L’esperimento distanza: la scuola che potrebbe nascere
di Francesca Giusti


Ho assistito all’interessante dibattito realizzato nel videoforum promosso da Infiniti Mondi e altre associazioni. In queste discussioni, apparentemente, si verifica uno schieramento binario tra i favorevoli alla distanza e coloro che vi si oppongono in nome della presenza e del contatto diretto. In realtà, i vari interventi si sono venuti articolando in un processo più ricco e variegato di ripensamento della scuola. Alcune considerazioni a margine di questo dibattito.
Partiamo da una questione molto semplice, ma che spesso viene tenuta allo sfondo. Di fronte ad una terribile pandemia, anche nel nostro paese c’è stata la necessità di un radicale periodo di isolamento e della chiusura delle scuole. In periodi pre-tecnologie virtuali, la scuola si sarebbe chiusa e basta. C’è stata, invece, la possibilità di mantenere in parecchie situazioni, un contatto degli insegnanti con le classi, anche se esso è avvenuto in modo non uniforme né nella quantità né nella qualità. Nel complesso, però, la distanza è stata un modo di arginare il disastro.
I fautori ad oltranza delle vicinanza spesso dimenticano che il ritorno alla normalità della scuola come luogo fisico non dipende dai bisogni e nemmeno dalle oscillazioni della nostra ministra, ma dall’andamento del virus, alla fine della fase due e soprattutto in autunno. Inoltre nell’idealizzazione del contatto diretto, spesso si tende a rimuovere che la scuola precedente al virus si dibatteva in una crisi profonda che investiva non solo contenuti e metodi, ma anche la stessa dinamica della presenza. Non dimentichiamoci il clima diffuso di disinteresse, disamore, lontananza tra docenti e alunni e tra le famiglie e gli insegnanti. Nell’esaltazione delle possibilità della distanza, d’altro canto, teniamo presente che essa, come viene gestita oggi, è una modalità di emergenza.

Quello che possiamo fare attualmente è prendere atto che in questi mesi si è realizzato un esperimento di grande portata, che mai si sarebbe potuto effettuare in tempi normali. La scuola, struttura di un’elefantiaca inerzia, è stata costretta ad usare massicciamente piattaforme on line. Studiare gli aspetti e le implicazioni di questo esperimento è un compito cui non può sottrarsi nessuno che si occupi di scuola.

Per operare un confronto tra distanza e presenza, credo che sia utile individuare nell’attività didattica alcune delle sue componenti per poi capire quali di esse si realizzano meglio nelle due modalità e come si potranno integrare in futuro.
La didattica trasmette informazioni riguardanti varie discipline e verifica che essi siano stati compresi, se non rielaborati in modo personale. Questa trasmissione deve tener conto del funzionamento dei sistemi cognitivi di bambini e adolescenti e scegliere le modalità e i canali che rendano più facile l’assimilazione dei contenuti. E’ indispensabile che il processo di apprendimento avvenga in un ambiente affettivamente caldo e collaborativo. La cura e la responsabilità dell’insegnante possono creare in risposta un clima allegro e carico di sentimenti positivi che circolano in varie direzioni. Ultimo aspetto: un’insegnante ha di fronte un panorama di diversità sociali, cognitive, emozionali. Per superare il disagio ci vuole la cura dei più deboli e soprattutto ci vuole la pratica costante del recupero, per livellare attitudini e conoscenze. Nulla di tutto ciò è mai avvenuto, a partire dagli esordi della scuola di massa.

