Puglia
Autori vari (Nicola Lagioia, Sarah Gainsforth, Claudia Attimonelli,
Daniele Rielli, Stefano Nazzi, Mario Desiati, Leonardo Palmisano,
Andrea Piva, Valentina Petrini, Oscar Iarussi, Teresa Maria Rauzino,
Gabriella Genisi, Valerio Millefoglie)
Fotografie di Jean-Marc Caimi e Valentina Piccinni
Geopolitica interna
Iperborea Milano
2025 (tutti testi 2025, Nazzi versione aggiornata di un testo 2022)
Pag. 192, euro 22



Puglia, Italia. Settima regione per grandezza, ottava per popolazione
(metropolitana a Bari,
Taranto, Foggia); quella con meno territorio forestale
(solo il 10 per cento), quasi tutto però in aree naturalisticamente protette; la
seconda e la terza pianura più estesa (dopo l’immensa padana), due tavolieri a
nord e sud; indice di urbanizzazione delle aree costiere (entro 300 metri dalla
linea di battigia) più alto e recentemente costruito (dal 1981); seconda
maggior crescita del pil reale nell’ultimo periodo 2019-2024 (dopo la
Lombardia); maggior tasso di affollamento delle carceri maggiori e minori nel
2024 (171 per cento); maggiore potenza eolica assoluta installata negli ultimi
anni (molto avanti a Sicilia, Campania, Basilicata, Sardegna, Calabria); il 99,8
per cento di siti costieri (870 chilometri!) con acque di balneazione eccellenti.
Nel lembo meridionale orientale della penisola italiana incuneata nel
Mediterraneo, lungo e stretto, trentatré anni separano due sbarchi: nel 1991 i
profughi albanesi, nel 2024 i capi di stato delle grandi potenze mondiali. In
questo lasso di tempo i riflettori si sono accesi e si è consacrato il brand Puglia:
trionfo economico e attrattivo, sovraesposizione mediatica, overtourism
dall’accoglienza all’hospitality. Trulli e taranta, da simboli di una vita contadina
misera e arretrata, sono divenuti motivo d’orgoglio ed elemento identitario.
Grandi luci ma pure grande ombre servono a raccontarla bene: il feroce
caporalato subito dai braccianti; il vuoto occupazionale e il veleno lasciato
dall’Ilva; l’ascesa della cosiddetta quarta mafia; la morte di oltre venti milioni
di ulivi. Approfondiamo, si tratta sempre e comunque di geopolitica nostrana.

Ecco ancora un bel volume della collana The Passenger (per esploratori del
mondo) che parte da temi d’attualità per farci meglio capire luoghi umani del
pianeta (città, paesi ed ecosistemi), attraverso inchieste, reportage, percorsi,
brevi saggi. La prima raccolta del 2025 è dedicata alla splendida Puglia (in
copertina immagine di ulivo con erba fiorita), come al solito ricchissima di foto
(belle e d’autore), frequenti precisi significativi dati, grafici, schede, ritratti e
illustrazioni infografiche (originali e ben leggibili). Dopo il risvolto di copertina,
con le informazioni di base, il sommario e due altre paginette di numeri, nel
primo servizio lo scrittore Nicola Lagioia ricorda come l’arrivo della nave Vlora
nel porto di Bari con ventimila migranti albanesi abbia costituito l’inizio di una
nuova stagione (oltre tre decenni) e ci accompagna attraverso i paesaggi delle
Puglie (al plurale). Seguono fra gli altri: la ricercatrice indipendente e saggista
Sarah Gainsforth su alcune facce dello straordinario successo turistico,
politiche regionali azzeccate e megaresort, borghi finti e campi da golf,
edificazione selvaggia e desertificazione incipiente; la sociosemiologa Claudia
Attimonelli sul Salento a partire dagli studi antropologici di De Martino; il
giornalista Daniele Rielli sulla Xylella fastidiosa; il giornalista Stefano Nazzi
sulle feroci organizzazioni criminali che tengono in pugno la Puglia
settentrionale; lo scrittore Mario Desiati sulla Valle d’Itria; il sociologo
Leonardo Palmisano sulle baraccopoli dei braccianti (spesso lì “imprigionati”
senza permesso di soggiorno); la scrittrice Gabriella Genisi per alcuni consigli
d’autore. Solita breve opportuna bibliografia finale.

