Delitto di benvenuto. Un’indagine di Scipione Macchiavelli
Cristina Cassar Scalia
Giallo
Einaudi Torino
2025
Pag. 313 euro 19

Noto, 21 dicembre 1964. Sta arrivando al commissariato di Pubblica sicurezza
di Noto,
in treno da Roma, un nuovo commissario trentenne, Scipione
Macchiavelli, elegante simpatico avvenente, trasferito in fretta e furia da Via
Veneto per una storia delicata nella quale si era coinvolto, dopo quattro anni di
sonnacchiosa direzione romana. Mentre il 28enne maresciallo vicedirigente
Calogero Catalano, di statura media e smilzo, biondo di capelli e baffetti, è in
procinto d’andare a prenderlo alla stazione di Siracusa, già stanco perché
dorme poco con i due figli neonati che ancora scambiano la notte col giorno,
improvvisamente si presenta la bellissima signora Maria Laura Vizzini, bruna
dagli occhi verdi, accompagnata dalla zia Filomena. Il marito 42enne Gerardo
Brancaforte, direttore alla potente locale Banca Trinacria, è scomparso, da due
notti non è rincasato; la moglie scoppia a piangere, deve pensare a cinque
picciriddi. Catalano le chiede di raccontare bene tutti i particolari all’alto
brigadiere Mantuso e si avvia con l’auto di servizio, una Millecento. C’è folla
all’arrivo dei treni, si tratta del periodo di ferie per le feste; si presenta al
binario anche il giudice Giuseppe Santamaria, alto piacente elegante allegro,
siciliano nell’animo con ascendenti romani da parte materna, trasferito a
Siracusa da pochi mesi, carissimo amico di Macchiavelli; lo accolgono con
calore, nonostante il freddo esterno. Il nuovo commissario deve presentarsi dal
questore e sistemarsi fra i netini, intanto gli hanno preso una stanza in una
casa a pensione, gestita da una coppia, i Verrazzo, Corrado e Corradina. Così
capisce pure chi è il patrono della cittadina, una meraviglia di salite e chiese,
palazzi nobili e sedi ufficiali (dal vescovado alla pretura e alle carceri). La
nostalgia scompare presto, si butta nell’indagine; il giorno di Natale vien fuori il
cadavere dell’uomo, maschio arrogante e furbo strozzino; cominciano presto a
emergere indizi e possibili colpevoli, districarsi però non è facile.

La brava medica oftalmologa Cristina Cassar Scalia (Noto, 1977) continua a
scrivere bei gialli, la notevole serie della vicequestora Vanina Guarrasi sta
andando a gonfie vele, finora nove romanzi ambientati a Catania fra il 2015 e il
2017 (pubblicati fra il 2018 e il 2024). Avvia ora una nuova serie nella città
natia, con un protagonista romano curioso ma inesperto di Sicilia e di delitti.
Ottimo inizio, scrittura acuta matura raffinata. La narrazione come di consueto
è in terza al passato, fissa (quasi) su Scipione, immediatamente alle prese con
un inconsueto benvenuto (da cui il titolo). Pare che la provincia di Siracusa
venga chiamata “babba”, ingenua, priva di malizia e forse di organizzazioni
mafiose. Tramite il libro contabile di Brancaforte possono risalire a tanti
insospettabili, malandrini e poveri cristi, indotti a indebitarsi anche per piccole
necessità finanziarie. L’attenzione nazionale è rivolta alle elezioni presidenziali
(Saragat viene eletto in corso d’opera, il 28 dicembre al ventunesimo
scrutinio), quella locale inevitabilmente si concentra sull’omicidio. Macchiavelli
fu impenitente (e penitente) donnaiolo nella capitale, madre fratelli sorelle lo
chiamano spesso, l’amico avvocato Primo Valentini si offre di portargli l’auto,
lui molto viene attratto dalla locale farmacista: Giulia Marineo, alta e castana,
occhi chiari e allegri, cordiale sorriso misurato, risulta un capolavoro di donna
nemmeno trentenne. Cominciano a darsi pure del tu, ma l’amico Beppe lo
avvisa della fama di lei, “inconquistabile”. Cominciamo così ad affezionarci un
po’ a tutti i personaggi, torneranno. Varie gazzose spesso di fianco agli alcolici,
vino o vermouth, marsala o Punt e Mes. Fumando insieme e ascoltando
Roberta, Scipione segnala a Giulia che ricorda benissimo quando Peppino di
Capri e i suoi Rockers iniziarono la loro carriera nei night di via Veneto, non è
certo ci faccia bella figura.

