Sul mensile InformareNews di aprile viene ricostruita la storia del Parco Intercomunale “Dea Diana Est Tifatino”, che da oltre un decennio è bloccato dalla burocrazia. A tal fine i sindaci dei comuni coinvolti hanno manifestato la loro ferma contrarietà all’ipotesi di una attività estrattiva a Durazzano, in provincia di Benevento, al confine con il Parco urbano, perché dannosa per l’ambiente, per le coltivazioni locali e per la salute dei cittadini.

L’intenzione della Regione di riaprire la vecchia questione della cava è una scelta inopportuna e di retroguardia, come afferma Gennaro Scognamiglio, presidente nazionale dell’Unci AgroAlimentare. “Il problema non investe – ha ribadito – soltanto la comunità locale di Durazzano, ma tutti i 9 Comuni del Sannio e del Casertano, che rientrano nell’area verde (anche quindi Santa Maria a Vico, Cervino, Forchia, Arpaia, Airola, Arienzo, Sant’Agata dei Goti, Maddaloni). Non a caso i sindaci del comuni contermini hanno giustamente espresso la propria posizione critica e la ferma intenzione di opporsi all’avvio delle procedure di apertura della cava di calcare da parte del genio civile di Benevento e di Palazzo Santa Lucia. Quando sono in ballo integrità del territorio, il patrimonio naturale e interessi economici ed occupazionali diffusi pre-esistenti, sarebbe opportuno e doveroso confrontarsi con i cittadini, con gli enti locali e con le parti sociali, prima di assumere decisioni calate dall’alto, che possono avere ricadute negative per gli abitanti e per le attività”.

Viene evidenziata la presenza in zona di coltivazioni di castagne, nocciole e oliveti, imprese agricole e frantoi, significative per il comprensorio; nello stesso tempo l’apertura della cava sottrarrebbe suolo agricolo e boschivo, interferendo inoltre con l’intero territorio circostante. Le risorse principali delle aree interne sono il paesaggio, l’agricoltura, le bellezze naturali, fortunatamente spesso ancora incontaminate o quasi, che andrebbero preservate, tutelate e semmai adeguatamente valorizzate. Mentre nell’opinione pubblica cresce la sensibilità ambientale e le istituzioni a tutti i livelli si pongono l’obiettivo strategico della salvaguardia degli equilibri ecologici, anche orientando e convertendo le attività produttive e modificando stili di vita, risulta un controsenso riattivare insediamenti estrattivi in un contesto da sempre vocato ad attività primarie e che del verde ha fatto un segno distintivo e sul quale ha deciso di investire per il futuro, seguendo un modello di sostenibilità. Per l’area dei monti Tifatini e del parco urbano intercomunale “Dea Diana”, ricchi anche di storia, tradizioni e miti antichi, per la Valle di Suessola e la Valle Caudina, la cava e insediamenti simili rappresentano una ferita inaccettabile. Va ricordato che questo parco è stato riconosciuto ufficialmente dalla Regione Campania con delibera N 154 del 2016 come area di interesse regionale. Eppure dopo quasi dieci anni tutto è ancora bloccato, e rimangono inutilizzati circa 6 milioni di euro destinati proprio a interventi territoriali di riqualificazione ambientale e prevenzione dei rischi naturali. Nonostante i fondi disponibili, la Regione Campania ed i comuni interessati non sono ancora riusciti ancora a realizzare alcun progetto significativo.


Ancora peggiore si presenta la situazione sul versante ovest dei Colli Tifatini, da Caserta fino a Capua. Infatti va ricordato che nel mese di aprile del 2015 la Giunta Comunale di Caserta (seguita dagli altri comuni interessati: Castel Morrone, Casagiove, Casapulla, San Prisco e Capua) ha approvato una delibera che dà il via libera alle procedure per l’istituzione del Parco Urbano dei Monti Tifatini. Si tratta di un progetto, il cui importo per la realizzazione è di circa 34 milioni di euro, che dovranno provenire da fondi nazionali, che prevede una vera e propria ricostituzione della cosiddetta “corona verde” della città di Caserta, con il recupero paesistico – ambientale, il completamento e la contiguità vegetazionale e funzionale tra le aree di contorno al Parco della Reggia, ai siti di interesse storico, architettonico e culturale, alle aree di cava, presenti sui versanti dei Monti Tifatini del comune di Caserta.

Il progetto, che si sviluppa su un’area di 340 ettari distesa sui Colli Tifatini tra Casertavecchia ed il Bosco di San Silvestro, prevede anche la riqualificazione e il recupero vegetazionale e faunistico oltre alla messa in sicurezza ambientale.
Al tema del recupero ambientale si associa quello della valorizzazione dei beni culturali, con particolare riferimento all’Acquedotto Carolino, ovvero a quello straordinario monumento che costituisce, assieme alla Reggia e al Belvedere di San Leucio, il bene Unesco della città di Caserta. Proprio a tal proposito, la delibera approvata in Giunta prescrive di dare comunicazione del progetto alla Cabina di Pilotaggio dei Beni Unesco, per il tramite dell’assessore alla Cultura, al fine di inserire questa iniziativa nell’ambito di quelle relative ai Beni Unesco.




