L’evoluzionista riluttante. Il ritratto privato di Charles Darwin e la nascita della teoria dell’evoluzione

David Quammen

Biologia evoluzionistica

Introduzione alla nuova edizione italiana di Telmo Pievani

Traduzione di Silvia Vivan

Raffaello Cortina Milano

2025 (1° ed. Codice 2008)

Pag. 272 euro 22

Inghilterra e mondo. Dal 1809 – 1882 in avanti. L’alto barbuto Charles Darwin occupa un posto particolare nella storia della scienza e della società. Il fatto che si tratti di un personaggio noto e centrale non significa (purtroppo) che sia compreso quasi del tutto da quasi tutti. Viene spesso dato per scontato, eppure il darwinismo non esiste proprio, chi studia ne fa a meno, chi prova a definirlo lo fa arbitrariamente. Era un biologo solitario: a volte ha commesso degli errori, a volte ha cambiato idea, a volte si è dedicato a questioni minori. Di certo, tutti i suoi scritti, anticipati da dati e informazioni raccolti nel primo lunghissimo splendido faticoso biodiverso viaggio di gioventù 1831-1836 (e dal diario che presto pubblicò), sono accomunati da un medesimo filo conduttore, risultato alla prova dei fatti una svolta discriminante nel pensiero scientifico: l’unità dei tutta la vita come riflesso dei processi dell’evoluzione. Molte relative interconnesse conseguenze concettuali continuano a dimostrarsi tutt’oggi valide, alcune altre non hanno superato la prova del tempo. Ecco perché conviene riflettere sulla svolta e poi esaminare le idee di Darwin singolarmente, piuttosto che cercare di raggrupparle sotto un marchio. La rivoluzione copernicana contro l’antropocentrismo non può dirsi conclusa, sta a noi e ai posteri continuarla, al proprio interno e collettivamente. Innanzitutto ribadiamo la teoria di Darwin (confermata da un secolo e mezzo di ulteriori prove biologiche e genetiche): la selezione naturale è un processo senza scopo ma efficace; impersonale, cieco al futuro; non ha fini, solo esiti; da variazioni disordinate, selezionale e accumulate, produce pragmatiche forme di ordine, sopravvivenza e successo riproduttivo, adattamenti complessità diversità.

Il grande giornalista, scrittore e comunicatore scientifico David Quammen (Cincinnati, 1948) non è un biologo e neppure uno storico, riconosce subito di non avere alcuna formazione accademica di tipo scientifico. Da decenni racconta la biologia evoluzionistica come pochi altri, alcuni aspetti verificati sul campo e la visione d’insieme discussa con tanti scienziati. La sua eccelsa opera su Darwin fu pubblicata nel 2006, quasi venti anni fa, e presto tradotta in italiano, nel 2008, ripubblicata ora con la stessa traduzione e l’ottima introduzione di Telmo Pievani. È qualcosa di più e meglio di una biografia, prende Darwin dal suo rientro in Inghilterra il 2 ottobre 1836, da quel momento non avrebbe più lasciato la Gran Bretagna. La maggior parte della sua attività scientifica, per il resto degli anni a venire, avrebbe implicato la lettura di articoli di ricerca, l’intrattenimento di rapporti epistolari, la sperimentazione dissezione osservazione dei terreni erbosi e boschivi situati nelle vicinanze, la perspicace riflessione. E una notevole riluttanza a far conoscere le proprie ipotesi pubblicamente (da cui il titolo), in parte connessa a un rigoroso abito di ricercatore scientifico e in parte dovuta anche all’affettuoso intenso legame con la molto credente cugina moglie, con la quale cresce una decina di figli e figlie, talora morti prematuramente (e talora nati psichicamente diversamente abili). Purtroppo per lei (se lo dicono quasi subito), al centro del pensiero e dei lavori di Darwin, vi è un difficile e inquietante materialismo. Il volume dell’autore statunitense resta imprescindibile se si ama la lettura e la vita, un colto incanto narrativo, impostato su capitoli cronologici (1837-1839; 1842-1844; 1846-1851; 1848-1857; 1858-1859; dal 1860 a oggi; 1876-1882). Ovviamente, i riferimenti alle isole e al migrare sono tanti e ancora stimolanti. Segnalo (per la prossima ristampa o edizione) che ormai l’aggettivo “americano” andrebbe doverosamente tradotto “statunitense” (lo si incontra innumerevoli volte), ancor più oggi. Per capire che i lombrichi non hanno il senso della musica, negli ultimi anni Darwin si fece aiutare dal suono di piano, contrabbasso e zufolo ben curato da moglie e due figli. Poco prima di morire, il 19 aprile 1882 gli diedero alcuni cucchiai di whisky, gli piaceva. Utili la bibliografia (non aggiornata) e l’indice di nomi e opere. Dopo riprendete cortesemente in mano lo scienziato: per l’opera più famosa, L’origine delle specie, Quammen sostiene a ragione che va bene limitarsi alla prima edizione (novembre 1859).