Esaminiamo per ognuna delle situazioni educative in cui si articola la didattica quali vantaggi offrono la presenza e la distanza e pensiamo a come possa realizzarsi in futuro la loro integrazione.
Canali di trasmissione dell’informazione
Io ho desiderato durante tutti gli anni di scuola che mentre io parlassi, sulla parte di parete alle mie spalle, come d’incanto si accampassero immagini, schemi, mappe concettuali. Quando mio fratello, medico abituato ai convegni scientifici, mi insegnò come fare una conferenza con le diapositive e gli schemi (gli antenati del power point) mi sono ingegnata a riportare a scuola questa modalità integrata. Questo piccolo miracolo è possibile oggi, semplicemente condividendo lo schermo. Scrivere insieme sulla lavagna, inserire piccoli power point preparati ad hoc, leggere insieme un testo trovato sul web, avviare una ricerca guidata. E’auspicabile che si possa farlo presto in una classe vera con la lim o spedendo il giorno prima immagini e slides di sul telefonino o sul tablet dei ragazzi.
Vicinanza e calore
L’affettività trova ovviamente il suo luogo di elezione in presenza, ma tutto sommato i rettangolini sullo schermo sono i nostri ragazzi che conosciamo uno a uno Possiamo consentire di comunicare anche con Whatsapple per parlarci di loro e delle difficoltà che affrontano a studiare.
Disuguaglianza e recupero
Le attività per combattere le differenze potranno invece trovare possibilità inesplorate nella didattica a distanza: l’orario scolastico non basta. Senza una costante attività di recupero iniziale e in itinere, le diseguaglianze si approfondiranno sempre più impietosamente nel tempo. Il recupero potrebbe avvenire in modalità virtuale in una sorta di tempo pieno a distanza. I piccoli gruppi che consentono varie forme di interazione sono il modo migliore di lavorare sulle piattaforme. Spiegazioni e verifiche supplementari, costruzione comune di schemi per l’apprendimento facilitato, possibilità di fronteggiare i disturbi dell’apprendimento. Per i compiti non usare ancora l’inamovibile quaderno scritto a mano (ciò ovviamente vale per tutti i compiti e per tutti i quaderni).
Mentre continuiamo a discutere, mobilitiamoci però affinché la task force della scuola diretta dal prof. Bianchi mantenga le promesse su ampi finanziamenti, su una piattaforma comune per la scuola, su un numero adeguato di alunni per classe. Senza di ciò tutto è vanità.

