Il cinema di Romolo Guerrieri. Viaggio nel film di genere italiano
Volume II, Le regie
Giuseppe Costigliola
Cinema e Storia
Edizioni Il Foglio Piombino, La Cineteca di Caino
2025
Pag. 706 euro 20

Roma e dintorni. Dagli anni Cinquanta e Sessanta ai giorni nostri. Romolo
Girolami nasce a Roma il 5 dicembre 1931, è divenuto conosciutissimo
sceneggiatore e regista come Romolo Guerrieri, uno pseudonimo del cognome
scelto individualmente ma all’interno di un’intera famiglia di protagonisti del
cinema italiano del Novecento, in particolare e per primo il fratello maggiore
Marino Girolami (1914-1994). Loro padre Giuseppe era nato a Roccafluvione
(Ascoli Piceno) nel maggio 1886, decise presto di trasferirsi a Roma,
conoscendo nella comune emigrazione Lucia Guerrieri, tre anni più giovane. Si
sposarono nel 1910 nella chiesa di San Giuseppe (Nomentano), lui cuoco e
giardiniere tuttofare (di fede socialista), lei domestica presso famiglie
facoltose, più tardi aprirono una pescheria. Nacquero tanti figli, fra annunci e
traversie di guerra: Francesco (luglio 1912), Marino (febbraio 1914) ed Ester
(gennaio 1916), Remo (dicembre 1925), Romolo infine. Il secondogenito si
sposò già nel 1934 con la 17enne Elena, era un ottimo pugile ma aveva un
soffio al cuore, aprì una palestra e aiutò una signora ebrea (che gli insegnò
inglese, francese e tedesco), faceva il massaggiatore terapeutico e aiutò il figlio
di Anna Magnani. Grazie anche a lei entrò nel mondo del cinema divenendo
noto subito (dal 1942) e presto famoso come soggettista, aiuto regista e
regista. Fu il suo successo a suggerire a fratelli, figli e parenti di scegliere
pseudonimi per le loro carriere. Romolo crebbe negli anni Trenta in pieno
regime fascista, da piccolo contrasse la poliomielite, abbandonò il liceo per un
istituto professionale, amava il pugilato e la scrittura. La vicenda professionale
di Romolo incrocia la storia del cinema italiano per tutti i decenni successivi.
Il giornalista, traduttore (ottimo, fra gli altri di Winslow, Oates e Hunter),
critico letterario e cinematografico Giuseppe Costigliola (Formia, 1964) ha
realizzato una straordinaria operazione culturale: la biografia di un grande
lucido uomo di spettacolo a pochi anni dal compiere un secolo di vita, la
connessa storia del cinema (non solo italiano) nella seconda metà del
Novecento, un intreccio riuscito fra memorie personali e ricerche d’archivio,
con testimonianze e verifiche intorno a tanti “mostri sacri” del nostro
immaginario collettivo (non solo al personaggio principale). Nel primo volume il
bravissimo autore ha raccontato Guerrieri e il cinema italiano dal 1952 al 1965,
fino alla vigilia del primo film da regista, 7 magnifiche pistole. In questo
godibile meticoloso secondo volume le cinque parti descrivono la carriera, i
percorsi creativi e l’analisi del tanto cinema realizzato nel quarantennio
successivo: La trilogia western (fino al 1967); La quadrilogia del ’68, un sexy
giallo-thriller, un noir riletto, una commedia, una struttura gialla a flashback;
Gli anni Settanta, film polizieschi, storico-politici, trasposizioni da Scerbanenco,
spy-stories, divertissement; Il crepuscolo, dalla commedia scollacciata (1982),
alla fantascienza (1984) e al successivo sodalizio con Duccio Tessari (1990-
1992); Non solo cinema, ovvero la realizzazione anche di spot (carosello) e
documentari. L’autore ha intervistato Romolo (da luglio 2021) e tanti altri, ri-
visionando pure i film con loro; ha consultato fonti primarie come agende di
lavoro, fotografie e documenti polverosi; ha studiato fonti secondarie come
annuari e manuali, saggi e libri di ricordi; ha intrecciato eventi, reperti,
aneddoti con una narrazione fitta che alterna la biografia cronologica, frasi
raccolte in prima persona (registrate e verbalizzate), digressioni sulle
personalità più note, note storiche e sito-bibliografiche, colti appunti personali.