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La furia
Alex Michaelides
Giallo
Traduzione di Manuela Francescon
Einaudi Torino
Pag. 323 euro 18,50
2025
b

Grecia, Egeo meridionale, arcipelago delle Cicladi, minuscola isola Aura (non
troppo distante
da Mykonos e Santorini). Molti anni fa. La sera in cui avvenne
l’omicidio soffiava un vento fortissimo. Imperversava furente su alberi e
sentieri, fischiava, gemeva, copriva e portava via ogni altro suono. Ecco,
comunque, tre spari in rapida successione. Fra le rovine in mezzo alla radura
c’era un corpo riverso a terra: la splendida famosa ex star del cinema
statunitense Lana Ferrar sembrava proprio morta, uccisa su quell’isola privata
di sua proprietà. Il primo ad arrivare fu il figlio Leo, poi tutti gli altri e le altre,
ma la tragedia non finiva lì, quello era solo l’inizio. Erano stati in tutto sette
“intrappolati” sull’isola: il narratore, Elliot Chase, magro di statura media,
capelli e occhi neri, naso grosso e mascella indefinita, infanzia terribile con
padre bruto, madre ubriacona e compagni bulli, quarantenne emergente
drammaturgo, vedovo della importante attempata romanziera Barbara West;
appunto Leo, diciassettenne aspirante attore, figlio del primo marito; l’amica
del cuore della proprietaria Kate Crosby, altrettanto bella cinquantenne attrice
di teatro, confusionaria indisciplinata inaffidabile, brillante carismatica
simpatica; il secondo e più giovane marito Jason Miller, attraente piccolo
imprenditore inglese, bello e robusto, occhi azzurro chiaro e capelli scuri; la
quarantacinquenne impeccabile discreta governante tuttofare originaria
dell’arcipelago, Agathi, la cui amata compianta nonna chiamava quel frequente
vento la furia; il custode e giardiniere Nikos, giovane pescatore vedovo. Gli
intrecci si sprecavano (Jason e Kate amanti, Elliot e Nikos ammaliati da Lana,
gli interessi e le parentele, tutto il resto), qualcuno uccise davvero.

