Ai confini del mondo. Storie da isole lontane
Marco Lupis
Geopolitica insulare
Il Mulino Bologna
2025
Pag. 281 euro 18
Pianeta terra. Puntini, capocchie di spillo, atomi geografici, ecosistemi sperduti.
Alcune isole sparse nella vastità degli oceani rappresentano, forse, l’ultima
frontiera dell’avventura. Inaccessibili e dimenticate dalle rotte principali,
rimangono fuori dai radar della vita quotidiana. Luoghi lontani da tutto e
spesso immersi in un clima ostile; francobolli sulla superficie dell’enorme
interconnesso bacino oceanico, di acque e di mari che, per essere raggiunti, a
volte necessitano ancora di giorni di viaggio in nave. Probabilmente sono
irrilevanti nel contesto socioeconomico mondiale, tuttavia pensiamoli come
microcosmi, specchi che riflettono sfide globali: il cambiamento climatico, i
conflitti geopolitici, la conservazione della biodiversità, e anche la
sopravvivenza delle culture umane in condizioni estreme come metafora
dell’intera esistenza sapiens. Il viaggio verso le isole e il concetto di insularità
hanno da sempre esercitato un fascino particolare su scrittori, filosofi e
pensatori, intrecciandosi con temi che spaziano dall’isolamento alla scoperta,
dall’utopia alla riflessione esistenziale; una molteplicità di significati che
variano a seconda delle epoche storiche e delle dinamiche sociali; da un lato
una separazione dal mondo ordinario, dall’altro un luogo privilegiato per la
sperimentazione, l’introspezione e la creazione di nuove narrazioni. Le isole
occupano un posto centrale nella mitologia e nella letteratura, innanzitutto
greca e romana. Il Rinascimento ha poi spostato l’accento dalla dimensione
simbolica a quella filosofica. Successivamente, le letterature nazionali e
l’antropologia hanno ampliato la dimensione epica e lirica con ulteriori
consapevolezze identitarie e scientifiche, mantenendole uno dei simboli più
potenti e versatili del nostro immaginario culturale.
L’esperto giornalista Marco Lupis (Roma, 1960) è stato per oltre trent’anni
inviato di guerra, fra l’altro a lungo corrispondente da Hong Kong per la Rai e
per le maggiori testate italiane. Raccoglie ora in questo vivace curioso volume i
resoconti dei suoi viaggi in alcune delle isole più remote, combinando
narrazione giornalistica, approfondimenti di personaggi e vicende storiche,
descrizioni evoluzionistiche e paesaggistiche, sempre accanto ad acute
esperienziali riflessioni personali, ben “oltre le carte geografiche”. Ovviamente
non si parla del nostro piccolo mar Mediterraneo, mai “remoto”, confine liquido
di continenti, migrazioni, civiltà, religioni, commerci. Correttamente l’autore
distribuisce isole e arcipelaghi in quattro parti quasi ai confini del mondo (da
cui il titolo). La prima riguarda il Pacifico infinito: Le Curili; Sachalin; Le
Marchesi; Pitcairn; Nauru; Mindanao; Le Figi (e le Salomone); Le Molucche. La
seconda parte narra gli Abissi dell’Atlantico: Tristan de Cuhna; Ascension
Island; Sant’Elena; Trindade; Machias Seal Island. La terza parte affronta
alcuni Margini dell’Africa: Socotra; Le Comore e Mayotte; le isole Sparse;
Timor. Infine la quarta parte accenna a Terre di Giacchio e Fuoco, al Sesto
Continente: Deception Island, Pelagosa (epilogo). Nell’insieme abbiamo
diciannove intensi godibili capitoli prima dell’utile indice dei nomi, dei luoghi e
delle cose notevoli. Frequenti i riferimenti alla schiavitù coloniale e alle
migrazioni forzate, verso e da quelle isole e quegli arcipelaghi; più sporadici i
cenni alle funzioni pure terribilmente detentive di alcuni di quegli ecosistemi
insulari.
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Gli assassini dell’alba
Michel Bussi
Traduzione di Alberto Bracci Testasecca
Giallo
Edizioni e/o Roma
2025 (orig. 2024, Les assassins de l’aube)
Pag. 383 euro 18,50
Valerio Calzolaio
Guadalupa, Francia, Atlantico caraibico. Una settimana di primavera 2024.
