Adriana Buffardi, storica dirigente sindacale della CGIL , si è chiesta sulla nostra Chat come mai vi fosse una attenzione così debole sul risultato del quesito referendario sulla cittadinanza.

Credo che la domanda che lei ha posto sia più che giusta e metta a nudo un nervo scoperto della sinistra. Si potrà discutere fino a quando si vuole sull’opportunità politica del quinto quesito. Rimane il dato che il tema è stato posto ed è diventato ineludubile.

E qual’è il nervo scoperto che ha proposto?

A mio modo di vedere non è tanto quello su cui invece più ci si sofferma, a partire dalle analisi post-voto del Cattaneo: che ci fosse un pezzo di mondo popolare che, sui temi classicamente sociali, si esprime in modo coerente con una visione di sinistra e che su quelli invece della sicurezza come dell’immigrazione vede prevalere un misto di paura e di chiusura, non è cosa nè nuova nè recente.

Del resto, ci sono tanti operai e lavoratori precari nel voto a Lega e Fratelli d’Italia. O no?

Quello che invece il voto ha detto con forza è che continua ad esserci una contraddizione forte nella cultura politica della sinistra: tra un PD che rimuove e i 5Stelle che conservano un elemento di risposta securitaria.

Il voto dimostra che non è più tempo di rinvii, che devi affrontare di petto il tema e provare a costruire una tua visione, una tua narrazione come si dice ora. Provare a fare contro-egemonia, a prospettare altri modelli, a risalire la china.

Per quanto difficile e arduo sia. Non è certo un caso che su questo la destra americana batte in modo ossessivo ( sono queste le ore di Los Angeles e di Guantanamo per gli irregolari ),come tutte le destre in Europa e perfino un governo come quello laburista inglese.

Il problema è che per farlo devi sottoporre ad esame critico gli elementi robusti di cultura neoliberista che rimangono introiettati nel corpo vivo del centrosinistra: se non lo fai, sei disarmato di fronte alla offensiva della destra. E senza riorganizzazione tua, la notte non passa.

E per farlo hai bisogno di un pensiero politico che non si costruisca come mera stratificazione di dichiarazioni e prese di posizione per l’infinito talk che è diventato il dibattito pubblico, ma invece di un processo che parli ad esperienze concrete, e ce ne sarebbero tante da prendere a riferimento e da mettere ‘a sistema’; che sviluppi una sua profondità di analisi e di progettualità; che non corra sempre e solo sulla superficie.

In fondo, anche sui temi sociali non è cosa diversa. E così come va dato atto alla Segretaria del PD di avere avuto coraggio e fermezza sul merito dei quesiti, al tempo stesso, anche su questo terreno emerge l’esigenza di un processo profondo di ripensamento e di ricollocazione di analisi e sociale: mi sembra questo un tratto comune a tutti i contributi che abbiamo sin sin qui ospitato sulle nostre pagine.

E allora, cosa accade ora? Si imbocca questa strada con coraggio e determinazione?

Nel PD intanto. C’è al momento un equilibrio precario sempre sul punto di esplodere.

Io ho dei seri dubbi che il PD possa essere e diventare qualcosa di sostanzialmente diverso da quel che esso è ora: dove è al suo interno ad esempio una discussione sul suo costituirsi e organizzarsi come soggetto aperto e partecipato? Un tempo si sarebbe detto, forma partito o forma della politica. E lo stesso caso Campania non dimostra proprio un deficit clamoroso di pensiero su questo terreno? Da un polo all’altro: e l’affanno sul Piano già Rearm della Commissione Europea nei voti al Parlamento Europeo, fino ad un sostanziale suo via libera di cosa altro ci parla se non di insostenibilità di una politica in cui la tattica di gestione dell’esistente va in conflitto con il bisogno di respiro strategico nuovo e lo inibisce strutturalmente?

E discorso non dissimile vale per i 5S che fanno un discorso pacifista anche radicale e del tutto meritevole. Ma poi, proprio sul terreno delle immigrazioni, tema centrale per ogni visione del mondo e della società, si muovono con le accortezze del politicismo e dell’opportunismo più antichi e, diciamocelo, un po’ miserevoli.

E poi, si dirà che insisto, ma insisto: AVS mi appare sempre più sulla palla della contingenza politica ma sempre più in questa chiusa e limitata, senza aspirazioni altre, senza messaggi forti che pure potrebbero venire.

Dice, ma di questi tempi bisogna accontentarsi.

Ecco, è proprio questo il tempo che io vedo del tutto consumato.

In questo tempo invece, chi sia accontenta non gode. E perde.

Gianfranco Nappi

p.s. Continueremo a discuterne, anche su queste pagine, e intanto apriamo a questa discussione anche la nostra Berlingueriana Quarta Edizione con l’Assemblea che abbiamo lanciato per il 28 giugno mattina ad Acerra.

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