Lungo il percorso qualche inserto fotografico e la filmografia 1966-1992.
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Rimorsi
Enrico Pandiani
Noir Hard-boiled
Rizzoli Milano
2025
Pag. 323 euro 18.50
Torino. Giugno 2025. Martedì 18 la bella malgascia Sanda (di incarnato scuro)
si veste da puttana e si fa seguire da quattro energumeni dentro una fabbrica
abbandonata in una zona di periferia. Sa che nell’ultimo mese hanno picchiato
a sangue tre prostitute di colore, due le hanno mandate in rianimazione, una è
ancora in coma. Non si aspettano che lei sia esperta di aikido così li mena ben
bene, fotografa i loro documenti e li minaccia se cercheranno di continuare a
fare i bulli razzisti. Sul più bello arriva il Numero Uno che l’aiuta in un
momento delicato, è lì per parlarle, mostra alcune foto, intende affidare un
nuovo incarico a lei e agli altri tre amici latitanti che sta ricattando: devono
scoprire come e perché Teresa Fissore sia finita incaprettata e probabilmente
sepolta viva dentro un muro, i resti trovati per caso nel 2008, l’identità
scoperta per caso da pochi mesi. Sanda vorrebbe mandarlo a quel paese, ne
discute con gli altri tre, hanno opinioni diverse, alla fine decidono di avviare
una qualche indagine, non ne possono più però di quella situazione che li
vincola alla persistente incertezza. Capiscono subito che i due recenti
investimenti mortali di una signora probabilmente legata a Teresa e di un
olandese scalcagnato sono connessi al cold case, d’altro parte in entrambe le
occasioni c’è uno stesso biglietto che fa riferimento a “quello alto”. Situazione
ingarbugliata, ci sono pure di mezzo complicati intrecci familiari e incontri nei
club privé, fino all’ultimo ci capiranno poco e un po’ tutti e quattro rischieranno
la propria vita e il dolore di chi hanno accanto.
L’ottimo grafico editoriale, illustratore, sceneggiatore e scrittore Enrico
Pandiani (Torino, 1956, esordio noir nel 2009) ha vinto il Premio Scerbanenco
2022 con il primo romanzo di questa nuova serie (introdotta accanto a quelle
Les Italiens e Zara Bosdaves), ora siamo giunti alla quarta avventura. I quattro
protagonisti piacciono e anche questa storia è godibile, un giallo hard-boiled
narrato in terza persona varia (talora su altri personaggi, pure la mente
criminogena), attraverso quasi una cinquantina di capitoli il cui titolo è perlopiù
l’ultima frase di ogni testo. Va a compimento pure la storia parallela
commissionata dall’avvocato Teodoro (amico di Max e compagno di Abdel) per
“rendere migliore la vita di un gruppo di persone”; lo scaltro vecchietto
Numero Uno era coinvolto e non potrà che tenerne conto. Qualcuno ha rimorsi
(da cui il titolo), altri no, il dipanarsi concitato dell’indagine consente di
ripercorrere le biografie soprattutto di Sanda Jordano (violata a Bordeaux e
Parigi) e di Max Ventura (da una parte sbagliata della barricata), ormai da
qualche anno più sereni accanto a Salvo e Federica, rispettivamente. Resta un
grande affettuoso affiatamento nel gruppo, Abdel fa la sua parte, molto si
adoperano pure l’alsaziana Vittoria con la vivace figlia informatica Matilde e la
compagna poliziotta Elettra. Tutti e quattro nacquero in realtà con altri nomi e
cognomi, sono ex detenuti francesi, scappati, latitanti e fuggiti in Italia da
quasi venti anni. Vino (bianco), prima del delicato pranzo fanno assaggiare a
Teodoro Cinerino Langhe DOC bianco di Abbona. Ovviamente vari superalcolici.
Numero Uno canticchia Schubert, nel locale gorgheggia Amy, dopo il tentativo
d’investimento col furgone Max e Vittoria si leccano le ferite al bar con rum e
Dave Brubeck.
