di Gianfranco Nappi

Mondragone parla di una contraddizione esplosiva e di una ipocrisia insostenibile.

La contraddizione, fino ad ora miracolosamente celata, tra bisogno di sicurezza, personale e collettiva, indotta dalla pandemia; esigenza di controllo sanitario e difficile emersione di tutte le zone di lavoro nero e grigio affidate agli ‘invisibili’: senza questa emersione, il rischio di accentuati sfruttamenti e di focolai epidemici, fino a vere e proprie lotte tra poveri, esattamente come accaduto a Mondragone, è molto reale.

Parte del lavoro dell’agricoltura intensiva è svolto in nero con l’utilizzo/sfruttamento di manodopera immigrata, spesso con l’uso di caporali. Queste aree di lavoro sono le più colpite dalla pandemia: si sono ritrovate nei mesi di blocco senza protezione, senza tutele, senza reddito, chiuse nelle loro baraccopoli o nelle loro case fatiscenti in palazzi abbandonati, in un mare di degrado urbano.

Il Decreto di Regolarizzazione avrebbe dovuto sancire una via d’uscita di civiltà e di diritto. Poichè però su questo la scelta della maggioranza di Governo non è quella del dibattito pubblico e trasparente per timore di rotture poi non componibili ma invece quello della mediazione esasperante in continui e reiterati vertici , il risultato è stato, forse, più un problema che un aiuto.

Bisognerebbe cominciare dalla testa e non dalla coda: cambiare gli scellerati Decreti Salvini; reintrodurre il permesso umanitario; rilanciare la figura degli SPRAR, ovvero degli interventi che territorio per territorio vedono protagoniste le comunità locali in progetti di inclusione; giungere ad una vera emersione di tanto lavoro nero e sfruttato attraverso la regolarizzazione di una fascia ampia di migranti. E’ solo la regolarizzazione che consente di far vivere veri contratti di lavoro, diritti riconosciuti, reddito e possiblità di integrazione nella rete di controlli socio-sanitari.

E, detto per inciso, è la regolarizzazione che combatte l’azione di caporali e camorristi sempre pronti e presenti.

E invece no. E così questo Decreto regolarizzazione che limita i profili regolarizzabili; impone date da cui devi essere rimasto senza contratto, il 31 ottobre ( e perche? ); non riconosce il diritto all’asilo umanitario e, italianamente, richiede un pezzo di carta come condizione preliminare : un contratto di lavoro trascorso.

E allora, via alla fabbrica dei pezzi di carta, spesso falsi, in mano a usurai e camorristi e a imprenditori senza scrupoli, e ad un nuovo ricatto sulla pelle dei migranti.

Nel calderone ribollente di Terra di Lavoro e del Litorale Domitio c’è anche tutto questo.

E allora, una volta tanto, possiamo prenderlo dalla testa e non dalla coda il problema?

E la Regione Campania, oltre all’invocazione permanente dell’Esercito, non ha una azione positiva da mettere in campo?

E il mondo delle imprese agricole non ha niente da dire: che ipocrisia miserrima, come se questi ‘invisibili’, bulgari o magrebini che siano, lavorassero in aziende proprie e non invece per aziende italiane ( note, conosciute e facilmente identificabili ), e in qualche modo, per la Grande Distribuzione presente in Italia.

E il neocapodelfareconfindustriale Bonomi, tace?

E la Grande Distribuzione,appunto, neanche ha da dire?

E non è questa una grande priorità per un grande sindacato che voglia riunificare la rappresentanza di un intero mondo del lavoro frantumato?

Mondragone chiama Italia. Chiama Sinistra. Chiama Politica. Chiama Civiltà.

Rispondono solo la Chiesa e il Volontariato?

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4 commenti

  1. Sullo sfruttamento bestiale di questi dannati della terra campa una miriade di sfruttatori, non solo i razzisti di basso profilo, ma molti benpensanti “utilizzatori finali”.

  2. Analisi attentissima e puntualizzazioni che
    sollecitano urgenti interventi politici responsabili ad ampio raggio, non solo regionali ma anche nazionali guardando ad un domani vicinissimo e a un domani meno vicino, prevenendo pericoli sanitari e manifestazioni di rabbia sociale incontrollabili.

  3. Ben detto, Gianfranco, chiaro e forte. La riduzione in schiavitù non può continuare a essere considerata un’emergenza minore. Ne va, appunto, della nostra civiltà.

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