Il mago delle parole
Giuseppe Antonelli
Romanzo grammaticale o Grammatica narrata
Einaudi Torino
Pag. 197 euro 15,50
2025

Roma. Qualche decennio fa. All’inizio del primo quadrimestre arriva in classe
uno strano personaggio,
un nuovo professore: capelli pettinati tutti precisi, con
la riga da una parte; giacca nera, pantaloni neri, cravatta nera sottile sulla
camicia bianca; un poco azzimato. Resta poi con quegli studenti e studentesse
quattro mesi, anni dopo lo avrebbero rievocato come il proletario e il mago
delle parole, rivoluziona le lezioni: subito li incita a rivoltare le parole da tutte
le parti; a non fermarsi mai alla superficie, non accontentandosi del primo
significato; a scavare a fondo su ogni proprio linguaggio, per scoprire il doppio
fondo delle frasi; a essere attentamente liberi e libere nello scrivere e nel
messaggiare, nella lingua orale e in quella vergata, nella geografia etimologica
e nella grammatica (gran figata, glamour, arte di dire le cose giuste nel modo
giusto al momento giusto). Ogni ora trascorsa insieme diventa “speciale” un
po’ come una partita a scacchi che lui gioca contemporaneamente con ciascuno
di loro. Niente verifiche, niente interrogazioni, niente voti (almeno per quanto
ne sanno, infine metterà a ciascuno un sonetto in pagella); racconti, giochi,
chiacchiere, conversazioni surreali, ginnastiche e allenamenti; tanti “testi” è
vero, citati e storicamente determinati, corretti e scorretti, smontati e
rimontati, creati e ricreati; pur anche comportamenti strambi, mettersi
qualcosa in testa per ottenere silenzio e far terminare il casino, lo chiamano il
numero della foca monaca. Si definisce non bravo con i numeri, solo con le
parole: come esseri umani siamo fatti di parole che comunicano, condizionano,
creano realtà, sia positivamente che negativamente. Certe parole, scaldano il
cuore, altre lo agghiacciano; certi discorsi infondono forza e fiducia, altri
feriscono e possono persino uccidere; certi libri servono sia a chi ne legge
(molti altri) sia a chi scrive (loro tutti), ai concittadini (meno ai sudditi).

Incanto. Il professore ordinario di Storia della lingua italiana all’Università di
Pavia Giuseppe Antonelli (Arezzo, 1970) scrive una fiction sulla comunicazione
umana, incantevole appunto. In quella classe ci sono diciotto studenti e
studentesse: Enrico, Chiara, Martina, Niccolò, Ahmed, Leonardo, Ileana, Hugo,
Fabio, Alice, Giulia, Lavinia, Bianca, Paolo, Giandomenico, Massimo, Giovanni,
Lorenzo, incarnati diversi e differenti contesti familiari o linguistici. Fra di loro
vi è chi garantisce l’io che la narrazione in prima persona in diretta, abbastanza
invaghito di Chiara, decenni dopo diverrà un docente di scrittura creativa (forse
fuori da scuole e università), narrativa giornalistica epistolare. In quell’anno
scolastico ebbe la bislacca idea di dar comunque vita fra alcuni di loro a
un’Accademia d’arte grammatica, con giochi di parole (da cui il titolo, ancora).
La fece proporre proprio a Chiara (“se lo faccio io, penseranno di sicuro che è
una cosa da sfigati”) e la realizzarono con grande divertimento nelle ore di
buco in classe, a casa di quelli benestanti, in un campo da tennis. Attraverso
diciannove briosi capitoli, leggendo i dizionari come romanzi (andrebbe citato
Markaris), spesso con l’ausilio di Dante e Leopardi (non solo quello delle
parolacce), Antonelli ci fa imparare e sorridere sulle etimologie e sui dialetti,
sugli accenti e sugli errori, sulle dislocazioni e sui geosinonimi, sui cibi (grazie
ad Artusi) e sui saggi (grazie a esimi colleghi), sulla poesia e sulle belle arti,
sui verbi e sulle espressioni inglesi, sui decaloghi e sulla musicalità, sulle
punteggiature e sulle emoticon. Segnalo lo squallido trattamento
“originariamente” riservato al romanesco e al marchigiano, al milanese e allo
spoletino. Splendida colonna sonora di oltre una decina di riferimenti musicali.
Breve palestra finale di esercizi vacanzieri.

