Il coraggio di ridere. Biografia leopardianamente ironica di Giacomo Leopardi
Stefano Sandrelli
Romanzo biografico
Mimesis, Sesto San Giovanni Milano
Pag. 126 euro 12
2025



Settembre 1833. Proprio il 2 due amici diversamente abili, Giacomo Muccio
Leopardi (1798 – 1837),
piccolo e deforme, scuro di capelli, brillanti occhi
celesti, e Antonio Totonno Ranieri (1806 – 1888), atletico e bello, biondo di
capelli, sguardo profondo, partono da Firenze su una comoda carrozza
affittata, tirata da tre cavalli. Sono diretti a Napoli, la strada è lunga, non
hanno fretta, ci metteranno un mese. Si guardano intorno, chiacchierano,
scherzano, meditano, sorridono e ridono. Non navigano certo nell’oro, non
viaggiano nel lusso, ma non si fanno mancare niente: due piatti caldi, pane e
vino, a colazione e a cena; pernottamenti nelle migliori locande, con biancheria
di tela fine per i due letti nelle camere divise; soste anche con deviazioni,
valutate pure al momento. Giacomo è scrittore e poeta di una certa fama,
abbastanza malato (pure di nervi), ora febbricitante, soffre sempre di oftalmia
(infiammazione a occhi e naso), ha una doppia gobba sulla colonna vertebrale.
Antonio è giovane e bello, bugiardo e leale, sciupafemmine e spiantato: aspira
a essere letterato, non lo sarà mai, anni dopo diventerà deputato del Regno
d’Italia, poi pure Senatore. Giacomo Leopardi è un nobile conte, primo di dieci
figli, coltissimo e non credente: non avrà relazioni amorose condivise né figli,
un “peccato” per tante e tutti. Ebbe grande acume (invidiato e inviso a molti,
pertanto), soprattutto notevole tagliente ironia, con cui si è in parte “salvato”,
prolungando l’esistenza con il filtro e la deformazione di qualsiasi emozione,
noia illusione delusione educazione attrazione rabbia. Solo Antonio Ranieri
sembra capirlo sempre, da quando si sono conosciuti (a Firenze sei anni
prima), con reciproci malumori ma senza dubbi o ripensamenti. Lo si vede
mentre viaggiano verso Levane in Valdarno; verso l’Umbria, Spoleto e la
Cascata delle Marmore; verso il Lazio, Roma e gli zii; verso Napoli, infine,
patria dell’amico, nella quale cambiano vari appartamenti sotto il Vesuvio, per
un breve periodo anche a Torre del Greco.

Il bravo fisico e astronomo Stefano Sandrelli (Piombino, 1967) ha avuto
l’ottima idea di narrare il viaggio da Firenze a Napoli di Leopardi e Ranieri, un
dialogo intessuto dei loro “testi”, innanzitutto quelli del massimo poeta,
pensatore e scrittore, notoriamente appassionato di scienza e poesia. I libri di
Leopardi dovrebbero stare in ogni biblioteca privata e pubblica, pur minima;
rileggerli e sfogliarli periodicamente dovrebbe mantenersi come saggia
abitudine di ogni italiana e italiano. Su di lui, su ogni anfratto delle parole e
della vita, la bibliografia è sterminata. Difficile scoprire con leggiadria qualcosa
di totalmente nuovo, tuttavia ci si può divertire ancora e qui si tratta, appunto,
di una breve “biografia leopardianamente ironica”, godibile e mirabile. Il taglio
e il titolo coincidono: “chi ha il coraggio di ridere, è padrone degli altri, come
chi ha il coraggio di morire” (1828); “chi ha coraggio di ridere, è padrone del
mondo, poco altrimenti di chi è preparato a morire” (versione nei Pensieri);
chiusa differente, leggermente e significativamente; resta il coraggio!
L’interlocuzione dialogante fra i due è effervescente fiction, ben venga. I
capitoli sono nove, i primi sette accompagnano il tragitto in carrozza e le soste
residenziali, consentendo di narrare episodi dell’esistenza storica di Leopardi e
la sintesi delle sue idee sul mondo sociale e sulla vita biologica. L’ottavo
ripercorre traslochi, incontri e cibi a Napoli. L’ultimo è datato 14 giugno 1837,
quell giorno il concittadino poeta morì. Segue un appendice di una decina di
pagine con “personaggi, interpreti, luoghi”. Segnalo che lo Sferisterio sta
(ancora) a Macerata. L’indice dei nomi non servirebbe, si tratta di un riuscito
efficace romanzo biografico, con il quale sorridere ancora una volta sul
recanatese “gobbo dei Leopardi”.

