Gianfranco Nappi coglie nel segno quando ci invita, sempre più spesso, a riflettere sull’ Europa e sulle vicende internazionali, intrecciando queste riflessioni con i temi fondamentali della Pace, delle Guerre, delle Disuguaglianze, della Democrazia. ( https://www.infinitimondi.eu/2024/09/18/ma-davvero-la-via-di-draghi-e-quella-buona-per-leuropa-il-pd-senza-visione-critica-e-un-campo-piu-smarrito-che-largo-di-gianfranco-nappi/ ) .

Ne condivido con lui l’ urgenza, non sempre ne condivido l’ impostazione e le conclusioni alle quali perviene. Nappi esprime sul Rapporto Draghi un giudizio lapidario e senza appello: ” No, il cuore, dietro il tema della competitività, è l’investimento in armamenti, prodromici a strumenti militari europei sempre più integrati nel dispositivo di sicurezza a guida USA. Oltre che errore grave, tragica illusione: su questa via si condannerebbe l’Europa a diventare corresponsabile del suo stesso tracollo come idea e prospettiva autonoma proprio quando la guerra e le guerre, quella israeliana oltre a quella di Putin, e la guerra contro i poveri del Mediterraneo invocherebbero invece finalmente il suo ritorno alla politica capace di sottrarre spazio e ruolo al rumore assordante e autodistruttivo della guerra, a concorre ad una nuova visione del mondo.
Da questo giudizio si arriva in automatico ad un’ altra valutazione altrettanto radicale: “E invece, così come sull’idea di commissario per la difesa il PD si è subito lanciato in approvazioni senza neanche riflettere sulle implicazioni costituzionali di una prospettiva del genere, così anche le prime reazioni a Draghi, della stessa Segretaria, sono state quasi di liberazione: come a dire, finalmente si torna suonare la musica che ci piace. Peccato che quella musica è quello che ha portato, tra le altre cose, la sinistra a smarrire se’ stessa e a ritrovarsi con una destra al governo in Italia e all’attacco in tutta Europa. ”
Nappi giustamente ravvisa nell’ impostazione di Draghi una “ continuità ” con alcune linee fondamentali che hanno guidato le scelte in campo europeo, una continuità che evidentemente non consente all’ autore del Rapporto di arrivare a rappresentare quel “ grande programma di risanamento ambientale e sociale ” indicato da Gianfranco come la vera sfida da cogliere. Ma neanche Nappi potrebbe negare che, dentro questa impostazione continuista – tipica di una parte considerevole e fortemente rappresentativa del quadro delle élites europee – Draghi abbia rappresentato, alla guida della BCE e non solo, l’ ala più determinata a modificare le politiche di cieco rigore che stavano mettendo sul lastrico mezza Europa a cominciare dalla Grecia ed a tenere insieme la necessità di un completamento dell’ Integrazione Europea e di una Riforma della Governance ( vedi questione del voto a maggioranza e del diritto di veto ) con politiche di Innovazione e di Inclusione. Del resto nel Rapporto vi è ampia traccia di questa tendenza generale. Così come è francamente impossibile ridurre il Rapporto di Draghi ad un tentativo, più o meno occulto, di determinare una deriva bellicista tutta legata ad un ciclo di investimenti in armamenti quando dovrebbe essere noto che la costruzione di una comune politica Estera e di Difesa rappresenta l’ unico modo per far crescere una reale autonomia europea e provare a razionalizzare e tenere sotto controllo una spesa in armi che sta crescendo a dismisura senza regole e obiettivi condivisi o condivisibili.
Il punto non è che bisogna aderire acriticamente alle tesi di Draghi. Ma è che bisogna distinguere. Sempre. Da tempo è evidente ( almeno in parte ) il livello dello scontro in atto.
E ci dice, sintetizzo molto, che ci sono forze che pensano di uscire da questa crisi tornando molto indietro; forze per le quali lo stato di diritto è pura forma; per le quali il Diritto è buono solo quando garantisce comando, proprietà, profitto; forze per le quali esistono “ razze “ superiori ed il mondo è meglio in bianco e nero che a colori. Sono le Destre, collegate tra loro, agguerrite, determinate, radicate, in cerca di un rapporto con forze più tradizionalmente conservatrici.
E poi ci sono forze – democratiche, liberaldemocratiche, popolari, liberalsocialiste – che pensano che si possa uscire da questo complicato passaggio di Storia ( Crisi del 2008, Pandemia, Guerra ) rilanciando un capitalismo compassionevole, maggiore efficienza dei processi economici e politici, avanzamento paziente dell’ integrazione europea, multilateralismo. “Senza strappi al motore” come recita una nota canzone. In una continuità che però richiede modifiche e aggiustamenti di non poco conto (Il Debito Comune europeo è una modifica di rilievo, non a caso fortemente osteggiata dai Conservatori e dalle Destre europee). Attenzione, si tratta delle forze più avvertite e avanzate, su questo fronte, nell’ attuale sviluppo delle società capitalistiche e a democrazia matura. Con le stesse e con la loro cultura siamo in continuo contatto e con le stesse qualunque forza di sinistra o progressista deve saper coltivare un confronto e dialogo critico.


