Decisamente appartengo ad un’altra epoca. Un’epoca nella quale ci si piccava, dall’opposizione, di provare a presentare, al massimo possibile, un quadro non solo di contrarietà alle misure del tuo avversario politico al Governo, ma anche e soprattutto un piano di proposte alternative, tali da dare l’idea di quel che faresti tu al posto del Governo e così da mobilitare tutte le forze sociali interessate alla prospettiva che tu delinei.

Era vero ieri. Io credo che sia ancor più vero oggi quando la plasticità degli effetti dei flussi comunicativi in cui siamo immersi rivendicherebbe , per emergere dall’indistinto brusio del sottofondo informativo, proprio la concretezza visione di quel che faresti tu se ti trovassi in quel posto.

Del resto, se non fai così, come cresce il bisogno di una alternativa? A chi deve parlare questa alternativa? Chi deve mobilitare? Che orizzonte deve delineare?

E invece, nulla di tutto questo da parte dell’opposizione se non il continuo rincorrersi di dichiarazioni su dichiarazioni.

Fino alla denuncia del rischio per la democrazia lanciato dalla Segretaria del PD, su cui pure varrà la pena di tornare.

Ma rimaniamo sul terreno della nuova Manovra economica del Governo.

Tanto rumore per nulla verrebbe da dire.

Con un mondo in soqquadro; con guerre ancora aperte; con gli effetti deleteri per la nostra economia, come per quella di tantissimi altri paesi, dei dazi degli USA che ci colpiscono direttamente; con gli effetti della diffusione dei processi di IA che pongono grandi problemi democratici, di assetti proprietari e di sovranità tecnologica per paesi e un continente come l’Europa.

In presenza di tutto questo; di fronte ad una regressione del potere di acquisto di salari e stipendi, falcidiati da inflazione e drenaggio fiscale non contrastato dal Governo; di fronte al 10% della popolazione italiana che vive in condizioni di povertà e alla certificazione che due Regioni italiane, Calabria e Campania, sono insieme alla Guyana Francese, che si trova dall’altra parte del mondo, in testa alle classifiche europee per disoccupazione e povertà; il Governo non trova di meglio da fare che varare una manovrina di 18 miliardi che su nessuno di questi punti, nessuno sottolineiamo, mette bocca.

Uno scandalo.

Ed è proprio su questo fronte economico sociale che invece ci si limita all’opposizione del balbettio, quando invece il Governo andrebbe inchiodato alle sue responsabilità.

A cominciare da questa presa in giro delle aliquote Irpef e del presunto prelievo dalle banche.

Due imbrogli.

Il primo, perchè quel 2% in meno all’aliquota centrale dell’Irpef, si tradurrà in un caffè al giorno ed è una miseria rispetto a quello che lo Stato ha sottratto a salari e stipendi con il drenaggio fiscale.

E perchè sul presunto prelievo alle banche stanno ancora litigando e si sono venduti una cosa che se va bene, sarà solo una anticipazione da parte di quelle stesse del già dovuto, senza 1 euro in più.

Insomma, materia su cui farci una campagna di massa presentando un impianto, appunto, alternativo. Ecco, ma qual’è questo impianto alternativo? Qual’è l’idea di sistema fiscale dell’opposizione? Cosa essa pensa delle banche?

Qui casca l’asino.

Vi sfido a trovarlo.

Non le mille propostine presentate in Parlamento.

Ma una radicale messa in discussione dell’azione del Governo che, per essere tale, non può che mettere in discussione anche qualcosa di profondo di quel che nella metà degli ultimi 30 anni il PD ha fatto passandoli al Governo, e durante i quali le ingiustizie certo non sono state addirittura incentivate come nell’esperienza di tutti i governi di destra neoliberista, ma di sicuro non sono state contrastate a fondo.

Proprio la politica fiscale, economica e industriale rappresenta una cartina di tornasole del nucleo di neoliberismo che alligna ancora nella cultura politica dell’opposizione e che impedisce ad essa di mettere in campo quella azione popolare e di massa di cui anche sulle questioni economico sociale ci sarebbe bisogno.

Se non lo metti in discussione questo nucleo duro, sei costretto ad eludere i problemi, non ad affrontarli di petto. E questo da anni si fa: dall’immigrazione al tema della giustizia fiscale, la politica è quella di eludere, di scansare il problema, di cercare di aggirarlo, quando non anche assumerlo scimmiottando le politiche di destra.

Ecco perchè una alternativa non matura.

Dovremo tornarci su. A cominciare dalla rapina che il Governo ha operato sui salari tra il 2021 e il 2024 complice l’inflazione, attraverso il drenaggio fiscale: 1 punto percentuale di PIL è stato letteralmente tolto dalle tasche dei lavoratori, 25 miliardi di euro. La prima cosa da fare, come reclama la CGIl, è restituirglieli. Ma ne riparleremo.

Gianfranco Nappi

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