L’importanza di gestire l’ algoritmo, è uno dei problemi importanti d’ affrontare nel immediato futuro, per non essere sopraffatti dai grandi monopoli privati , che esercitano sulle masse un smisurato controllo, non che un enorme guadagno, che va sicuramente ripartito meglio.

Ma la pubblica opinione e il pubblico mercato, avrà mai un interesse reale?

Domanda da mille e uno risposte!

Negli ultimi dieci anni ci siamo abituati a usare la rete, con, non molte difficoltà, spesso abbiamo intuito, altre volte abbiamo studiato, ma ci siamo messi sempre su un piano di usufruitori, mai di sviluppatori dell’ intelligenza artificiale.

Ora dovremmo essere capaci di fare un passo in più, come ce lo chiede la scienza e anche esimi studiosi degli algoritmi, come Michele Mezza, dovemmo essere capaci di plasmare l’ algoritmo, secondo le nostre esigenze e per i nostri ambiti di applicazione , il primo passo lo dovrà fare la scuola con le sue menti migliori, non solo di insegnanti, ma anche di alunni, le configurazioni vanno a braccetto , non c’è insegnante senza i suoi alunni e viceversa.

Ne saremo capaci?

Beh, mi verrebbe spontaneamente di dire, sì, in quanto, siamo già immersi nel tempo del protagonismo e di un prossimo futuro, meno gretto e più gestibile, anche rispetto ai nostri bisogni reali e non solo quelli effimeri e di difficile attuazione.

Ecco, che la tecnologia potrebbe essere un’ infinita ricchezza e di distribuzione di egualità ed intelligenza, dare sempre più un aiuto all’uomo, che non essendo solo uno spettatore passivo, potrebbe rilevarsi un ulteriore forza e intelligenza, nel riprogrammare, con domande precise, gli algoritmi, per dare nuova vita e perché no, anche un’evoluzione in positivo, di ciò che oggi risulta già obsoleto, oppure funziona, ma vede un calo nell’ utilizzo, come ad esempio la piattaforma Facebook.
Gli umani sono esseri che si fanno catturare facilmente dalle novità, ma anche facilmente si disinnamorano, ecco perché, un’intelligenza artificiale programmabile dall’ utente, potrebbe essere un modo equilibrato per tutti, di dare nuove risposte ad una rete che, deve crescere e nell’ utente che finalmente potrebbe ritrovare la propria vita, nonché la propria identità.

Già l’Unione Europea, si sta confrontando con i Grandi dei big data, mettendo delle regole, ma sono sempre troppo poche ed in ritardo, sulla velocità con cui si sviluppa tutto il mondo tecnologico, che corre alla velocità della luce.

Però, ci viene incontro, come specifica spesso il Prof Mezza, in quanto oggi i nostri dati in rete possono essere messi sotto accusa da noi stessi; mi direte in che modo?

Chiunque è in possesso dei nostri dati può essere sanzionato, se non ne fa un uso attento e lungimirante, non può e non deve diffondere dati sensibili.

Mi chiederete come si fa a scoprire se ciò avviene?

Il professore immagina, accanto, ad una rete privata di algoritmi, che utilizzano i nostri dati, una rete parallela e pubblica, che alimentiamo noi e che serve appunto, per proteggerci dall’ uso distorto che, le grandi multinazionali possono fare dei nostri dati; sarà possibile tutto ciò?

In America non è fantascienza, è realtà.

Accanto a ciò, che ci sembra fantascienza, si preannunciano un’estate ed un autunno caldo, pieni zeppi di manifestazioni che andranno a essere sempre più importanti e cospicuamente partecipate; i lavoratori sono stufi e incominciano a non farcela più, lavoro logorante, massacrate, con ripetizioni di attività freneticamente e compulsivamente ripetitive e dettate unicamente da una individualità spaventosa che, li rende persone alienate e incapaci di potersi godere il minimo riposo, perché gli stipendi così bassi e non commisurati al costo della vita, servono a soddisfare i bisogni primari, come quello di dare mangiare ad una famiglia, oppure poter fare studiare i propri figli, ma non soddisfano assolutamente il bisogno di svago, che ogni essere umano, ha bisogno, per rendere la vita un desiderio crescente e non una semplice e frenetica attività lavorativa.

I lavori hanno un asso nella manica, (specialmente se si uniscono in un sindacato, che è tutelato dall’ articolo 39 della costituzione e dal contratto collettivo nazionale, che stabilisce ad ogni contrattazione un salario equiparato alle mansioni svolte e all’orario di lavoro,
ecco che sarebbe più opportuno parlare di concertazione e non di salario minimo, oltre a lottare per un salario più equo, possono interrompere il flusso dei dati e chiedere così il negoziamento dei propri bisogni, tanto da creare, finalmente, quel corto circuito che fino ad ora non si è mai venuto a creare, proprio per la mancanza di leva, tra il poter economico smisurato, della new economy e il lavoratore, che così facendo, potrebbe, non solo riequilibrare tempi, qualità e retribuzione del lavoro, ma anche, cadenzare la crescita della tecnologie e dell’intelligenza artificiale.

Forse un sogno, ma provarci non costa nulla, ed è evidente anche, che non possiamo più stare a guardare.

Marialuisa Faella

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