All’alba di domenica 7 aprile il ricchissimo Jacob Santamaria sguazza come un
bebè paffutello, bimbo di oltre sessant’anni e di oltre cento chili, vicino alle
magnifiche biodiverse rive, abbastanza distante dal suo yacht ancorato al
largo, oltre la barriera corallina. La fedele moglie Damienne e l’amico avvocato
Allan lo aspettano sul ponte del Karukera, vede che qualcuno sta nuotando
verso di lui, occhi sconosciuti e rabbiosi, poi un dolore gli squarcia il polmone,
una fiocina lo uccide. Dopo poco arriva dalla barca direttamente al prefetto una
segnalazione di scomparsa, tra la foresta di mangrovie e il Grand Cul-de-sac
Marin. Il brigadiere di turno chiama il 44enne comandante Valéric Kancel, capo
della polizia di Point-à-Pitre, originario dell’area ma tornato solo da qualche
mese per almeno rivedere la madre in coma (e presto deceduta per cancro alla
laringe), dopo oltre venti anni di servizio in madrepatria; in Normandia ha
lasciato la ex moglie e i suoi due figli Rose e Gabin, 18 e 20 anni; ha gli occhi
azzurri e chiari crespi capelli, i genitori meticci (Valérie ed Éric) invece li
avevano nerissimi, è uno chabin, incarnato biancastro e lineamenti negroidi.
Intanto, un vecchio creolo al porto sembra avere un’allucinazione, parla di un
morto vicinissimo e di sangue sulle scale. Effettivamente a pochi metri di
distanza, in cima alla Scala degli schiavi giace proprio un corpo nudo con la
fiocina in mezzo al petto. In quel momento i due capitani di polizia erano
diversamente affaccendati: Jolène Dos Santos a un aperitivo con il contatto
occasionale Tinder, se ne era già stufata; Amiel Ouassou a pranzo dai genitori
del compagno, il quale si conferma ancora reticente a segnalare il legame
omosessuale. I tre poliziotti accorrono, trovano un biglietto con il nome di uno
schiavo senegalese lì forzato e morto nel 1663. Si avvia una lunga inarrestabile
catena di omicidi all’alba dei giorni successivi, sempre annunciati dal vecchio.
Lo scrittore già professore di geografia all’università (in aspettativa dal 2016)
Michel Bussi (Louviers, 1965) vive sempre a Rouen in Normandia e pubblica
ottimi gialli di successo da quasi una ventina d’anni (avendoli cominciati a
scrivere ben prima). L’autore fu discreto studioso della sua disciplina
(specialista di geografia elettorale), continuando a prestare attenzione lirica e
scientifica agli ecosistemi, in particolare insulari, qui una splendida parte
dell’arcipelago delle Antille, mar dei Caraibi, dipartimento francese, con
qualche carcere sulle isole ovviamente. I quasi venti romanzi pubblicati hanno
una precisa ricostruzione dei “luoghi”, veri o immaginati, in cui sono ambientati
e una notevole completezza di riferimenti alle specie vegetali o animali oltre
che ai confini istituzionali o amministrativi. La sua professione gli ha imposto
una maggiore attenzione nel trattare anche le altre discipline scientifiche,
comunque quelle biologiche. L’autore ha avuto straordinario successo in
Francia, è tradotto in decine di lingue, molto apprezzato in Italia. I suoi godibili
romanzi gialli sono “pezzi unici”, finora mai seriali: trame estremamente
arzigogolate con vari marchingegni letterari di difficile trasposizione e
replicazione, scritture da scienziato geografo, più che da sceneggiatore
sincopato. In copertina un incendio e le catene; il titolo riassume la trama,
immotivati omicidi alla stessa ora di uomini e donne apparentemente non
connessi fra loro; chi uccide lascia tracce e forse vuole solo depistare, ha un
meticoloso piano vendicativo evidentemente; arrestare subito l’anziano mago
ciarlatano si rivela inutile, lui vaticina pure dietro le sbarre. In esergo e in vari
momenti della vicenda richiamo ai versi del grande Aimé Césaire (1913 –
2008), poeta scrittore militante francese, originario della Martinica. La
narrazione è in terza varia al presente, sugli investigatori (principalmente su
Valéric, che aveva dovuto denunciare il padre violento), con rari intervalli o
brevemente in prima su chi uccide, o di articoli informativi del locale sito
sanamente ribelle, firmati dalla nera e bruna giornalista Marie-Douce Madou
Lénervé, che avrà un crescente ruolo nella vicenda. Spesso giustamente si
ricordano i crimini dello schiavismo e del colonialismo, pure in quel contesto
spiccatamente meticcio. Tanto rum, più e meno secco o aromatico. Col vino
venezuelano pare vada benino il sottofondo jazz.