***

La morte di Auguste
Georges Simenon
Traduzione di Laura Frausin Guarino
Romanzo
Adelphi Milano
2025
Pag. 157 euro 18

Parigi, Le Halles. Marzo 1966. Muore a quasi 79 anni Auguste-Victor-André
Mature,
accasciandosi per un ictus nel suo piccolo splendido bistrot di rue de la
Grande-Truanderie, Chez l’Auvergnat, prosciutti e salami appesi in vetrina,
bancone di stagno e tavoli di marmo. Lo aveva rilevato nel 1913, con i suoi
risparmi e un po’ di soldi che il fratello gli aveva prestato, senza immaginare
che l’anno dopo lo avrebbero spedito al fronte. Lentamente poi ne aveva fatto
un locale eccellente e rinomato, amato anche da clientela importante (ministri,
ambasciatori), due stelle Michelin. Diciassette anni fa aveva coinvolto alla pari
nella gestione il secondo dei suoi tre figli, Antoine, ora quasi 50enne, restato a
lavorare con lui e la moglie fin dall’inizio, mentre il primo figlio Ferdinand (tre
anni più grande) diventava un solerte dedito magistrato e il terzo Bernard (tre
anni più piccolo) un avventuroso debosciato semialcolizzato. La morte di
Auguste scatena fame di eredità nei fratelli. Antoine è felicemente sposato con
una ex prostituta, sensibile attenta silenziosa, lei (con una malattia venerea)
non poteva aver figli, hanno condiviso amore e fatica. I fratelli non si sono mai
molto fatti vedere al ristorante (il minore solo per chiedere soldi), hanno
delegato sia l’affetto per il padre, originario di Riom nella regione dell’Alvernia-
Rodano-Alpi, arrivato a Parigi senza un soldo in tasca, sempre restato
“contadino” dentro, sia l’assistenza ai genitori che invecchiavano e arrancavano
progressivamente (la madre ormai è da tempo poco presente alla vita).
Ferdinand ha una bella ambiziosa arcigna moglie, Véronique, e due figli già
grandicelli e ormai autonomi. Bernard ora sta con la 28enne Nicole, graziosa
elegante vivace, ex modella e indossatrice, cattiva. Il testamento non si trova,
nemmeno denaro nascosto, solo una chiave nel portafoglio. Si scatenano
attriti, risentimenti, menzogne. E non è un bel vedere.

Il romanzo è molto bello. Mesto angosciante avvilente, ma eccelso e
struggente. Di Simenon sappiamo quasi tutto (1903 – 1989, origine bretone,
belga di nascita, francese d’adozione, non solo parigino d’elezione, oltre
trecento romanzi, uno degli autori più letti al mondo) e la grande casa editrice
milanese Adelphi sta ottimamente progressivamente garantendo la
pubblicazione integrale dei suoi scritti. Questa lunga ansiogena tragedia
familiare, originariamente del 1966, né noir né rosa, era inedita in italiano. La
narrazione è in terza varia al passato, prevalentemente su Antoine, sempre più
disgustato dalla situazione che si viene a creare dopo la morte del padre cui
era legatissimo (da cui il titolo): “si capivano. Avevano lo stesso genere di vita,
lo stesso modo di pensare, vivevano in mezzo allo stesso tipo di persone”. Un
ruolo decisivo di coprotagonista è svolto in tante pagine liricamente descrittive
dal quartiere dove Auguste e il figlio hanno avuto consolidato successo
enogastronomico, le strade e la gente, le botteghe mitiche e i mercati antichi;
siamo quasi alla vigilia dello “sventramento” del 1971 e già si annunciano
progetti, ristrutturazioni e delocalizzazioni; una seconda morte nel romanzo,
non attuale ma “annunciata”, anche adesso restituendoci mirabilmente la
Parigi che qualcuno di noi conobbe “prima” e oggi ritrova solo nei libri di storia
e fotografia: “nel giro di pochi anni Le Halles sarebbero sparite, i padiglioni
smontati come giocattoli”. Il vino che accompagna spesso i pasti è vario e mai
ordinario: Gamay d’Auvergne, Chanturgue, bianco rosé di Corent o di
Sauvagnat; poi acquavite o armagnac. Molto in sottofondo il necessario
accompagnamento musicale da funerale.

