Parto dalla una osservazione concreta: l’adroterapia, oggi è tra le tecnologie oncologiche più avanzate, è effettivamente un trattamento promettente, soprattutto per pazienti, come il sottoscritto, che soffrono per gli effetti collaterali delle terapie convenzionali. Ma la sua distribuzione territoriale – limitata quasi esclusivamente al Nord Italia – rivela un dualismo profondo e drammatico tra Nord e Sud, un’ingiustizia strutturale che coinvolge anche la salute.
1. Adroterapia: perché è importante
L’adroterapia usa particelle pesanti (protoni o ioni di carbonio) per colpire in modo estremamente selettivo le cellule tumorali, minimizzando i danni ai tessuti sani. I suoi vantaggi:
Riduzione significativa degli effetti collaterali;
Maggiore efficacia in tumori radioresistenti o localizzati in aree critiche;
Indicata anche nei bambini, dove la protezione dei tessuti sani è cruciale.
2. Una tecnologia che esiste solo al Nord
Attualmente i centri italiani abilitati all’adroterapia sono:
CNAO di Pavia (Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica);
Centri che offrono Proton terapia a Trento, Milano e Venezia Mestre. Questa localizzazione, di fatto, esclude il Mezzogiorno, obbligando i pazienti a trasferte logoranti o, peggio, a rinunciare del tutto a questa possibilità.
3. Il paradosso delle spese pubbliche
Un nodo politico fondamentale: le priorità di spesa dello Stato. In un momento in cui si accumula debito per finanziare l’acquisto di armi o per sostenere lobby energetiche e industriali, è legittimo e doveroso chiedere: perché non si investe in tecnologie salvavita e realmente innovative?
Con 400 milioni di euro (cioè 10 centri da 40 milioni ciascuno) si potrebbe:
Garantire almeno un centro per regione;
Ridurre i viaggi della speranza e riequilibrare il diritto alla salute;
Creare poli di ricerca e innovazione pubblica anche nel Sud.
Ricordiamo che:
Il MES sanitario (30 miliardi) è ancora inutilizzato per motivi politici;
Il PNRR ha destinato risorse alla sanità territoriale, ma poco o nulla all’alta tecnologia oncologica;
Le Regioni del Sud non hanno strumenti finanziari adeguati per fare investimenti di tale portata.
4. Proposta concreta: un piano nazionale per l’adroterapia
La proposta è quella di:
Utilizzare fondi europei o debito pubblico a fini sociali e sanitari, anziché militari;
Costituire una rete nazionale di adroterapia pubblica, con priorità per le regioni oggi escluse;
Inserire questa rete in un più ampio Piano nazionale per l’oncologia di precisione, integrato con la ricerca universitaria e clinica.
Il diritto alla cura non può dipendere dal codice postale. L’adozione dell’adroterapia su scala nazionale è una questione di giustizia territoriale, di civiltà sanitaria e di uso razionale delle risorse pubbliche.
Carmine Nardone
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