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La morte non paga doppio
Bruno Morchio
Noir
Rizzoli Milano
2025
Pag. 231 euro 17,50
Genova. Novembre. Mariolino Migliaccio o l’è o ciù mëgio càn da trìfole in sce-
o-mercôu, è il miglior segugio sulla piazza, anche se vive come un barbone e
viene chiamato fottignin scotizzoso, ficcanaso sporcaccione. Dorme nella
fredda stanza di una pensione, tugurio con bagno in comune, in vico degli
Stoppieri (sopra la magnifica antillana Fatima lavora da escort per il pappone e
fidanzato Solinas). Lui ha 33 anni e ben studiato fino al diploma, quando la
madre Wanda (prostituta) era viva, poi 15 anni prima l’hanno uccisa e da
allora ha saltato molti pasti. Vivacchia nell’attesa di trovare chi l’ha reso
orfano; considera ufficio un tavolo d’angolo di un’osteria di vico San Sepolcro,
un altro carruggio; gestisce un’agenzia abusiva per indagini non autorizzate,
riservate e con parcella esentasse liquidata cash. L’ultimo incarico (offertogli
furbescamente dal vecchio gangster protettore della mamma) gli ha comunque
reso diecimila euro, ha rinnovato il guardaroba, mangia decentemente, si
toglie qualche sfizio. E decide di poter lavorare gratis se serve ad aiutare
qualcuno: lo contatta la piccola selvatica scura 17enne albanese Milca Hoxha,
che lui era riuscito ad affrancare da un bordello di lusso, ora va a scuola e vive
presso l’anziana prostituta Soledad (già amica di sua madre). Gli parla della
bella 25enne cugina Alina, un mese prima rimasta vedova con un figlio piccolo
Michelino: non è convinta che il (pur manesco e infedele) marito sia morto di
overdose sotto le mura del forte a Sampierdarena. Mario contatta il 50enne
Tonino Spaggiari, ispettore della Squadra mobile, romanaccio di Pietralata,
solitario sovrappeso scorbutico e spesso alticcio. Non si piacciono ma finiscono
per collaborare, c’è qualcosa di strano nella morte di Anton Mitrescu, occorre
indagare nello sporco pericoloso mondo dei subappalti, del lavoro sottopagato
e insicuro. Ed emerge poi anche la traccia di una sconosciuta sorella della
propria madre, c’entra la serendipità, accidenti!
Bella conferma della nuova serie per il grande scrittore Bruno Morchio
(Genova, 1954), psicologo pubblico in pensione e psicoterapeuta. L’immediata
“avvertenza” per il lettore è essenziale: il titolo rimanda a un altro dei gialli più
intriganti del Novecento, Double indemnity di James M. Cain, uscito nel 1943,
nel 1946 in Italia, ispirato a una storia vera, portato al cinema da Billy Wilder
nel 1944 (sceneggiato dal regista e da Chandler), La fiamma del peccato nella
versione italiana e nella prima traduzione editoriale, poi ristampato come La
morte paga doppio. Il doppio sta nel titolo originale e la questione ritorna di
continuo nell’avventura di Mariolino Scotti, narrata in prima persona al
presente: cosa quanti e come si viene “pagati” dall’uccidere. Il protagonista
ricorda il nonno partigiano e cerca l’omicida della madre Wanda Lagomarsino
(caso archiviato malamente) e questo sembra il filo conduttore della serie
(insieme ad altri sviluppi emotivi che restano opportunamente in sospeso,
come Fatima Milca Alina), intrecciato nel romanzo intorno ai temi dello
sfruttamento maschile delle donne e dello sfruttamento imprenditoriale del
lavoro edile (operaio), all’origine di tante schiavitù e sopraffazioni, di
innumerevoli misfatti. Vi sono ben presto un crudele pestaggio verso chi
potrebbe denunciare, omertà e complicità dentro o fuori i cantieri, un altro
omicidio commissionato, botte minacce depistaggi. I personaggi parlano tutti
lingue meticce, a loro modo, continuo l’intercalare in genovese, spagnoli,
albanese e romanesco, in un impasto curato e riuscito. Il luogo meraviglioso di
Genova dove incontrarsi sono i Giardini Luzzati, “un’oasi, uno spazio dove si
battono altri sentieri rispetto al guadagno facile garantito”, con anche un’area
archeologica interna. Mario predilige la sambuca con la mosca e il vino della
casa (questa volta assaggiando pure Orvieto, Primitivo, Vermentino, Nero
d’Avola), beve o vede bere molto altro, incrociando locali e osterie dentro e
fuori lo splendido centro storico genovese. S’inizia con Coldplay, jazz,
Beethoven, finché alla fine irrompe Paolo Conte alla fermata della metro.