***

Almeno tu
Carlo Lucarelli
Noir
Einaudi Torino
Pag. 169 euro 17,50
2025

Fra la via Emilia e l’Est. Da mercoledì 7 agosto 2024, ore 23.50. La 15enne
Elisa
scende dallo sportello di una Nuova Mini Cooper 5 porte sulla Strada
provinciale 477 in direzione Palazzuolo sul Senio, proprio all’imbocco di un
tornante, e viene investita da una Peugeot condotta dalla signora Carmela
Meroni, che procedeva in senso opposto, assolutamente incolpevole. Vi sono
altri tre ragazzi a bordo, Yuri Luca Matteo, e la carissima amica coetanea
Martina, illesi. Poco più sotto è visibile e ferma una macchina dei carabinieri,
accorrono subito. Due ore più tardi il maresciallo di Faenza suona al
campanello dei genitori Vittorio e Paola, loro sanno che la figlia è in montagna,
sull’Appennino, a casa proprio di Martina, in vacanza a meno di un’ora d’auto.
Apprendono ora che è morta, morta! La loro vita ne viene ovviamente
sconvolta, frequentano gruppi di sostegno, s’allontanano ancor di più, nei mesi
successivi si separano pure; soprattutto il padre va in aspettativa dal liceo
classico dove insegna e non sa darsi pace, spesso dorme nella stanza di Elisa.
Poi, ad aprile 2025 la madre si presenta a casa del marito (la loro) con
l’avvocata Lara Santarelli, una graziosa biondina dai capelli rasati e la
frangetta, occhi grandi dietro alle lenti rotonde, convinte che ci sia qualcosa di
strano nell’incidente, almeno quattro punti dubbi: quale era il posto a sedere di
Elisa in auto; le dichiarazioni incerte di Martina e poi il successivo negarsi a
contatti, trasferitasi altrove con la madre; soprattutto un precedente che
riguarda Thomas Zantelli, detto Yuri, unico con patente e il ricchissimo
minorenne Luca Carlisano: in vacanza a Tenerife nel Natale 2022 (con i
genitori di Luca), invitarono in camera la 15enne ragazzina francese Sophie
che volò giù dal terrazzo, prima affermò che volevano abusare di lei, poi
ritrattò. Lara era stata la legale della famiglia, le hanno tolto l’incarico, ha
incontrato Paola, hanno avviato una relazione sentimentale, vogliono verità e
giustizia. Quella notte Elisa appare in sogno a Vittorio: devi vendicarmi, papà.