Lettera aperta alla Ministra Azzolina di Ida Lenza

Gentilissima Ministra Azzolina,
anche questa mattina si parla dell’esame di maturità della scuola secondaria di II grado e non una parola su come avverrà la valutazione degli alunni degli altri ordini di scuola e di quelli che, al termine del percorso d’istruzione di scuola secondaria di I grado, dovranno sostenere(?) l’esame.
Da insegnante di Lettere della scuola secondaria di I grado sono molto preoccupata e attendo con ansia le Sue indicazioni.
Mi auguro che non si metta in scena l’ennesima farsa della scuola italiana pur di dimostrare all’esterno che la scuola anche in tempo di Covid19 non si ferma. 
Vengo al nocciolo del problema: Ministra non ci chieda di valutare questo periodo di didattica a distanza dei nostri alunni con un voto. Non sarebbe giusto dal momento che, negli anni, non ci siamo attrezzati come Stato per rendere la scuola democratica. E l’emergenza di questi mesi, ma anche la normalità di quelli precedenti in cui tutti hanno il diritto dovere allo studio, ma non tutti possono permettersi di far fronte alla spesa per l’acquisto dei testi scolastici, lo dimostra.
Dott.ssa Azzolina non tutti i nostri alunni posseggono gli stessi strumenti e gli stessi mezzi per partecipare alle video lezioni, per connettersi e scaricare o caricare i compiti dalle varie piattaforme. Inoltre non tutte le piattaforme, autorizzate dal Ministero che Lei presiede, funzionano e garantiscono un buon esito delle lezioni, ma questo nessuno lo dice. Allora quali dovranno essere i criteri? L’assiduità della partecipazione alle video lezioni e la restituzione dei compiti assegnati? Impossibile, nonostante i fondi ministeriali e i bonus alle famiglie per la DAD, non tutti hanno ancora ricevuto gli strumenti e gli incentivi, non tutti hanno genitori capaci di scaricare app per accedere a piattaforme e non tutti vivono in zone in cui è arrivata la famosa fibra per il collegamento super veloce che, tra l’altro, non è gratuita.
Abituata per forma mentis a non lamentarmi solo del problema, ma a cercare una soluzione e, soprattutto, a voler collaborare alla crescita e al miglioramento della scuola italiana, Le illustro quale potrebbe essere, secondo il mio modesto parere ma anche secondo miei tanti colleghi, una soluzione. Credo faremmo più bella figura se, pur continuando con la DAD, intesa come strumento per dare conforto, stimolo culturale attraverso i contenuti disciplinari ai nostri alunni in questo nuovo Medioevo dell’umanità, chiudessimo la valutazione con gli obiettivi e le competenze raggiunte nel corso del I quadrimestre per gli alunni delle classi intermedie e con un giudizio che possa racchiudere un bilancio degli anni trascorsi nella nostra scuola per i nostri scolari delle classi terminali.
Avendo garantito la promozione alla classe successiva a tutti a prescindere dai risultati, sarebbe un sistema più equo e dignitoso fermarsi alla valutazione del periodo di normalità dell’impegno e interesse profusi da ogni singolo discente per la scuola nel tempo. Sarebbe un modo per dimostrare agli alunni che la valutazione non cambia in base a una bella tesina o una bella interrogazione di fine d’anno, ma è un momento di sintesi di un percorso che analizza costanza nello studio e impegno quotidiano. Un concetto banale e ribadito nei documenti ministeriali ma, mi creda Ministra, non sempre recepito e messo in atto. La prego, ascolti la richiesta di un’insegnante che, a differenza di esperti e tecnici della scuola che teorizzano soluzioni senza mai aver messo piede in un’aula, lavora ogni giorno a contatto con i ragazzi, conosce difficoltà e punti di forza della scuola italiana. Non ci cali dall’alto, come da sempre capita, indicazioni ministeriali sulla valutazione che ci esporranno all’ennesima brutta figura come professionisti, alla mercè di genitori e opinione pubblica che nella scuola trovano sempre il capro espiatorio di tutti i problemi che attanagliano la società attuale. Ci consenta di essere, anche in questa occasione, professionisti in grado di risolvere questa emergenza con competenza.
Fiduciosa nella Sua sensibilità e del suo impegno a dare una svolta al sistema d’istruzione di questo nostro Paese che, anche in periodo di Covid19, ha dato prova di maturità e responsabilità, La ringrazio del tempo che ha dedicato a questa mia riflessione e attendo speranzosa le Sue prossime decisioni.          Con osservanza

Una didattica “virale” di Giovanni Mirante
Chi poteva mai solo ipotizzarlo? Chi avrebbe pensato che accadesse una cosa del genere? Se uno scrittore ne avesse tratto spunto per un racconto, chiunque lo avrebbe trovato eccessivamente fantasioso. Eppure nel breve tempo di un battito di ciglia tutto si è materializzato concretizzandosi in una incredibile realtà: i professori trasformati in organizzatori di videoconferenze che, con cuffie e microfoni, tengono lezioni agli alunni svolgendo il loro compito in modalità smart working.
Diciamoci la verità, anche solo tre mesi fa, chi conosceva questa espressione anglosassone che si riferisce al lavoro da remoto? Io sinceramente no! Se qualcuno me ne avesse chiesto il significato avrei probabilmente risposto che veniva usata per indicare un’attività di consegne effettuate nel traffico congestionato delle nostre città con la Smart.
Ma oggi, nel frenetico mondo in cui viviamo, le cose viaggiano alla velocità della luce e quindi, quasi senza accorgercene, ci siamo trovato proiettati in questo scenario assolutamente inedito.
Forse altre realtà lavorative, vuoi per la tipologia, vuoi per forma mentis, erano maggiormente preparate a questo impatto, ma il mondo della scuola, legato a canoni metodologico-didattici consolidati nel corso di anni, all’inizio ha reagito piuttosto male all’emergenza. Però, questo va detto a merito della classe docente, si è trattato di uno sbandamento di breve durata. Seppur con qualche sacca di resistenza certamente comprensibile, soprattutto da parte di chi con i computer non ha mai avuto un buon rapporto, i professionisti della didattica si sono prontamente adoperati per calarsi nella nuova realtà; se è vero che un buon docente è anche colui che, vivendo a contatto con i ragazzi, assorbe da essi una certa quantità di “gioventù riflessa” come un pianeta illuminato da una stella, questa era l’occasione per dimostrare che è possibile trasformare una prova sicuramente impegnativa in un’occasione di crescita culturale, professionale e personale. La Didattica o formazione a distanza, questo mostro venuto come Terminator da un futuro remoto a popolare di incubi tremendi i nostri sonni tranquilli, ci ha insegnato che, se vogliamo stare con i giovani, e con il lavoro che ci siamo scelti non può essere diversamente, dobbiamo essere

