Credo sia urgente spezzare una dinamica che stringe Napoli e la Campania in una cappa di conformismo e di assenza di un confronto reale tra istituzioni e società, restituendo alla politica la sua natura fondamentale di strumento a disposizione delle masse popolari per, unite e organizzate, contare e pesare nelle scelte fondamentali.
Da tempo la politica non è più questo.
E non lo è massimamente a Napoli e in Campania. Ma come è possibile che avvengano fatti gravi che coinvolgono direttamente la politica nella sua dimensione istituzionale e della rappresentanza senza che si apra una discussione vera, che le forze politiche si interroghino, che intraprendano percorsi reali di rinnovamento e di apertura?


Questo è il segno di una crisi strutturale della società non meno che della politica e la interroga nel profondo, soprattutto nelle sue componenti più dinamiche. In questo c’è anche il segno di un mondo del lavoro che ha subito un attacco sistematico a diritti e dignità salvo poi trovarsi tutti più esposti in una condizione di rottura di tutti i legami sociali e di precarietà diffusa.

Davvero da questo punto di vista la sfide dei Referendum del prossimo 8 e 9 giugno ha una portata possibile straordinaria e il successo avrebbe un impatto dirompente per le ragioni del mondo del lavoro e della democrazia.

E c’è il segno di una Accademia sempre meno protagonista di progettualità sociale e sempre più azienda tra le aziende e di una borghesia imprenditoriale più interessata agli affari sicuri e agli appalti che alla intraprendenza imprenditoriale e alla responsabilità sociale ed etica.


Quanto conta Napoli oggi nelle scelte fondamentali in un paese che esso stesso conta sempre meno?

In quali sedi si lavora non dico sulle risposte ma almeno ci si pone le domande?


Un Comune capoluogo di Provincia , poco più di un anno fa, Avellino, si vede coinvolto in una delicata inchiesta giudiziaria.
Una Provincia, Salerno, viene decapitata nella sua guida istituzionale.
Un Consiglio comunale, Caserta, e per la prima volta accade in Campania ad un Capoluogo di Provincia, viene sciolto per condizionamento camorristico.
E arriva una condanna per inerzia istituzionale dalla Corte europea per i Diritti Umani nei confronti dello stato della Piana Campana e le istituzioni campane, la città Metropolitana di Napoli e quella di Caserta non danno segni di reazione e il Governo non trova di meglio da fare che nominare un nuovo Commissario. Il tutto mentre Governo e Regione Campania mandano alle ortiche l’unico, al momento, progetto organico di rinascita ambientale di quel territorio varato con il Governo Draghi intorno ai Regi Lagni. E nel mentre si continuano a registrare livelli di inquinamento dell’aria da polveri sottili con pochi eguali in Italia sempre in quella Piana un tempo Felix in una inerzia isitituzionale denunciata alla Procura della repubblica di Nola.
Un intero Consiglio regionale ha violato la sua legge fondamentale, lo Statuto, non esaminando la Proposta di Legge di Iniziativa Popolare Regionale Rigenera centrata sulla lotta ai cambiamenti climatici e sul blocco del consumo di suolo che gli era arrivata forte di una spinta dal basso con pochi precedenti. E una Giunta regionale decide invece di investire quasi 1 miliardo di euro nella costruzione di una moderna piramide in Piazza Garibaldi mentre esplode la crisi abitativa e le case popolari cadono letteralmente a pezzi e, se ne parli con chiunque anche di autorevole al Comune di Napoli, tutti ti dicono: una follia che non si farà mai, ma che intanto va avanti proprio con i permessi comunali….


Tutto sembrava legato alla soluzione del numero dei mandati…Ora, risolta quella questione, la politica campana sembra tornata muta mentre tutto il blocco di potere uscente di organizza per riproporsi intatto, con i suoi interessi e con i suoi protagonisti principali anche nel futuro prossimo.
La conferma, cari amici del PD, dei 5 Stelle, di AVS, che è un confronto aperto, libero, partecipato quello che serve.

Serve una soluzione di continuità.

Serve alla Campania. Ma a ben vedere anche a voi.
E se non ci sarà, e al momento c’è da essere pessimisti, che almeno emerga una componente della società che dice con nettezza che non ci sta, e da lì, riparta un lavoro sul futuro.
Gianfranco Nappi





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