Allora il punto non è la “ demolizione “ del punto di vista Draghiano quasi fosse la stessa cosa, se non addirittura peggio, di quello di ECR o di AFD o di Vox o Orban e dei tanti Salvini in giro per l’ Europa. Il punto diventa un altro. E’ sufficiente questa impostazione “continuista” ? E’ sufficiente per rispondere alle potenti pulsioni della Destra sovranista e ademocratica e per fornire una risposta “altra” agli interessi ed alle aspirazioni che le generano ? E’ sufficiente in un mondo dove altri attori salgono alla ribalta e non sempre per le sorti magnifiche e progressive dei loro sistemi politici e sociali ? E’ sufficiente questo in un mondo attraversato da potenti fenomeni migratori, segnato da mille guerre “regionali” , dal clima malato e con l’ anima incerta e provata ? Basta guardare i TG per capire, semplicemente, che no, non è sufficiente e che pensare di uscire da questo passaggio di Storia tornando al punto di partenza, con un po’ di compassione in più, un po’ di efficienza in più, un po’ di integrazione in più, non sarà affatto sufficiente e che questa intenzione potrebbe dimostrarsi, alla prossima crisi, una pia illusione.
Ma questa consapevolezza – che non ha nulla di “ideologico” ma piuttosto affonda le radici nella nostra concreta esperienza di Democrazia Costituzionale – può realisticamente vivere e crescere in Europa solo se, con le altre culture liberali e democratiche, si costruiscono permanenti occasioni di confronto critico, di dialogo, di verifica. E di scontro ogni volta che è necessario. Ce lo dicono i dati della realtà, i turni elettorali, lo stato dei rapporti di forza, gli orientamenti che si manifestano tra i cittadini dell’ Unione e, recentemente, le Elezioni in Polonia. Non è un astratto capriccio politicista !
E venendo al PD, è questo ciò che faticosamente sta provando a fare, in un contesto complicatissimo, la nuova Segreteria. Il punto di partenza era un PD che con Letta aveva perso voti e ogni autorevolezza ma si era messo “l’ elmetto”. E un PSE devastato dalle gelosie nazionaliste. Oggi il PD è il primo gruppo parlamentare del PSE, ha dato un contributo fondamentale per fermare il disegno della Destre di mettere l’ intera Sinistra Europea all’ opposizione e manda in Europa Cecilia Strada e Marco Tarquinio. E Sandro Ruotolo e Alessandro Zan. Non mi pare francamente di aver letto negli atteggiamenti della Schlein o dei suoi più vicini riferimenti questo grande trasporto per il Rapporto Draghi e per la sua impostazione. Una giusta e sincera considerazione, certo. Ma mi è sembrato molto più rilevante la discussione, per niente semplice e scontata, che il PD ha aperto nel PSE sull’ atteggiamento da tenere verso la Commissione proposta dalla Von der Leyen e il dibattito che è scaturito dopo il voto – molto tribolato – sulla Risoluzione “ Ucraina “ e sull’ art.lo 8 di quel documento. Non sfuggirà che dopo quel voto l’ On. Alessandra Moretti – che insieme ad altri Eurodeputati dell’ area Bonaccini non ha partecipato a quel voto per evitare uno scontro frontale con la posizione indicata dalla Schlein di votare contro l’ art. 8 – abbia chiesto di riunire, per un chiarimento definitivo, la Direzione Nazionale. Per non tacere delle posizioni di aperto dissenso della Vice Presidente del Parlamento Europeo on. Pina Picierno che l’ art.8 l’ ha votato. Spero che, dopo le Regionali di Novembre, la Schlein accolga la sollecitazione e, rilanciando, colga l’ occasione per aprire una dirimente discussione su Pace e Guerra, ma non solo tra le “ diverse sensibilità ”, né solo in Direzione Nazionale.


Allora, che fare ? Non servono giudizi lapidari, inappellabili, senza nessuna distinzione. Conta se ognuno per la sua parte e tutti insieme, dentro e fuori i Partiti, si spinge per far emergere le contraddizioni, spingiamo in avanti le posizioni, si fa battaglia politica rispetto alle scelte inadeguate di fronte alle urgenze dell’ oggi o rispetto alle prospettive del “ risanamento ” da costruire per il domani.
Perché il rischio non è solo che, a furia di alzare steccati e mettere paletti ovunque ( sport molto diffuso e trasversalmente praticato ), ci ritroviamo i neofascisti a Palazzo Chigi e i neonazisti a Berlino e Bruxelles ma è anche che in mezzo a tanta parte di quello che una volta veniva denominato il “ popolo della sinistra ” si facciano strada sentimenti di chiusura e di settarismo ( del tipo “ meno siamo e meglio stiamo ” ) che, come Nappi potrebbe insegnare, sarebbero stati oggetto di rigorosa battaglia politica anche e soprattutto dentro il PCI e intorno al PCI.
Dunque, caro Gianfranco, su questo sono d’ accordo. Anche io, come Te, ho l’impressione che non si vada molto avanti senza misurarsi con le brucianti domande che ogni giorno si accumulano e non si possono eludere.
Giuseppe Vitiello

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