Questo progetto va considerato come un sistema complesso di interventi, che coinvolge l’aspetto legato alla tutela ambientale e di riqualificazione dei luoghi e quello della cura del grande bene Unesco quale è l’Acquedotto Carolino. Infatti, accanto alle attività di riforestazione e antincendi, sono previste iniziative per lo sviluppo del turismo, del tempo libero e dello sport, e attività infrastrutturali di supporto ad esse. Ma la procedura per l’istituzione del parco si è impigliata nei cassetti del comune di Caserta, a cui spetta il compito come capofila di deliberare il progetto da sottoporre alla Regione – dopo che anche gli altri comuni hanno deliberato in tal senso.

Pasquale Iorio

Documentazione
Il Parco dei Tifatini per fermare lo scempio delle cave

Nella conurbazione tra Caserta e Maddaloni continua in modo inesorabile e devastante lo scempio delle cave (come si può vedere dalle foto in allegato). Nel pieno dispregio dell’art 9 della Costituzione – che sancisce i principi fondamentali ed i valori per la tutela e la valorizzazione del nostro paesaggio e del patrimonio ambientale. In questi decenni intere colline sono state divorate e sfregiate dai cosiddetti “cavaioli”, che nonostante i divieti di legge continuano imperterriti la loro opera predatoria. Nuovi scavi abusivi si stanno compiendo in questo periodo sulla cima delle colline, scavando dalla sommità, nei pressi del santuario di S. Michele e della Cava Franca di Luserto. Un altro cantiere di escavazione enorme è stato riaperto alle spalle dei Ponti della Valle, patrimonio Unesco dell’umanità. La corta visione politica e la scarsa sensibilità ambientale degli amministratori (in particolare dei comuni di Caserta e di Maddaloni) continua a produrre danni incalcolabili: un dissesto idrogeologico senza pari. Non basta la chiusura delle attività dei due cementifici (Cementir e Moccia dei veri “mostri industriali” nel pieno della conurbazione casertana), bisogna impedire che in vari punti si continui a scavare ed estrarre calcare (come si può vedere a occhio nudo). Bisogna fermare del tutto queste attività, che da decenni ci divorano la vita e la salute. Ciò avviene sotto gli occhi indifferenti degli amministratori locali, dei sindaci delle due città, così come della cittadinanza. Da parte delle associazioni ambientali e comitati dei cittadini più volte è stato riproposto all’attenzione dell’opinione pubblica lo scempio in atto con la devastazione delle cave, con una opera di distruzione ecologica, che ha già prodotto una situazione di dissesto ambientale per molti versi irreversibile.
Per questi motivi come rete di associazioni abbiamo deciso di ribellarci e di riprendere l’iniziativa per lanciare un appello, rivolto in primo luogo alle massime autorità istituzionali (dalla Regione Campania alla Provincia fino ai Sindaci di Caserta, Capua, Casagiove, Castel Morrone, Casapulla e San Prisco, che hanno già aderito al progetto di parco in modo formale). Dobbiamo fare in modo che il Parco dei Colli Tifatini diventi una realtà, una vera priorità per tutti, per consentire una azione di recupero del paesaggio e dell’ambiente. Tra l’altro le attività estrattive incidono negativamente anche sui lavori del nuovo Policlinico, da anni bloccato. Purtroppo il progetto si è arenato per i cavilli normativi avanzati dal sindaco di Caserta Carlo Marino.
Non a caso emerge da alcune ricerche recenti che la provincia di Caserta risulta tra le più inquinate a livello europeo e nazionale.
A Caserta, come sta avvenendo per alcuni beni comuni, è necessario riprendere un movimento di lotta, non tanto di denuncia, quanto di proposte e progetti con la mobilitazione delle principali associazioni giovanili ed ambientaliste. A tal fine abbiamo deciso di costituire una rete con l’intento di continuare a denunciare e informare i cittadini su cosa sta avvenendo. La rete per ora è composta da: Le Piazze del Sapere – FTS Casertano – Legambiente – WWF- LIPU – Cai Caserta – Plastic Free – Arci – Acli – Auser Caserta, Capua e Casagiove – Italia Nostra – CSA Ex Canapificio – Caserta Città Viva- Cittadinanza Attiva – Partecipazione Attiva – Agenda 21 per Carditello – Medici per l’Ambiente, A Casa di Lucia, in collaborazione con le scuole e l’università, ma anche con le forze sociali e del mondo del lavoro (a partire dai sindacati. Chiediamo alla stampa e ai social di sostenere questa battaglia di civiltà culturale ed ambientale.
Pasquale Iorio Caserta, 2 ottobre 2023
Le Piazze del Sapere


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