***

Le parole fanno il solletico
Daniel Pennac e Stefano Bartezzaghi con Yasmina Melaouah
Romanzo per ragazzi (e non solo)
Illustrazioni di Francesca Arena
Salani Milano (promozione discutibile)
2025 (originale parziale Les mots ont des oreilles, Le Robert 2021, con
illustrazioni di Florence Cestac)
Pag. 138, euro 16

In Francia (Vercors) soprattutto, modi di dire contemporanei. Dalla testa ai
piedi,
il nostro corpo è un vocabolario. Ogni parte è una parola, ogni parola è
parte di numerosi modi di dire, ogni modo di dire è un fiore di forma e colori
stranissimi. Entriamo, dunque, nel sorridente mondo del parlare figurato,
quando per parlare si usano delle immagini. Tre anni fa un grande scrittore
francese aveva pubblicato un lieto libello sulle espressioni più curiose della
propria lingua e poi ora, con l’aiuto della propria eccelsa traduttrice e con un
competente amico lo ha arricchito di tante altre espressioni curiose della nostra
lingua, talvolta discutendo delle differenze tra francese e italiano, o ragionando
su equivoci e incomprensioni tra una lingua e l’altra. Ecco un delizioso volume
a sei mani nella stesura, che diventano otto se si considerano anche quelle
essenziali di un’ottima simpatica illustratrice degli stessi modi di dire
(ovviamente differente da quella francese), per disegnare pure il ridere. Si
tratta qui di una cinquantina di storie intitolate ad altrettante “espressioni”, in
genere un verbo (perlopiù all’infinito) coniugato (quasi sempre) a una parte del
corpo umano. A chiacchierarne in brevissime esilaranti scenette sono talora un
Daniel in prima persona, i ragazzini Lollo (ama i film) Anna (la musica) Romeo
(il calcio) Lisina, ovviamente con i propri genitori fratelli sorelle e quelli della
famiglia del giovane coetaneo cugino italiano Marcello e ad alcuni altri
personaggi, come zia Frignola, il colonnello Balthazar o l’editrice Mélanie,
presente spesso un vecchio Nonnino in contatto con la tribù. E pure un piccolo
Zingo diventato ormai adulto, con mamma e papà che avevano sempre
registrato le parole via via da lui pronunciate, stranamente in ordine alfabetico,
da abacà (pianta filippina) a Zwingli Zingli Zinghi Zing Zingo: il relativo
vocabolario da “piccolo Zingo” fu chiamato Zingarelli, figurati tu!