L’ottimo scrittore cipriota Alex Michaelides (Cipro, 1977), padre greco-cipriota
e madre inglese, ha studiato Letteratura inglese all’Università di Cambridge e
Cinema all’American Film Institute di Los Angeles, con successo. Con i romanzi
ha venduto milioni di copie nel mondo, questa volta scrive un “giallo” e
ringrazia esplicitamente significativamente i quattro grandi autori “di genere”
che lo hanno ispirato: Agatha Christie (“mano implacabile e spietata”), Shaffer,
Patricia Highsmith, Ford (pseudonimo di Hueffer). Nel testo ci torna spesso su,
la narrazione è tutta in prima persona al presente, rivolta spesso a un “tu” che
gli sta accanto (o dentro) e talora in apparente terza, visto che descrive anche
quel che fanno o pensano gli altri, pure in sua assenza: “conosco bene le
convenzioni di questo genere letterario, so cosa dovrebbe succedere…
un’indagine per omicidio, una soluzione e poi un colpo di scena”, almeno uno
(qui più); “è il bello di ogni giallo a chiave, no? Ognuno può scommettere sul
cavallo che preferisce”; “la mia mano invece è tutto meno che ferma. È debole,
facile alle distrazioni, proprio come me. Disorganizzata e sentimentale. Non
esistono doti peggiori per uno scrittore di gialli. Grazie al cielo sono solo un
dilettante. Non è mai stato questo il mio mestiere”; “sarà solo un giallo a tinte
forti come tanti, da comprare in aeroporto, divorare in spiaggia e poi buttare
via e dimenticare prima di tornare a casa”. Suo malgrado, tuttavia, si tratta di
un bel romanzo. La furia del titolo non riguarda solo il vento, bensì un po’ tutti
i protagonisti, in vari momenti, ognuno a proprio modo. Ovviamente, vi è il
solito discutibile riferimento ai Neanderthal, quattro ragazzini crudeli che
perseguitano violentemente Elliot a scuola. Alcol in gran quantità, vino e
champagne caratteristici di quegli ambienti, ouzo vodka whisky. Nel pub il
pianista suona If Love Were All di Noël Coward, mentre i due si baciano,
ubriachi e chiassosi.

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È stato il figlio
Roberto Alajmo
Noir
Sellerio Palermo
2025 (1° edizione Mondadori 2005)
Pag. 271 euro 15

Palermo. Anni fa. Svolta nella famiglia Giraudo. Avevano acquistato una Volvo nera
con i soldi ottenuti per la morte della bambina, risarcimento destinato alle vittime di
mafia. Però il giovane malinconico Tancredi, durante una serata passata in giro con la
fidanzata, sfregia incautamente la fiancata dell’auto, accade una tragedia. Ora il
ragazzo si trova con il padre Nicola, patriarca indiscusso e professionista del
precariato ai limiti della legalità, sdraiato in mezzo al soggiorno della casa, morto
ammazzato da un colpo di pistola. Da dietro la porta del bagno sente solo
farfugliamenti: l’arrendevole madre Loredana, la logorroica nonna Rosa, lo sfuggente
nonno Fonzio. Poi ci sono le indagini, dubbi incertezze divagazioni, le prove iniziali
sembrano sgretolarsi. L’ottimo scrittore e giornalista Roberto Alajmo (Palermo,
1959) descrive la sua città efficacemente, tra commedia e tragedia. Dalla prima
edizione del romanzo “È stato il figlio” fu tratto un film nel 2012 con Toni Servillo.

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Merveilles aquatiques. L’art de représenter le vivant
Thomas Changeux, Daniel Faget, Anne-Sophie Tribot (a cura di)
Scienze multidisciplinari oceaniche e marine (in francese)
Editions mkf Parigi
2024
Pag. 166 euro 37 (grande formato, foto e illustrazioni)

Come è profondo il bacino oceanico. Da miliardi di anni e anche ora. Sotto la
direzione e con la cura di tre esperti studiosi, Thomas Changeux, Daniel Faget e
Anne-Sophie Tribot, oltre una ventina di antropologi, biologi, storici (più o meno
archeo, più o meno evenemenziali), pescatori, cuochi, artisti, fotografi, naturalisti,
etologi, genetisti, comunicatori scientifici, hanno realizzato un mirabile volume pieno
di scienza e arte, “Merveilles aquatiques”. Sono Ludovic Alussi, Joana Baço,
Françoise Barbe, Philippe Béarez, Cristina Brito, Massimiliano Bottaro, Guy
Charmantier, Miguel Clavero, Gaël Denys, Agnès Dettai, Florike Egmond, Muriel
Garsson, Aurélie Gerbier, Améthyste Graille, Clara Langer, Pierre Noël, Daniel
Pauly, Christian Qui, Olivier Raveux, Andrea Travaglini, Nina Viera, Ambra
Zambernardi, di varie nazionalità contesti specialismi. “Dipingono” soprattutto il
fascino dei pesci e degli organismi acquatici, di acqua salata e dolce, sfondo di
un’eccezionale biodiversità.

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