***

Il folle di Dio alla fine del mondo
Javier Cercas
Traduzione di Bruno Arpaia
Religione, Papa Francesco
Guanda Milano
2025
Pag. 463 euro 20



Torino, Roma, Vaticano, Mongolia. Primavera ed estate 2023. Tutto inizia il 21
maggio al Salone del Libro, dopo un consueto firmacopie. Il responsabile della
Libreria Editrice Vaticana Lorenzo Fazzini informa il grande scrittore spagnolo
che papa Francesco ha deciso di andare in Mongolia a fine agosto e che in
Vaticano pensavano a lui per scrivere un libro sul viaggio, sul papa, sulla
Chiesa, sul Vaticano stesso, quel che lui potrà e vorrà. La replica di Cercas è
che dovrebbero considerarlo “pericoloso”, lui ha perso la fede nell’adolescenza,
è ateo e anticlericale, si definisce laicista militante. Concordano di pensarci
sopra, c’è già un possibile appuntamento nella capitale. Due settimane prima
un funzionario del dicastero per l’Educazione e la Cultura della Santa Sede lo
aveva invitato per il 23 giugno al cinquantesimo anniversario dell’apertura
della Collezione d’Arte Moderna e Contemporanea dei Musei Vaticani e papa
Francesco avrebbe per l’occasione riunito una manciata di artisti nella Cappella
Sistina. Cercas sarebbem andato lo sanno. Per una “fatale” coincidenza doveva
essere in Italia quel giorno (poi in direzione Pescara) e non si era sottratto.
Ora, tornato a Barcellona, lo scrittore rimugina e studia, si dice che, se potesse
restare qualche minuto da solo con il papa, porgli la questione della
resurrezione della carne e della vita eterna, domandargli se davvero la madre
92enne (molto credente e malata) avrebbe rivisto il padre (già morto), quindi
comunicarlo in vita a lei stessa, allora aveva tutto il senso del mondo scrivere
quel libro. Parte per l’evento di giugno, senza garanzie sull’incontro privato,
altre domande sulla fede e sul papa contemporaneo si affollano nei suoi
pensieri, incontra giornalisti scrittori vaticanisti, li interpella. Dal 29 agosto al 4
settembre partecipa al viaggio in Mongolia. Al ritorno rende noto alla madre e
alla moglie cosa gli ha davvero risposto Francesco sull’aereo, forse non sarà un
segreto. L’anno successivo scrive il libro tramite appunti, foto, filmati, studi.

Incanto. Il filologo, traduttore, saggista e grande scrittore spagnolo Javier
Cercas (Ibahernando, Cáceres, Estremadura, 1962) giunge in libreria con un
testo libero e incantevole, di colta autocosciente stravaganza: un misto di
cronaca e saggio e biografia e autobiografia, un esperimento eccentrico, un
pellegrinaggio eretico o ironico, una follia solidale con la demenza di quel papa
(allora 86enne e ora appena morto), un guazzabuglio di generi, pure
un’indagine e un inseguimento, una specie di thriller. Sapeva di non essere un
giornalista, tantomeno un vaticanista; non aveva mai scritto letteratura di
viaggio, né diari; non possedeva nessuna esperienza precedente che lo avesse
preparato a tentare questa narrazione in prima persona al passato, fra
cerimonie e cardinali, messe e missionari, luoghi sacri e steppe nomadi, dirette
mondiali e povera gente. Pone la condizione del breve scambio riservato di una
domanda e di una risposta, il papa non sa nemmeno del progetto dei propri
collaboratori e responsabili, Cercas sa che non è sicuro che accetterà, prova,
va. Secondo lui la massima follia del folle di Dio (un san Francesco) è la
convinzione che, dopo la morte, ci attende un’altra vita, quello il motivo per cui
un folle senza Dio decide di viaggiare con lui alla “fine del mondo” (prima frase
dopo l’elezione, l’Argentina e ora la Mongolia), per chiedergliene ragione (da
cui il titolo). Papa Francesco accetterà di incontrarlo brevemente a tu per tu in
aereo, pochi gli chiederanno che risposta ha avuto, con ironia dirà che
dovranno attendere la pubblicazione e poi leggere il libro fino alla fine. La
prima parte descrive il contesto della sua scelta, gli interlocutori iniziali, le
verifiche culturali. La seconda parte è il diario quotidiano del viaggio con
l’aereo e il seguito papali, dei giorni nella piccola Mongolia (un milione e mezzo
di chilometri quadrati; tre milioni di abitanti, il trenta per cento nomadi o
seminomadi; primo credente in Cristo arrivato tre decenni prima, ora
sessantamila cristiani, solo millecinquecento cattolici, settantacinque
missionari; un paese povero, desertico ed enorme, sperduto tra la Russia e la
Cina), del ritorno. La terza parte racconta gli ultimi incontri e saluti nella
capitale italiana; l’udienza generale di un mercoledì mattina, mentre vengono
rievocati spunti e dubbi, molte domande e alcune risposte, trovate dallo
scrittore, restato ateo, durante un viaggio davvero straordinario con quel
peculiare papa; quel giovedì 7 settembre, in cui Cercas a Barcellona porta al
ristorante genitrice e consorte, fa loro vedere un filmato privato autorizzatogli
da Francesco, con immagini e parole, alcune indirizzate proprio alla mamma.