Daniel Pennac (Casablanca, 1944) e Stefano Bartezzaghi (Milano, 1962)
firmano con Yasmina Mélaouah un giocoso libro da leggere insieme adulti e
bambini, in coppia o in gruppo. Non solo i muri, anche parole hanno orecchie
(da cui il titolo francese, non citato nei risvolti) e fanno il solletico (da cui il
titolo italiano), le relative espressioni figurate e raffigurate consentono sia di
ridere parecchio o “sbellicarsi” (viene da “bellico”, cioè l’ombelico, meglio
saperlo per non confliggere) che di riflettere ironicamente (anche
sull’evoluzione filogenetica). I dialoghi sono connessi fra loro da personaggi e
siparietti. Su, forza, proviamo! Per esempio a: Mangiare come un uccellino;
Sciogliersi in lacrime; Mettere i piedi nel piatto; Buttare un occhio; Mettere un
piede in fallo; Essere sordo come una campana; Avere il culo pesante;
Chiudere il becco a qualcuno; Avere la testa per aria (o le pigne in testa);
Rimettere l’anima; Aver mangiato un vocabolario; Averne fin sopra i capelli;
Mandare fuori di testa; Accettare a denti stretti; Usare mani e piedi; Far
sputare il rospo; Farsi venire i capelli bianchi; Montarsi la testa; Avere il cuore
in gola; Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco; Avere un grattacapo;
Prendere piede; Far saltare la mosca al naso; Non avere peli sulla lingua; Farsi
il sangue amaro; Essere sull’orlo delle lacrime; Metterci la testa (o
rompersela); Sentirsi piegare le ginocchia; Avere gli occhi più grandi dello
stomaco; Spaccare il capello in quattro; Avere la faccia di bronzo (o i nervi o
sangue freddo o una linguaccia); Diventare rosso come un peperone; Tirare
per i capelli; Cadere come una pera; Parlare a cuore aperto; Non rimangiarsi la
parola; Tenere a freno la lingua; Pagare sull’unghia. Infine, in una situazione in
cui uno non si accorge di qualcosa che ha sotto gli occhi, in italiano si può dire
di “avere gli occhi foderati di prosciutto”, mentre in francese di “essere delle
pecore guerce”. Fate voi, facciamo noi.

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Il cielo più pietoso è quello vuoto. Quindici voci di un’improbabile autobiografia
Eugenio Baroncelli
Microautobiografia
Sellerio Palermo
2025
Pag. 296 euro 15

Esistenze. Ovunque. Con il nuovo volume “Il cielo più pietoso è
quello vuoto”, lo scrittore ravennate Eugenio Dedi Baroncelli (1944)
gioca ancora splendidamente con le parole e con sé stesso, con singoli
propri Altri e le loro proiezioni. In esergo, troviamo alcune frasi su
due pagine diverse: la lirica dedica a Flavia e le citazioni di E.
Montale, Cicerone (due, De amicitia) e M. Atwood, quest’ultima: “Io
sono nata/Io sono/Io”. Rende l’idea. Poi avverte che il vocabolario
resta l’unico libro che giustifica questo suo (ancor più della sua vita) e
ribadisce che potrebbe aver raccontato cose che non sono mai
successe. Dopo un inevitabile prologo seguono una quindicina di
capitoli (da cui il titolo) e inevitabili appendici, tra riferimenti eruditi e
apocrifi saggi, futilissimi ricordi ed esperienze di lettura, fatti accaduti
ad altri scrittori e rivissuti in proprio, microracconti e aforismi, affetti
e gesti sfuggenti, frasi sempre dotate di una giocosa musicalità, non
solo personale.

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La sfida climatica. Dalla scienza alla politica: ragioni per il cambiamento
Antonello Pasini
Scienza
Codice Edizioni Torino
2025
Pag. 165 euro 18

Mondo contemporaneo. La crisi sempre più evidente del clima si palesa come un
problema complesso, globale, dotato di inerzia. Non possiamo più limitarci a pensare
alla soluzione di emergenze contingenti come quelle su cui, nel lungo corso
dell’evoluzione biologica, si è plasmato anche il nostro cervello. “La sfida
climatica” è innanzitutto culturale, secondo il bravo fisico climatologo del CNR
Antonello Pasini (1960), che, dopo l’introduzione, la aggiorna e articola in quattro,
ambiti: scientifico (ovviamente, il capitolo più lungo e articolato, l’esame dei processi
e dei metodi), “filosofico”, comunicativo e politico, concludendo poi con un quinto
capitolo dedicato alle azioni necessarie da mettere in campo. Mitigazione e
adattamento sono i due cardini su cui lavorare, siano essi acquisiti all’interno di
un’opportuna nuova visione del mondo o solo adottati (meglio e urgentemente) in
un’ottica puramente pragmatica. Note (e sintetici riferimenti bibliografici) a piè di
pagina.

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