***

Antisemitismo e identità ebraica. Scritti 1941-45
Hannah Arendt
Traduzione di Graziella Rotta
A cura di Marie Luise Knott
Prefazione di Enzo Traverso
Politica e filosofia
Einaudi Torino
2025 (edizione tedesca 2020, 1° ed. it. Edizioni di comunità 2002)
Pag. 199 (e venti di prefazione e nota introduttiva) euro 21

Anche dopo l’ascesa del Nazismo e durante la guerra, molti ebrei fuggiti negli Stati
Unit
i restavano senza cittadinanza, di fatto “esclusi dall’umanità”, paria rispetto alla
comunità politica. La straordinaria filosofa Hannah Arendt (1906 – 1975) si trovava
proprio a New York; scrisse una quarantina di articoli per “Aufbau”, settimanale di
lingua tedesca lì pubblicato; qui raccolti postumi nel volume “Antisemitismo e
identità ebraica” suddiviso in tre parti: La Guerra ebraica che non ha mai avuto
luogo (ottobre 1941 – novembre 1942); Tra silenzio e mancanza di parole (febbraio
1943 – marzo 1944); L’organizzazone politica del popolo ebraico (aprile 1944 – aprile
1945). Parole sagge e articolate, illuminanti e di drammatica attualità; evidente la
critica al sionismo che non cercava il dialogo con i vicini arabi; “oggi sono arrivati i
tempi terribili in cui ogni giorno si dimostra che la morte dà inizio al suo governo del
terrore”. Bibliografia finale sull’autrice e utile indice dei nomi.

***

La gatta ci ha messo lo zampino
Dolores Hitchens
Traduzione di Chiara Rizzuto
Romanzo giallo
Sellerio
2025 (1° ed. 1943, Catspaw for Murder o Cat’s Claw)
Pag. 272 euro 15

Los Angeles e Crestiline, gennaio inizio anni Quaranta. La garbata fantasiosa
scrittrice
Julia Clara Catharine Dolores Birk Olsen Hitchens (San Antonio, Texas,
1907 – Orange County, California, 1973) dal 1938 ha pubblicato una cinquantina di
romanzi, “La gatta ci ha messo lo zampino” è il terzo dei dodici cat mysteries che
Sellerio ha ottimamente iniziato a tradurre e presentare per il pubblico di lettori e
lettrici italiani, gattari e meno. Sono, infatti, incentrati (nel titolo e nella trama) sulla
gatta Samantha (dagli occhi verdi) dell’anziana cacciatrice di intrighi Miss Rachel
Murdock, qui settantenne. Le sorelle Rachel (curiosa) e Jennifer (ansiosa) ricevono la
lettera di Prudence Mills, la nipote di una vecchia amica, intimorita da fatti strani nel
suo paesino innevato. Rachel e Samantha partono e affrontano subito un’atmosfera
minacciosa (sfregi, biglietti indecifrabili, visite di sconosciuti, segreti), poi due
inspiegabili omicidi e l’annunzio di un antico pericoloso nemico.

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