E’ difficile davvero spiegare le ragioni di questa capitolazione: non c’è altro termine per definirla. Inutile girarci intorno.

Passo dopo passo una imbelle e pavida classe dirigente europea sta affossando l’idea stessa di Europa con scelte che avranno due conseguenze certe: una accresciuta e sempre più indiscutibile dipendenza dagli USA e il costo della fiera che sarà scaricato sulle spalle dei ceti popolari e del mondo del lavoro, o perchè agli impegni si farà fronte dirottando risorse enormi dalla coesione sociale e dagli investimenti o perchè si attingerà ad un ulteriore incremento del debito che, con i suoi effetti e il suo servizio, graverà ulteriormente sui bilanci dei singoli Stati, ovvero con un mix delle due cose,

C’è una evidente scelta nel nucleo di classe dirigente raccolta intorno alla presidenza americana, altro che problemi di temperamento: gli USA si sentono in declino e minacciati e reagiscono facendo valere non la forza di una visione inclusiva e persuasiva ma la brutalità diretta del richiamo all’ordine, della forza del loro potente dispositivo militare. E dettano le condizioni. Non esistono accordi tra pari, neanche tra alleati storici: noi dettiamo legge e voi vi adeguate.

E l’Europa di adegua. Si accuccia. Minata dalle posizioni dei sovranisti che, contro l’idea stessa degli interessi nazionali sopra tutto e per ossequio politico, hanno strutturalmente indebolito ogni capacità di reazione adeguata europea: e qui davvero l’azione del Governo italiano delle destre è stata nefasta. Ma minata anche dalla debolezza politica della Germania che si è ulteriormente annichilita con il suo nuovo governo a guida centro-moderata ma con appoggio SPD. E minata dalla posizione dell’Inghilterra che pur fuori dall’UE, con l’Europa ha stabilito nuove connessioni ma al cui Governo non è parso poi vero di poter dimostrare la sua coerenza neo-atlantica.

E minata dalla mancanza di una visione politica che la faccia uscire dall’angolo in cui è.

Ha ragione da vendere Lucrezia Reichlin sul Corriere di oggi: le conseguenze di questa nefasta capitolazione saranno di lunghissimo periodo e potranno giungere, se non rapidamente corrette, a mettere in discussione la prospettiva stessa del progetto europeo in se’.

Nella strategia USA, l’Europa, terzo PIL mondiale e area ricca, diventa la gallina dalle uova d’oro sulla quale scaricare non poco della ricostruzione del primato americano. Intanto, già nello slogan MEGA c’è tutta una visione del mondo nella quale si annuncia non solo una strategia di confrontation a tutto campo con la Cina ma anche che non c’è spazio per una co-partnership europea, declassata, l’Europa, a continente di profittatori da ricondurre rapidamente all’ordine del nuovo ordine neoimperiale.

E così è l’Europa in quanto idea stessa che viene schiacciata dal peso politico ed economico impostole da Trump: in pochi mesi, 5% di incremento per le spese Nato, a cui l’Europa aggiunge 850 miliardi di euro di riarmo e ora l’Accordo testè annunciato aggiunge 600 miliardi di investimenti diretti dell’Europa negli USA ( il trasferimento cioè in blocco di tutti i nuovi progetti di apertura di centri produttivi e di servizio delle più grandi aziende europee non più in Europa ma direttamente negli Stati Uniti ); oltre 700 miliardi per acquisto di gas e petrolio americano; oltre 600 miliardi per acquisto di armi. A questo poi si aggiungono la conferma del 50% di dazi su acciaio e alluminio e il 15% praticamente lineare su tutte le esportazioni negli USA. E così, dopo aver drenato ricchezza da tutto il mondo per finanziare il suo debito, che è diventato esorbitante, ora, gli USA, drenano risorse dirette a sostegno della loro economia. Nel frattempo il dollaro ha perso con Trump circa il 15% del suo valore: questo vuol dire che già oggi per importare dall’estero gli USA devono spendere il 15% circa in più a cui si aggiunge il 15% dei dazi appena accordati. Quindi un prodotto europeo non deve scalare una barriera del 15 ma circa del 30% per raggiungere il mercato americano. Interessante oggi su questo il Manifesto con l’articolo di Luigi Pandolfi.

Se tiriamo le somme, stiamo parlando di un impegno che vale nei prossimi anni per l’Europa, più dell’equivalente dell’intero PIL italiano, oltre 2000 miliardi di euro che dall’Europa prendono la via degli USA.

Un fatto enorme sotto il cui peso l’Europa viene schiacciata e va in frantumi. Esplode socialmente. E viene azzerata come soggettività globale.

Del tutto insostenibile.

Eppure, su questo si sta procedendo.

A questo ci stanno conducendo le illuminate classi dirigenti della stagione neoliberista europea. Con concorso attivo ancora oggi del Partito del Socialismo Europeo che sostiene l’attuale Commissione.

Ecco quanto invece ci sarebbe bisogno di un’altra Europa, con altra visione, capace di fermare Israele nel genocidio a Gaza ( così lo definiscono anche importanti e coraggiose ONG israeliane ); capace di difendere l’Ucraina anche costruendo un proprio terreno di confronto con la Russia; capace di costruire intese con i BRICS là dove cioè invece la politica americana impedisce di guardare; capace di investire quelle risorse invece sulla costruzione di un inedito e inclusivo modello sociale; capace di investire nel recupero del gap tecnologico e di decidere alti standard di vita e di diritti a casa propria, per indurre tutti a salire a quel livello invece di scendere noi ai livelli più bassi di tutela dei diritti e del lavoro (vedi da ultimo proprio i morti di Napoli come quelli di Brandizzo di ieri e di tutti i luoghi di lavoro ).

Ma chi incarna oggi questa idea di Europa così necessaria ma anche così lontana?

Piccoli siamo diventati.

E gli industriali italiani si consolano chiedendo il recupero per mano pubblica dei miliardi che i dazi gli fanno perdere ( e sempre il lavoro paga….). E il PD continua nelle sue dichiarazioni giustamente polemiche con il Governo ma nulla muove nella costruzione di un altro profilo suo sull’Europa , sul suo ruolo, in discontinuità con le sue stesse posizioni del trentennio e degli ultimi trenta giorni.

Von Der Leyn rimane ancora la Presidente sua e del PSE.

I fatti dimostrano che galleggiare in tempo di tempesta non si può e la nave si sfascia.

Gianfranco Nappi

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