Wanda ha ben curato i gusti del figlio, che fra l’altro ama la grande letteratura
russa e francese dell’Ottocento, è addirittura patito di Montale, Simenon e
gialli.
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Corrispondenze (1950 – 1988). Con Bobbio, Calvino, Galante Garrone, Gerratana,
Valiani e casa Einaudi
Paolo Spriano
Storia
A cura di Gregorio Sorgonà
Viella Roma
2025
Pag. 430 euro 32

Il partigiano e storico Paolo Spriano (Torino, 1925 – Roma, 1988) è stato un grande
studioso “laico” del comunismo italiano. Nel primo volume della nuova collana della
Fondazione Gramsci vengono presentate alcune sue “Corrispondenze (1950 –
1988)”, grazie alla donazione di “carte” e archivio effettuata dalla moglie Carla
Guidetti Serra. L’amplissima corrispondenza in entrata è stata incrociata con una
parte di quella in uscita, conservata presso altri istituti e fondazioni culturali,
selezionando lettere rilevanti dei carteggi più duraturi nel tempo e più significativi
nella biografia intellettuale di Spriano: Norberto Bobbio, Italo Calvino, Alessandro
Galante Garrone, Valentino Gerratana, Leo Valiani e casa Einaudi, componenti vitali
della cultura italiana della seconda metà del Novecento, in un intreccio fecondo con
vicende politiche nazionali e internazionali. Prezioso il lungo saggio introduttivo del
curatore Gregorio Sorgonà, ricercatore alla Normale di Pisa. Indice dei nomi.
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Le regole di Londra. Le indagini di Jackson Lamb
Mick Herron
Spy Noir
Feltrinelli
2025 (orig. London Rules, 2018)
Trad. Alfredo Colitto
Pag. 351 euro 20
Valerio Calzolaio
Regno Unito. 2017. Una serie di attacchi scuote il paese, questa volta gli assassini
seminano morte e devastazione in un villaggio. Alla sede dell’MI5 (colloquialmente
“Cinque”) c’è tensione. Vengono coinvolti anche i Brocchi, agenti per la sicurezza e
il controspionaggio, dotatisi di una macchia nel lavoro (crimini o danni di droga,
ubriachezza, lussuria, tradimento, incapacità); falliti o fregati, riuniti in attesa di
inevitabili definitive dimissioni; l’esperto Jackson Lamb in cima alla gerarchia,
guance cascanti e stomaco debordante, unti capelli biondicci pettinati all’indietro
sulla fronte alta, bastardo rude, grasso e pigro, insospettabilmente agile; solo una
porta, tre piani, quartiere Finsbury, vicino alla stazione Barbican della metro; in quel
periodo circa una decina. “Le regole di Londra” narra la quinta deliziosa avventura
della serie, meritoriamente pubblicata in ordine cronologico, il bravissimo autore
Mick Herron (Newcastle upon Tyne, 1962) è giunto all’ottava (2022).
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Il libro delle tasche
Gonzalo Maier
Romanzo
Traduzione di Vincenzo Barca
Sellerio Palermo
2025 (orig. 2017)
Pag. 191 euro 14
Cile contemporaneo. Chesterton ipotizzò un libro di poesie che parlava di cosa
trovava nelle tasche, “sarebbe stato troppo lungo e i poemi epici sono passati di
moda” (in esergo). Il giornalista e docente Gonzalo Maier (Talcahuano, 1981) tenta
la godibile fertile strada di racconti brevi, trattatelli quotidiani, narrazioni suggerite
dall’inconscio, a partire da oggetti portati in tasca. “Il libro delle tasche” ne
raccoglie una quarantina: pettinino (civettuolo), mappa del tesoro, volantino
(pubblicitario), appuntamenti del dentista, e via rintracciando, specchietto a due
facce, portafoglio e silenzio, fede matrimoniale tolta dal dito, numeretto della fila,
lettera d’un addio incompiuto. Incontriamo conoscenti o personaggi, testimoni di
singole “cose”, materiali e ideali. E sono anche l’Altro, il Delatore, chi ci contraddice
sempre. Una meditazione morale non accigliata, la sociologia del quotidiano, satira. Il
protagonista narratore racconta in prima al passato vari propri anni.