Torna finalmente con alta qualità la narrazione del grande scrittore Carlo
Lucarelli (Parma, 1960), un noir crudo e terribile che alterna la prima persona
(del padre) alla terza persona varia dei tanti protagonisti e dei loro reciproci
incroci. La vicenda noir è forse ancora in corso, il racconto segue i quasi tre
anni successivi all’incidente. Il protagonista è soprattutto il padre,
disinteressato alle pratiche legali, convinto di dover affrontare di petto chi
probabilmente aveva contribuito in vario modo alla perdita dell’unica amata
figlia, pur lui poco coinvolto nella vita familiare casalinga e spesso urlante (mai
violento), ignaro dei veri sentimenti della moglie Paola e di Elisa. Ben presto,
gli torna una cosa che gli veniva anche da bambino, la sindrome della canzone
bloccata, earworm, come un tarlo nell’orecchio che colpisce la corteccia uditiva
del cervello e si infila nel magazzino della memoria a breve termine, rimbalza
nella scatola cranica, si inchioda su un punto dissonante e riattacca, perché è
così che fa il cervello, non tira dritto, si resetta e riparte. La canzone che ha in
testa pare sia Almeno tu nell’universo, solo il ritornello che si apre, la voce
rotta di Mia Martini. Almeno tu, da cui il titolo dell’ottimo romanzo e
l’irrefrenabile determinazione di Vittorio nel “perseguire” i colpevoli e le loro
famiglie, al di là della ricostruzione ufficiale delle autorità e dei primi sospetti
dell’Ispettore Marcheselli di Cesena (a rischio diabete, ha tolto lo zucchero dal
caffè, con gusto). Il padre comincia a seguire gli amici della figlia, sono scossi
è vero; gli adulti anche peggio, scoprirà: difetti enormi seppur mascherati
(come i propri); ossessioni psichiche e sessuali; intrallazzi di criminalità e
potere; ingordi egoisti paurosi vigliacchi. E per dormire, allora, taluna ricca
prende sempre abbastanza vino bianco e tavor.

***

Danzate su di me
Massimo Carlotto
Quattro racconti noir
Sem Feltrinelli Milano
Pag. 207 euro 18
2025 (il primo inedito)

Universo femminile contemporaneo. Lei ha 46 anni, ha fatto il classico e due
anni di Lettere
, poi cambiato tanti lavori, ora batte scontrini come cassiera in
un ipermercato, continua a leggere molto nel tempo libero. Il marito è un
brav’uomo e hanno due figli, lei ha mantenuto per sedici anni pure una
relazione segretissima con un musicista jazz, anche lui sposato e con una
figlia. Ora l’amante è morto in un improvvido incidente stradale dopo altrui
sorpasso azzardato, lei lo ha letto sui media e non può nemmeno farsi vedere
al funerale. Forse la vedova ufficiale avrà scoperto che il proprio marito pagava
con regolarità l’affitto di un appartamentino dalla bellezza di quattordici anni,
una camera con bagno e cucinino in un alveare dove nessuno si conosce e
tantomeno perde tempo a salutare; lei ha pulito tutto e fatto scomparire le già
esigue tracce. Erano stati sempre attentissimi: si vedevano nei rispettivi ritagli
di tempo della prima vita; nessuno dei due si era mai confidato con altri e
nessuno aveva mai sospettato; non si scambiavano né regali né mail, non si
sentivano mai al cellulare; per comunicare usavano una lavagnetta attaccata al
frigo e ognuno lasciava lì eventuale indicazione della futura presenza; non si
vedevano insieme fuori. Facevano l’amore se ne avevano voglia, oppure
leggevano romanzi o poesie a voce alta o ascoltavano musica in religioso
silenzio, raramente cucinavano o mangiavano, parlavano tanto di tutto. E
ridevano. Lui aveva introdotto nei concerti una canzone di Claude Nougaro, era
l’unica che eseguiva con la voce, non lo spiegava ovviamente ma era dedicata
a lei, l’ultima strofa diceva appunto: Dansez sur moi (“… /Il giorno dei miei
funerali/ Che la vita sia un fuoco d’artificio/ E la morte un fuoco di paglia”).

