della sinistra, ma neanche lo si cerca, perché il volere è  quello di proseguire in una visione non facile da gestire, dove la destra sguazza bene e fa solo danni  che la sinistra proverà ad aggiustare, quando avrà finito di leccarsi le ferite, e siccome le ferite sono tante, andiamo avanti a furia di inerzia e non con la consapevolezza, che ciò che accade sia un reale danno all’umanità intera.

Le bugie, le menzogne e veri propri patti al massacro, sono tanti, e ci vedono non solo lontani, da ciò che il popolo il cittadino si aspetta, ma anche mirabilmente legati ad un potere che distrugge e non macina, un potere delirante ed inappropriato, un potere che è capace di massacrare tutto, per poi dire bene figlio mio accomodati , come nel caso del Governatore De Luca e suo figlio.

Un uomo Pietro sveglio chissà, capace, possibile, se ha preso del padre, ma capace di cosa?

In un partito che secondo il monarca è un partito perdente, la schifezza della schifezza dei partiti? (AFFERMAZIONE PLATEALE DEL GOVERNATORE)

Cosa ne possiamo ricavare da questa classe dirigente che DISTRUGGE IL PROPRIO ESSERE  e cosa è  POSSIBILE COSTRUIRE quando al governo della segreteria regionale di una delle tre regioni più grandi d’Italia per giunta una regione del sud il nome del candidato viene calato dall’alto,senza che la base riconosca il suo leader per acclamazione, ma solo per raccomandazione?

E mi fa sorridere chi, come il sindaco G  Manfredi o il prof. Ventre, ha invitato , con un appello accorato, i ragazzi  e le ragazze a tornare nella nostra regione ancor di più a Napoli, come se potessero raccomandare a tutti nei luoghi di lavoro e delle professioni e ci fossero posti di lavoro liberi …è  il paradosso di questo mondo illusorio che non governa ma illude, non regola perché incapace, demanda per non incorrere in problemi,  succhia le energie migliori e basa tutta la sua economia in una bolla speculativa turistica,  dove chi ci guadagna non è la mano d’opera ma solo coloro che in modo anche spesso non pulito aprono esercizi commerciali, bar, ristoranti e tutto ciò che porta soldi solo per chi è  capace di vivere in questa illusione dove tutti possono diventare imprenditori di sé stessi invece sono prigionieri del malaffare che improvvisamente è scomparso dai radar ma che silenziosamente compra, vende, affitta, specula, ristruttura, consuma suolo e contravviene alle più piccole e semplici regole urbanistiche, in barba a qualsiasi regolamento e a qualsiasi controllo.

Abbandonati a noi stessi, proviamo a difendere ciò che ormai è un sogno,  avere uno sviluppo sostenibile e capace di regalare progresso e non regresso o protezionismo, come sta accadendo oggi.

I sogni sono desideri, le illusioni un vero proprio inganno, oggi io ho le idee chiare; spero che abbiamo tutti il coraggio di fare un passo in più, per una società più consapevole e più giusta, per noi e per le future generazioni, mi rivolgo alla sinistra silente, che esiste, che non si espone, che scrive, capisce, giudica, che è  capace di regolare i processi e anche la macchina comunale e regionale e nazionale, dopo questo ultimo schiaffo a mano aperta che abbiamo subito,  dobbiamo solo prendere coscienza,  unirci e costruire una terza via, più autentica, più sincera, più capace di strutturarsi e costruire un partito solido, con regole certe e certi intenti.

È un dovere che abbiamo e che dobbiamo sentire come nostro,  non possiamo più stare a guardare, non fare nulla , non basta più né denunciare né dare buoni consigli,  tutti vogliono sbagliare con le proprie gambe,  mi sembra anche giusto, a noi tocca rimettere in piedi questo paese e il mondo intero….se non ora….quando?

A cominciare da tutti coloro che con il Movimento Rigenera hanno costruito una speranza per un mondo migliore

Marialuisa Faella

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Da il Manifesto del 29 agosto 2025: c’è un’altra strada possibile in Campania verso le Regionali

29-AGOSTO-2025-IL-MANIFESTO-SU-VOTO-CAMPANO

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UN NODO NON SEMPLICE DA SCIOLGLIERE. DEMOCRATICI PER L’ALTYERNATIVA IN ASSEMBLEA APERTA IL 4 SETTEMBRE

