Mentre il Governo organizza momenti di vera e propria autocelebrazione sul Mediterraneo, con quali contenuti reali si capisce poco ( certo, qualcuno potrebbe dire. ” E però, il centrosinistra nei suoi anni di governo – da solo o in formazione istituzionale allargata- neanche ci ha mai pensato…” ), si avverte sempre più l’esigenza di affrontare il tema delle migrazioni oltre la cortina della propaganda e della falsa logica securitaria che sicurezza poi non crea: sia dal punto di vista dell’accoglienza e sia dal punto di vista del tipo di società inclusiva che si costruisce.

Lo stesso voto spagnolo dice che la Destra non ha di fronte nessuna progressione invincibile e che può essere fermata.

Servono però per questo Mondo sempre più interdipendente un pensiero, una visione generale che contrastino le conseguenze nefande del voler ostinatamente non vedere, rinviare, affrontare solo superficialmente i problemi: tutto pur di non mettere in discussione quella che appare invece come la radice comune di tutti i più grandi problemi che affliggono l’umanità, e cioè la pazza corsa di un capitalismo senza freni che, in nome di mercato-profitto-produttivismo-finanziarizzazione, sta portando il mondo a sbattere, e con esso l’umanità in una sorta di universale Don’t look up….

E il risultato di questo non voler mettere in discussione e di questa ideologia del non vedere i problemi reali è dato da un lato dalla guerra che torna compiutamente politica e dalle false soluzioni derivanti dalla de-solidarizzazione nella società, dalle chiusure particolaristiche, dagli identarismi diffusi che a livello individuale come a livello di Stati portano a vedere nell’altro e negli altri da me la fonte dei miei problemi, la fonte della minaccia al mio benessere, al mio futuro, alla mia sicurezza.

Questo velo ideologico va squarciato per andare alla radice dei problemi.

Nelle settimane scorse tutti ricordiamo l’insorgenza in tantissime città della Francia che ha raccontato nel modo più cocente dove possa condurre il mettere la testa sotto la sabbia e il non vedere quanto sia fondamentale una politica inedita di inter-azione, di inclusione, e parliamo di una rivolta che ha visto protagonisti giovani di seconda e terza generazione di immigrazione, francesi quindi ma, nei fatti, ancora non pienamente e che non si percepiscono come tali.

Era una rivolta imprevedibile? Nello schema di Don’t look up si. Ed in ogni caso, l’unica cosa utile in quel quadro è la risposta d’ordine.

E invece, se cambi schema di analisi e senza alcuna dote magica, riesci a prevedere quel futuro e quindi a capire per davvero quali azioni mettere in campo per scongiurarlo.

L’analisi è fondamentale.

E Thomas Piketty, uno dei più impegnati intellettuali del continente, e peraltro francese, ha voluto scrivere pochi mesi prima dell’ultima rivolta un pamphlet che è insieme, uno strumento di denuncia e di analisi corretta per una nuova visione di azione politica: un testo breve ma fulminante per forza e nettezza di proposta: Misurare il razzismo. Vincere le discriminazioni. La Nave di Teseo. 2023.

In Europa, così come negli Stati Uniti, in India o in Brasile, il dibattito politico è sempre più contrassegnato da un’isteria identitaria e da un’ossessione per l’origine etnica. In Francia, i nuovi tribuni dell’estrema destra incitano quotidianamente all’odio contro i migranti facendo leva sulla paura per la cosiddetta ” grande sostituzione”...”

Questo a conferma che l’uscita del Ministro Lollobrigida non era tale, un’uscita fuori controllo, ma rispondeva invece ad un sentire e ad una visione comune alla destra radicale europea.

Ed eccola la mancata inter-azione, la mancata inclusione in Francia:

“...tutti parlano di identità e nessuno si occupa delle misure socio-economiche e anti-discriminatorie di cui avremmo bisogno per arrivare a una convivenza civile: misure che richiedono dibattaiti approfonditi in un clima sereno, dato che la posta in gioco è del tutto nuova. Le discriminazioni dovute all’origine etnica non sono mai state così evidenti, che si tratti dell’accesso all’istruzione, all’abitazione, della sicurezza, del rispetto o della dignità delle persone; eppure, non si è parlato mai così poco di giustizia e di uguaglianza dei diritti, di misure contro il razzismo e di azione contro le discriminazioni...” .

Le radici della rivolta francese eccole analizzate per tempo.

Qual’è la sfida allora per Thomas Piketty?

“...costruire un nuovo modello francese ed europeo, transnazionale e universalista, per contrastare le discriminazioni; un modello che riporti la politica anti-discriminatoria nel quadro più generale di un progetto sociale ed economico egualitario; che riconosca la realtà del razzismo e delle discriminazioni e si doti di strumenti per misurarli e correggerli, senza irrigidire le diverse identità, che sono sempre plurali e molteplici e continuamente in via di ridefinizione e ricostruzione....”.

Se leviamo lo sguardo sul Mondo comprendiamo che questa è la strada.

E ce lo hanno detto anche , da ultimo, con parole tutte loro e con i loro sguardi i bambini Saharawi, ospiti a Napoli in questi giorni dell‘Associazione Bambini senza confine con una mobilitazione solidale che ha coinvolto tate realtà napoletane, che insieme al loro popolo attendono da decenni vedersi riconosciuto il diritto all’autodeterminazione…

Eccoli qui, bambini napoletani e saharawi mischiati felicemente insieme in uno degli incontri di questi giorni

Ma questo modello, ecco l’avvertenza di Piketty, si da’ ad una condizione, senza realizzare la quale si rimane sul terreno dei desiderata o dell’evocazione di diritti che non morde e non sposta orientamenti nel corpo vivo della società, quello esattamente più esposto alla crisi e ai richiamo della risposta securitaria :

“...per ridurre le disuguaglianze legate alle origini etniche e di nazionalità, è necessario affrontare le disuguaglianze tra le classi sociali in modo globale...”.

Eccolo il nodo:

Senza un approccio globale di giustizia socio-economica, basato sulla diminuzione generalizzata delle differenze di ricchezza e di status, non potrà mai esserci una vera giustizia etnica; diversamente si rischierebbe di accentuare le divisioni all’interno delle classi popolari. Va detto in modo chiaro: l’involuzione identitaria che imperversa da qualche decennio in molte parti del mondo deriva in gran parte dalla rinuncia a trasformare il sistema economico in senso egualitario e universalista, e ha portato all’inasprimento della competizione all’interno delle classi sociali…” .

Ed ecco il bandolo per cominciare a srotolare la matassa.

Eccolo il terreno su cui una sinistra in campo può sfidare le destre del Continente e quelle di casa nostra.

Vale per questo.

Ma vale anche per l’altra grande emergenza di questo tempo: quella climatica che sembra farsi ogni giorno più cruda e incalzante: anche in questo caso, giustizia ambientale va insieme a giustizia sociale. Senza, non si darà. Ma merita che ci si torni su.

Gianfranco Nappi

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