“Danzate su di me” è il titolo del volume e del primo, più breve e bellissimo,
racconto di un’imperdibile raccolta che il grande scrittore Massimo Carlotto
(Padova, 1956) ha deciso di dedicare a quattro storie di donne. Gli altri tre non
sono inediti, in particolare il terzo e in quarto erano stati pubblicati come
volumi autonomi nel 2013 e nel 2014, da Feltrinelli, “Il giardino di Gaia”
(racconto acustico e radiodramma), e da Edizioni e/o, “Il mondo non mi deve
nulla” (racconto lungo, affetto noir). Come il primo, anche il secondo “Niente,
più niente al mondo” è narrato in prima persona al presente, il verso di una
canzone nel titolo. Qui si tratta di una 45enne madre di famiglia di Torino in via
di progressivo “sfiorimento”, il marito prima metalmeccanico poi magazziniere,
lei colf (cinque giorni alla settimana, in nero, da due “signore” sposate), sfinita
anche dalla ricchezza altrui e dalla figlia ventenne che sembra non avere
“giuste” ambizioni. Hanno 46 anni anche Gaia, alle prese con un marito che
vorrebbe finalmente accettare una mazzetta, e Adelmo, il ladro che va a
rubare nella casa della tedesca Lise che gli chiede serenamente di strangolarla,
narrazioni in terza persona al passato con altri significativi personaggi. I
quattro intrecci, tristi e inevitabilmente noir, disegnano un quadro corale di
amori tossici: quattro protagoniste deluse fanno i conti della propria esistenza,
un tormentato blues che si spezza e riparte, i sinfonici tempi di personalità
femminili non soggiogate, in vario modo. Tanta toccante musica, dunque,
anche in copertina. Vermouth scadente o gran liquore, per annegare.

***

Storia senza eroi
Piero Marrazzo
Romanzo autobiografico
Marsilio Venezia
Pag. 334 euro 18
2025

Roma e New York, prevalentemente. 2009 e 2012. La vita del giornalista Piero
Marrazzo (Roma, 29 luglio 1958)
è stata segnata da una caduta, da uno
scandalo, appunto il “caso Marrazzo”. A luglio 2009, quando da quattro anni
era Presidente della Regione Lazio (eletto nel 2005, a guida di una giunta di
centrosinistra), alcuni carabinieri irruppero nel luogo in cui si trovava con una
donna transessuale, fecero un filmato a sua insaputa mentre era ancora in
mutande, mesi dopo cercarono di ricattarlo e il video fu recapitato a organi
d’informazione. Aveva una moglie e tre figlie (due dal precedente matrimonio).
Si dimise, per ragioni di opportunità politica, anche se non aveva commesso
alcun reato; seguì una terapia con una coetanea bravissima psicoterapeuta;
andò un mese nell’abbazia di Montecassino; riprese lentamente a vivere, a
lavorare, a dare e ricevere amore. Circa due anni dopo, per caso (voleva avere
il passaporto statunitense, come la mamma) decise di iniziare un’indagine
intima su una parte della vita della famiglia materna, risalente a prima della
sua nascita: Luigia Gina Spina era vissuta negli Stati Uniti fino al 1954,
prevalentemente a Manhattan, e aveva avuto un figlio prima di tornare in
Italia, nessuno risultava aver mai conosciuto il padre di suo fratello Riccardo. A
luglio 2012 Marrazzo è riuscito a risolvere più o meno l’intero enigma, si trova
a Morro Bay, una baia costiera della California, con il solito compagno di
viaggio tipico di ogni cronista, uno dei taccuini su cui ha sempre appuntato
memorie, vicende e pensieri. Quello che doveva scoprire, ormai, è venuto a
galla: si tratta di una verità dura, nascosta troppo a lungo, lui e la sua famiglia
debbono fare i conti con una nuova storia buia, ipocrita, inaccettabile, un altro
“caso”, forse simile, ma del tutto indipendente da quello occorsogli nel 2009.