pronti come i ragazzi a rimetterci in gioco ogni volta che il mondo attorno a noi muta. Naturalmente le difficoltà non si sono certo azzerate o volatilizzate come per incanto, tra connessioni lente o “cadenti”, piattaforme ipercongestionate e imperfetta conoscenza del mezzo informatico, ma, al di là di problemi prettamente tecnici e limiti nelle competenze personali, il tutto ha assunto il sapore di una sfida a tratti anche avvincente. Purtroppo le difficoltà non sono solo queste; anche con tutto l’impegno profuso dobbiamo prendere atto che ci sono comunque criticità legate allo svolgimento dei programmi didattici, ai criteri di valutazione e alla difficoltà di mantenere quella vicinanza con gli alunni che sono ingredienti fondamentali per il funzionamento dell’istituzione scolastica.
A questo proposito, però, una risposta collaborativa è venuta proprio dai nostri ragazzi che, se da un lato sono molto più “tecnologici” di noi, e questo naturalmente dà loro un certo vantaggio, dall’altro hanno avuto il merito di aver messo questa loro maggiore attitudine al servizio della Didattica a distanza: forse galvanizzati dalla nuova prospettiva, magari, perché no, ma se anche così fosse questo non va ascritto a loro demerito, incoraggiati dall’idea di un orario scolastico necessariamente ridotto, hanno mostrato praticamente da subito la volontà di fare di tutto per fare funzionare questa modalità in tutto e per tutto nuova anche per loro.
Pochissimi si sono nascosti dietro scuse quali la mancanza di “giga” o di linea per “marinare” le videolezioni (non dimentichiamo che a volte queste difficoltà sono reali, altro che scuse); i più, quasi per non apparire da meno rispetto ai compagni, in una lodevole e sana competizione, hanno scelto di impegnarsi per non darla vinta ad un qualcosa al limite tra il mondo vivente e quello non vivente che, pur essendo la miliardesima parte di un essere umano, ci sta tenendo tutti in scacco.
Menzione con annessa nota di merito anche per i genitori, a volte competenti in materia di telecomunicazioni a volte molto meno, ma comunque impegnati in prima persona nel cercare di assicurare ai figli le migliori condizioni possibili per partecipare alla “didattica al tempo del Coronavirus”.

L’alleanza scuola-famiglie, elemento da sempre fondamentale per assicurare in ogni circostanza agli alunni i migliori ambienti di apprendimento, in questo frangente si è rivelata condizione imprescindibile per fronteggiare l’emergenza scolastica, logica conseguenza di quella sanitaria.
Chiudo con una considerazione del tutto personale: se non avessi davanti agli occhi quella fila di camion militari che trasportavano feretri, emblema di una immane tragedia che si è abbattuta sul nostro paese e sul mondo, ricorderei questi mesi come il periodo della mia vita in cui ho imparato più cose nel minor tempo.








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