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Missione confidenziale
Graham Greene
Sellerio Palermo
2025 (orig. 1939)
Con una nota di Dario Ferrari
Cura e postfazione di Domenico Scarpa
Trad. Adriana Bottini
Pag. 380 euro 16
Dover e poi Londra, appena prima della Seconda guerra mondiale. Arriva in missione
da un paese sconvolto dalla guerra civile il buon D., agente segreto, già professore di
lingue romanze. Il suo governo (repubblicano) ha bisogno più di carbone fossile che
di carri armati. Lui ha un senso di giustizia profondo e non accetta i “corollari” dei
conflitti armati, in patria e là per il mondo. Invece, intrighi e corruzioni coinvolgono
soprattutto gli individui di cui dovrebbe “fidarsi” di più. È una preda, dovrà fare di
necessità virtù, diventare predatore. Gli dà una mano solo la giovanissima capricciosa
ingenua Rose, ma sarà dura. “Missione confindenziale” è narrato in terza, il vero e
falso mondo delle spie, l’ambiguità dell’amore. Lo straordinario girovago Graham
Greene (Berkhamsted, 1904 – Corsier-sur-Vevey , Svizzera, 1991), giornalista e
agente al servizio di Sua Maestà, fin dai primi romanzi ci accompagna mirabilmente
sull’orlo della barbarie armata, fra sentimenti, desideri e paure.
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La donna della mansarda
Davide Longo
Noir
Einaudi Torino
2025
Pag. 344 euro 19
Torino. Ottobre 2013. Il calvo 56enne commissario Arcadipane, viene chiamato
d’urgenza, i corpi sono stati ritrovati. La vera questione riguarda soprattutto perché
sia scomparsa la 37enne Tina Bottero, celebre talentuosa famosa pittrice che da
tempo viveva liberamente rinchiusa all’interno del proprio appartamento studio
all’ultimo piano della Prora, bizzarro strampalato palazzo progettato dal bisnonno
architetto. Allontanamento volontario? Un anno e mezzo dopo, Muriel, bella tuttofare
agente e confidente dell’artista, chiama il grande amico e mentore del commissario,
Corso Bramard. Lui è turbato sia dai quadri che dall’intrigante interlocutrice donna,
ne parla con il complementare poliziotto, “La donna della mansarda” va trovata, le
ferite sono aperte, loro lavorano in coppia, la narrazione è in terza al presente. Quinto
bel romanzo dell’azzeccata serie (iniziata nel 2014) per il bravo multiforme scrittore
torinese (anche per bambini) Davide Longo (Carmagnola, 1971, esordio nel 2001).
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I vedovi
Pierre Boileau e Thomas Narcejac
Traduzione di Giuseppe Girimonti Greco ed Ezio Sinigaglia
Polar Noir
Adelphi Milano
2025, (orig. 1970, prima ed. Giallo Mondadori Milano, 1998; seconda Sellerio, 2006;
con la stessa diversa traduzione)
Pag. 172 euro 18
Parigi. Anni Sessanta. Serge è sposato con Mathilde; gode di una gran gelosia,
furibonda, autoalimentata, incontrollabile; lo porterà all’omicidio. Il protagonista
racconta in prima al passato. Ulteriore splendido romanzo “diabolico” per Pierre
Boileau (1906-1989) e Pierre Ayraud, detto Thomas Narcejac (1908-1998), che,
prima di lavorare assieme, avevano scritto ciascuno numerosi romanzi e racconti, più
volte premiati, e si erano impegnati in acute riflessioni critiche sul genere poliziesco.
Il loro “scopo” era montare e smontare il meccanismo che incastra realtà e incubo,
mescolarli e confonderli. “I vedovi” non arriva per la prima volta in Italia, eppure
l’encomiabile scelta Adelphi di ripubblicazione resta feconda. Il noir è un “genere”
con dinamiche nazionali, quando sia nato in Francia è difficile stabilire una volta per
tutte (in Italia comunque dopo), questi due straordinari scrittori c’entrano molto. Da
leggere e rileggere, con angosciosa suspense e criminale divertimento.