Per raccontare compiutamente una parte significativa della propria intensa
esistenza e delle origini della famiglia della propria madre, Piero Marrazzo ha
atteso che si concludessero i tre gradi del giudizio nel processo ove risultava
come parte offesa, tredici anni dopo, con la condanna degli imputati, quei
carabinieri infedeli all’Arma che lo avevano sorpreso in un appartamento di via
Gradoli. Ne è venuto fuori un romanzo autobiografico molto interessante e ben
scritto (con la collaborazione di Claudio Panzavolta), su più livelli emotivi di
storia politica e introspezione, di informazione colta e commozione privata.
Anche suo padre Joe (1928) era un giornalista, un segugio di qualità contro la
mafia e i segreti della Repubblica negli anni Settanta (compreso il sequestro
Moro, il cui “covo” era pure in via Gradoli), che notoriamente aveva avuto altre
storie sentimentali, comunque agli antipodi rispetto al padre della moglie,
anticomunista viscerale, legato a politici e mafiosi statunitensi, trasferitosi in
Italia come direttore italiano del quotidiano “Il progresso italo-americano” (ove
pure aveva apprezzato e assunto il futuro marito della figlia). Attraverso loro,
Piero Marrazzo era venuto in contatto con tante vicende storiche del
Novecento, lui militante socialista fin dall’adolescenza, impegnato e di sinistra.
Dopo le dimissioni dalla politica attiva, sente crescere il bisogno di ricostruire le
esperienze negli Usa del nonno Eugenio, le tensioni fra nonno e padre, la
precedente maternità della madre. Ed è aiutato dalle proprie, di figlie: Giulia,
Diletta e Chiara gli sono state sempre vicine, nonostante tutto. Compaiono
nella sua narrazione (in prima persona al passato) come affetti essenziali,
firmando qualche pagina sul loro personale punto di vista, sul “caso” e sulle
ricerche. Non si può e non si deve mai negare a una persona un diritto solo per
via del proprio orientamento sessuale, i desideri sono personali, senza
ipocrisie. Gli spunti sui migranti, emigrazioni e immigrazioni, risultano frequenti
e utili. Segnalo l’ambasciatrice Luce, a pag. 177. Nella prima parte hanno
molto spazio anche le sedute di psicoanalisi con la luminare Professoressa
Manuela, una personalità nota a chi era appassionato di cultura nel secolo
scorso, in fondo proprio a lei (che lo segue dal 2019?) si deve il desiderio
iniziale a condurre una ricerca sui genitori (vi sono anche foto significative),
entrambi morti per tumore già molti anni prima. Della seconda e terza parte
sono coprotagonisti gli amici Massimo e Mark che lo accompagnano nel viaggio
o nella permanenza a New York (ove mangiano italiano e bevono insieme
spesso molti liquori), infine il fratello. La canzone preferita di Joe era I Will
Survive di Gloria Gaynor.

***

Dietro le quinte
Roy Fuller
Traduzione di Alba Bariffi
Noir
Guanda Milano
2025 (orig. The Second Curtain, 1953)
Pag. 333 euro 19

Londra. Fine anni Quaranta. L’avvocato, docente, romanziere e poeta Roy Fuller
(1912 – 1991)
pubblicò anche noir, per esempio questo bel “Dietro le quinte”,
protagonista (in terza persona al passato) George Garner, scrittore divorziato con
grandi ambizioni, bloccato in un impiego presso una casa editrice. Vivrebbe solo fra
arte e libri (Greene e Dickens innanzitutto). L’unico con cui riesce ad aprirsi è
William Widgery, un ex compagno di scuola che però, inspiegabilmente, da un po’
non risponde più alle sue lettere. È distratto, perché riceve l’inaspettata proposta di
dirigere una rivista letteraria e sta iniziando a pianificare temi e articoli, ma poi arriva
la richiesta dalla sorella, preoccupata perché William sembra proprio scomparso.
George accetta di aiutarla a scoprire che cosa è successo. Quella che pensava come
una breve deviazione dalla routine quotidiana si trasforma in una spirale di violenza e
terrore, lui divenuto una pedina sacrificabile in un gioco molto più grande.

