Tocca a noi, popolo di credenti e non credenti che abbiamo creduto alla testimonianza e al magistero di papa Francesco, che ci sentiamo più soli e magari di-sperati senza la sua voce e il suo sorriso, prendere in mano il vessillo della speranza, cercare di non far disperdere il bagaglio, “il baule”, l’ha chiamato qualcuno, di riflessioni, insegnamenti, messaggi di cui in questi anni ci siamo nutriti, da cui ci siamo sentiti incoraggiati a percorrere un cammino impervio, tra nubi di oscurantismo sempre più dense.
Tocca a noi, in nome di Francesco, sottraendolo ad ogni definizione riduttiva, ad ogni etichetta di tipo puramente terreno, di destra/di sinistra, progressista/conservatore. Ogni etichetta ne fa un uomo di parte. Invece egli è stato uomo di tutti, per tutti. Si è ispirato alla radicalità del messaggio del Vangelo e con la sua intelligenza e lungimiranza ha individuato ed evidenziato grandi problemi di oggi, l’ambiente, le migrazioni e la integrazione tra culture diverse, l’avanzare di una terza guerra mondiale a pezzi, la necessità del disarmo, al centro del suo ultimo messaggio Urbi et Orbi della Domenica di Pasqua.
Su questi temi ci siamo ritrovati, persone di diversa cultura e formazione, laici e religiosi, ma forse tutti uomini e donne “di buona volontà”. Ed ora non possiamo rinunciare. Come? Dove? con quali riferimenti? Non so rispondere. Il filosofo Massimo Cacciari dice che con la scomparsa di papa Francesco “si è persa l’unica voce autorevole, ragionevole e laica sui conflitti mondiali” e che il venir meno anche di questa voce aumenta l’angoscia verso il futuro. Ed è questa l’immediata reazione di tanti. Don Mimmo Battaglia, Cardinale arcivescovo di Napoli, dice nella sua omelia in memoria: “Papa Francesco ci ha lasciato così: con il cuore colmo e gli occhi lucidi. Non per la fine, ma per l’inizio che ci consegna. Perché ci lascia un’eredità viva, da custodire, da coltivare fino alla sua piena fioritura”.
Tra l’angoscia e la speranza emerge la necessità del cammino, di continuare un cammino, costruendo, laddove è possibile rafforzando, legami, ponti, relazioni, tra diversi, su valori ed obiettivi comuni.
TOCCA A NOI DONNE
Tocca a noi donne, soprattutto a noi donne, credenti e non credenti, riprendere il filo della speranza, la “speranza che non delude”, come ha ripetuto spesso papa Francesco. Il suo impegno per valorizzare il ruolo delle donne nella Chiesa è rimasto un po’ in ombra nel dibattito recente sulle novità introdotte nel suo pontificato, ma è stato continuo e concreto, e di non secondaria importanza.
Al di là della sua personale devozione spirituale e sentimentale, il forte attaccamento alla Madonna (fino alla sepoltura vicino all’icona di Maria Salus mundi) e il ricordo sempre vivo della nonna, abuela Rosa, è stato netto e più volte ripetuto il suo riconoscimento della forza e del valore delle donne. “La donna è capace di far rinascere l’umanità, di dare speranza alla società e di essere solido fondamento della Chiesa”. Nella sua ultima udienza, l’incontro con lo staff del Policlinico Gemelli che l’aveva tenuto in cura, mercoledì 16 aprile, papa Francesco si rivolge alla rettrice dell’Università Cattolica e del Gemelli, Elena Beccalli, dicendole: “Quando comandano le donne, le cose vanno”, con un sorriso affettuoso. E questa convinzione nel corso del papato l’ha messa in pratica nominando diverse donne in posizione di potere nel Vaticano. Nel 2021 conferisce a suor Alessandra Smerilli il ruolo di segretaria del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. Poi nomina per la prima volta tre donne nel Dicastero per i vescovi, l’organo della Chiesa che si occupa di scegliere nuovi vescovi nel mondo, e indica suor Simona Brambilla come prefetto di dicastero, l’equivalente vaticano della carica di un ministro. Ancora, all’ultimo Sinodo dei vescovi per la prima volta partecipano 85 donne e suor Nathalie Becquart ne è nominata sottosegretaria. Infine, l’incarico più importante e più recente, suor Raffaella Petrini è la prima donna a diventare governatrice dello Stato della Città del Vaticano. Passi avanti importanti, tra le non poche ostilità di settori della Curia. Certo non si è realizzato quello che ci si aspettava, l’apertura del diaconato alle donne. La discussione, iniziata nel 2016, quando papa Francesco istituì una commissione su questo tema, è continuata nell’ultimo Sinodo, con vari momenti di approfondimento teologico e pastorale, senza tuttavia approdare ad alcun risultato nuovo.
Ma un cammino è aperto, strade nuove ha aperto ed indicato papa Francesco, con tenacia ed umiltà, con il sorriso e gli abbracci, con aderenza al Vangelo, in cui la Buona novella della Resurrezione di Cristo è affidata alle donne. Alle donne l’Angelo dice: “Non abbiate paura”. Icona di quel messaggio mi sembra essere oggi la tenera e forte figura di suor Geneviève Jeanningros, tra le prime a portare l’ultimo saluto al Pontefice, in piedi, con lo zainetto sulle spalle, il fazzoletto zuppo di lacrime, ma certo determinata a continuare la missione scelta. Camminare, insieme, senza scoraggiarsi, integrando “i tre linguaggi: della testa, del cuore e delle mani”.
Grazie, papa Francesco, guida, padre, fratello per tutte e tutti.
Roberta Calbi