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In Parlamento con le donne. Progetto di ricerca dell’Associazione ex parlamentari
AAVV
A cura di Francesca Vidoni
Interviste e documenti
2025
Pag. 152 (richiedere a ass_ex_parlamentari@camera.it )

Parlamento italiano. Anni Settanta, soprattutto. “In Parlamento con le donne” è un
progetto di ricerca avviato nel 2024
dall’Associazione ex parlamentari della
Repubblica italiana, giunto a una presentazione pubblica dei primi risultati nel
gennaio 2025, grazie a varie autrici e autori, a cura di Francesca Vidoni, con il
coordinamento scientifico di Patrizia Gabrielli, docente di Storia contemporanea e
Storia di genere a Siena. L’associazione ha investito sul proprio peculiare capitale
sociale, in una prospettiva di genere. L’intervista a sedici donne e uomini
parlamentari degli anni Settanta, in particolare sul percorso legislativo e sociale del
nuovo diritto di famiglia, è stato sintetizzato in un interessante video riproducibile. Il
volume raccoglie le trascrizioni di alcune testimonianze e lo stralcio della
documentazione istituzionale relativa all’esame della legge di riforma, quella da non
scordare e anzi implementare, la numero 151 del 19 maggio 1975, cinquanta anni fa!

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Atlante degli artisti in affari
Daria Galateria
Letteratura
Sellerio Palermo
2025
Pag. 251 euro 15

L’espertissima docente di Letteratura francese Daria Galateria (Roma, 1950) da
decenni
collabora con quotidiani, settimanali, programmi radiotelevisivi. In
particolare tiene la rubrica “Ora d’aria” sul “Venerdì di Repubblica”, ove spesso ha
narrato dei viaggi di noti scrittori. Esce ora una deliziosa conturbante raccolta,
“Atlante degli artisti in affari”, sessantotto luoghi da Akita (Tsuguharu Foujita,
1937) e Antibes (Ernst Jünger, 1950) a Washington (Henri Bergson, 1917) e Xi’an
(Cixi, 1900), ovviamente pochi citati per più visite (Londra, Mosca, New York,
Parigi, Roma). Nel colto saggio introduttivo concentra l’attenzione sul secolo lungo
dell’Ottocento, dopo il Gran Tour dei secoli precedenti e prima del contemporaneo
turismo di massa, quando spesso gli scrittori ci tenevano a essere avvincenti e,
girando il mondo, si occupavano di (propri) affari, con racconti burleschi e pettegoli,
quasi disturbati dall’esotismo, con particolare attenzione al lungo e pericoloso andar
per mare.

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L’antropologia del mondo antico
Maurizio Bettini (a cura di)
Antropologia
Il Mulino
2025
Pag. 542 euro 32

Antiche Grecia e Roma. L’antropologo del mondo antico, oltre che su grandi testi ed
eventi
, può focalizzarsi su elementi minori, pur alla scoperta di modelli culturali
significativi. Il grande scienziato Maurizio Bettini (Bressanone, 1947) ha a lungo
insegnato Filologia classica all’Università di Siena e, dopo aver ha scritto decine di
interessanti saggi oltre che centinaia di acuti articoli, ha ora curato una mirabile
aggiornata raccolta di saggi su “L’antropologia del mondo antico”, opera sua e di
vari studiosi come Cristiana Franco (Gender, fra l’altro), Braccini, Viglietti, Aglaia
McClintock, Silvia Romani, Manuela Giordano, Brillante, Fermi, Beta, Buccheri,
Svetlana Hautala (La cannabis, fra l’altro), Sonia Macrì, Loredana Mancini, Lentano,
De Sanctis, Pisano, Francesca Prescendi. La prima parte punta su temi e prospettive
nuove, la seconda sulla storiografia, la terza su case studies (miti e racconti; ambiente
e natura; vedere e ascoltare; diritto, economia, pratiche sociali).

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