***

Elementi di demografia
Gian Carlo Blangiardo
Scienze sociali
Il Mulino
2025 (quarta edizione, 1° 1987)
Pag. 238 euro 26

Popolazioni contemporanee internazionali. Ogni essere umano che nasce, che
raggiunge un certo compleanno, che migra e trasferisce la propria residenza (“la
dimora abituale”), che si sposa, che genera un figlio, che muore, dà vita a un evento
che, sotto il profilo demografico (e non solo), assume rilevanza e interesse scientifico.
Meglio che conosciamo qualcosa tutti degli “Elementi di demografia”, definizioni e
nozioni essenziali, fenomeni storici e previsioni demografiche. Riesce benissimo a
fornirceli, in una nuova edizione puntigliosamente aggiornata e adeguata, il
professore emerito Gian Carlo Blangiardo (Arona, 1948), fra l’altro presidente
dell’Istat dal 2019 al 2023. In particolare, di migrazioni parla in una decina di pagine
in fondo al capitolo 3, con parole chiare e alcuni dati, spiegando subito: si parla di
emigrazione quando l’evento viene riferito all’ambito di provenienza, all’area di
destinazione d’immigrazione, un fenomeno asimmetrico a diacronico si potrebbe
dire.

***

La strage dimenticata. La bolla di componenda
Andrea Camilleri
Due saggi narrativi del 1993
Con note di Luciano Canfora (strage) e Vanessa Roghi (bolla)
Illustrazione di copertina di Lorenzo Mattotti
Sellerio Palermo
2025 (1° ed. 1984 e 1993, 1° ed. Sellerio 1997)
Pag. 251 euro 16

Porto Empedocle e Pantelleria. 1848. Nel centenario della nascita, la casa editrice
Sellerio
ha deciso di ripubblicare una scelta di dodici titoli dell’immenso Andrea
Calogero Camilleri (Porto Empedocle, Agrigento, 6 settembre 1925 – Roma, 17
luglio 2019). “La strage dimenticata” e la “La bolla di componenda” sono due
controstorie siciliane, saggi cronachistici su due differenti occultate stragi, consumate
durante i moti di insurrezione (anche continentale) del 1848. La prima avvenne nel
carcere borbonico della sua città natale, il comandante decise di uccidere 114 “servi
di pena”, galeotti per reati contro la proprietà, in maniera che non potessero unirsi ai
rivoltosi; la seconda sull’isola di Pantelleria, quando 15 contadini furono massacrati
dai notabili dietro accuse pretestuose. L’autore vuole evitare un’ulteriore potenziale
strage della memoria. Lo fa con accuratezza storica, ricchezza aneddotica (pure
familiare) e le solite “lingua” propria ed “evasione” ironica. Imperdibile.

***

La mia oscura preghiera
S. A. Cosby
Traduzione di Giuseppe Manuel Brescia
Noir
Rizzoli Milano
2025 (Orig. 2019)
Pag. 285 euro 16

Queen County, Virginia. Prima di diventare ottimo premiato scrittore Shawn Andre
Cosby (Contea di Mathews, Virginia, 1973) si è affaccendato in tutto: buttafuori,
operaio, giardiniere, manager di ferramenta, montatore di palchi, addetto alle pompe
funebri; ne ha fatto tesoro. Questo è il secondo romanzo (due successivi, tradotti nella
stessa collana), ancora una volta uno splendido pezzo unico (non seriale), narrato in
prima persona al passato, con al centro le persistenti tensioni razziali tipiche del Sud
statunitense. L’autore le affronta con grande efficacia, fa pulsare le dinamiche
innervate sulla storia comunque meticcia delle varie comunità, inevitabilmente mai
monocolori all’interno (nemmeno economico, culturale o morale); inoltre, un
“poliedrico arazzo” abita pure in ciascuno (di noi). In “La mia oscura preghiera”, il
protagonista è appunto il becchino dell’agenzia funebre, Nathan Waymaker, ex
marine, ex vice sceriffo, alle prese con la morte del locale reverendo Esau Watkins.

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