L’iniziativa del 4 settembre con Gianni Cuperlo si svolgerà in un momento in cui arrivano a definizione nodi lasciati incancrenire per mesi. E se è vero che sul nome del candidato a presidente è stato trovata l’intesa, è altrettanto certo che i dubbi, i dissensi e il malessere che si sono manifestati sulle modalità con cui si giunge all’appuntamento elettorale (con la Campania, la Puglia e la Calabria vota praticamente quasi tutto il Mezzogiono ma senza alcuna riflessione, né una piattaforma nazionale comune della coalizione che si candida a governarlo) rimangono aperti e si stanno ampliando, ancor più dopo le scelte compiute dal Pd in particolare in Campania.
Mancano 70 giorni al voto e agli elettori, persi nelle polemiche, non è stato presentato un bilancio sul lavoro fatto da De Luca (abbiamo toccato con mano in queste ore la gravità delle scelte fatte dalla Regione sul tema dell’acqua pubblica e degli aumenti delle tariffe), nemmeno individuati obbiettivi, né priorità che affrontino i problemi veri che le persone vivono o si è pensato ad un accordo quantomeno sulle prime linee di un programma comune per i prossimi 5 anni.
Non sfugge a nessuno di noi che questo passaggio elettorale assumerà un significato che va oltre il dato regionale per ciò che di grave sta accadendo nel nostro paese e nel mondo a causa delle politiche messe in campo da queste destre pericolose, giacché è del tutto evidente come guardino con fastidio alla democrazia, alle libertà e ai diritti.
Servono, quindi, sicuramente un forte impegno, la capacità di parlare a chi da tempo ha scelto di non votare, una forte unità tra tutte le forze democratiche e di sinistra, ma sia chiaro che non è accettabile usare il tema dell’unità e del pericolo della destra per strozzare la discussione, per nascondere i seri problemi emersi e per lasciare agire solo i comitati elettorali.
Tante e tanti, con raccolte di firme, interventi sui social, sulla stampa, su riviste, in primis Infiniti mondi, si stanno interrogando sul da farsi.


Il nodo non semplice da sciogliere!
È un aspetto che abbiamo ben chiaro anche per l’appuntamento del 4, che oltre ad offrire una sede di confronto, potrà rappresentare lo spazio per dimostrare quanta passione e disponibilità esistono
E allora: unità e cambiamento devono camminare insieme.
Ma anche per questo è necessario impegnarci per dare il segnale che ci si è messi in ascolto. Non lasciamo che la coalizione diventi un luogo scontato, dove a decidere saranno i soliti noti, quelli dalle tante tessere e preferenze. È questo il rischio più grosso che sta correndo in primo luogo il Pd.
È un lavoro che un’area di sinistra critica ma unitaria deve e può impegnarsi a fare. Chiediamo a tutta la coalizione l’impegno a costruire insieme – in pochi giorni – un luogo aperto dove chiamare i cittadini, le associazioni, le esperienze nate sulla difesa dei beni comuni, in particolare dell’acqua pubblica, a raccogliere le loro proposte, a discutere di sanità, politiche sociali, ambiente, politiche industriali e per il lavoro, di urbanistica, di scuola e cultura, del contrasto e della lotta alla criminalità, ma anche la disponibilità a candidarsi. Sarebbe anche l’occasione per spazzare via il controllo delle liste, per aprire una sana competizione anche tra le forze della coalizione.
Speriamo molto che questa, come altre proposte trovino ascolto, la disponibilità di forze della coalizione e dallo stesso candidato a Presidente a mettersi davvero in discussione .
Noi, che ci chiamiamo per l’appunto Democratici per l’alternativa, siamo disponibili.

Comunicato dei Promotori dell’Assemblea del 4 settembre

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1 commento

  1. Gli appelli e i commenti di queste ultime settimane che, arrivate da più parti, hanno gridato con forza il loro dissenso alla scandalosa epopea DeLuchiana, hanno sottolineato tutti la sfacciataggine e il cinismo con il quale il “campo largo” si appresta a presentarsi alle elezioni regionali. Priva del benché minimo riguardo verso i cittadini e senza neanche sentire il bisogno di ammantarsi di contenuti, ormai merce rara e desueta, hanno spiattellato sulle cronache cittadine la natura mercatale. Ma tanto “chissenefrega” di quel 40% che non vota e forse magari è pure meglio. Però, e vivaddio c’è un però, gli appelli hanno messo in moto qualcosa che comincia a somigliare ad uno spazio politico del quale ora tocca fare qualcosa. Siamo tutti stanchi di votare turandosi il naso, oppure di non votare affatto perché non c’è la puoi proprio fare. Siamo stanchi di assistere all’avvicendarsi degli stessi gruppi di potere, delle stesse dinamiche spartitorie che mutano solo i destini personali. Se uno spazio si è aperto, facciamolo vivere davvero. Consapevoli che non basteranno due nomi in una lista a cambiare la prospettiva politica, né formule organizzative come unico esercizio fine a se stesso. Servirà credo, energia e generosità per restituire la fiducia ai molti che non credono più nella partecipazione collettiva alla gestione della cosa pubblica. Io non nascondo i miei dubbi e il timore di un’ulteriore delusione, ma ho seguito con entusiasmo il dibattito che si è sviluppato e quindi dico sì compagni proviamoci, perché io non ho fede ma ho speranza

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