E’ stato un successo la conclusione del confronto europeo sul Next Generation Eu. Eppure si sono palesate tutte le faglie di rottura e di crisi del progetto europeo che per come è stato concepito negli anni novanta del secolo scorso e per gli effetti della sua stessa risposta alla crisi del 2007/2008 oramai non regge più ed impone un salto pena un ripiegamento autodistruttivo : di cui, del resto, i populismi e gli insorgenti nazionalismi sono la prova più evidente.
L’accordo raggiunto da questo punto di vista ha restituito tempo.
Come sarà impiegato? Per perseguire quali progetti? Ad opera di quali soggettività sociali e politiche?
E qui la nebulosa si fa grande.
E si fa non meno grande in Italia dove è evidente il successo ottenuto dal Governo, ed è un bene ovviamente.
Nella debolezza delle forze politiche che lo sostengono, nelle loro contraddizioni interne, nella assenza di grandi visioni, coinvolgenti e partecipate, tutto rimane in uno stato di precarietà assoluta.
In questa precarietà emerge sempre più la figura di Giuseppe Conte che guadagna consensi e spazio politico sempre più pronto a presentare il conto ai suoi sempre presenti detrattori.
La prova è ora su per cosa, come e per chi utilizzare l’ingente massa di risorse disponibili.
E non si tratta di mettere in fila un elenco di progetti, una lista della spesa, un affastellarsi di interventi non integrati.
Serve una visione del Paese, del suo stato, del dove lo si voglia indirizzare nei prossimi 10 anni, di quali primati affermare e di quali condizioni negative superare.
Serve una visione della società che si intende far andare avanti, sostenere, promuovere, rafforzare : il lavoro, il coraggio d’impresa, la creatività, la solidarietà e l’inclusione sociale o la rendita, la speculazione, il ‘vincere facile’, la furbizia?


E con essa serve armare una strategia organica tendente a mettere mano in modo radicale alla questione del Mezzogiorno, oltre i moltiplicati neocentralismi delle Regioni del Mezzogiorno con un grande progetto che coinvolga il meglio della società meridionale : a cominciare dalla Sanità pubblica e dalla prevenzione, dalla scuola e ricerca, dall’assetto del territorio, dalla mobilità su ferro da spingere in modo ossessivo.
E la sostenibilità e la conversione ecologica della produzione, dei consumi, dei servizi, dell’assetto delle città sono davvero il paradigma di riferimento?
E chi fa queste scelte? Una cabina di regia? Un comitato interministeriale? Una bicamerale?
Stiamo parlando di quale Italia abbiamo in mente, amici miei.
E stiamo parlando di come dare corpo e forma ad una mobilitazione inedita di energie vitali senza le quali nessun Recovery si potrà dare.
Stiamo parlando di politica quindi.
E di soggetti politici.
Il terreno più entusiasmante da praticare eppure il più disertato oggi, anche a sinistra, in tutte le sue tanto variegate quanto frantumate e sempre più inessenziali forme: le principali delle quali unite nel Governo del Paese ma colpevolmente incapaci, mi riferisco a LEU, di avviare, insieme, un processo politico nuovo.
Né se ne avvantaggia, come dice tutta la serie possibile di sondaggi, un PD che potrebbe dare vita ad un nuovo corso, ad una fase costituente di nuova cultura e soggettività politica se solo avesse il coraggio e la lungimiranza di indicare un nuovo orizzonte di senso e di criticità del capitalismo alla sua azione e nuove forme, aperte, plurali, federate, al suo organizzarsi politico.

E l’uno e l’altro processo sarebbero importanti anche per offrire la possibilità di uno sbocco della crisi o della evoluzione dei 5Stelle in direzioni lontane dalle sirene populiste.
Emerge una contraddizione che in un modo reclamerà di essere sciolta: e senza azione politica, senza il coraggio che sorregga la virtù, non si scioglierà positivamente.
E invece il silenzio continua.
E in questo silenzio , detto per inciso, s’avanzano nuovi Satrapi che si costruiscono il Partito a loro immagine e somiglianza, anzi se ne fanno una moltitudine.
Vedi la vicenda della Campania per le prossime regionali.
Ma su questo converrà tornare.
Gianfranco Nappi

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