E’ lo sguardo acuto e penetrane del filosofo che si ritrova in questo CONTRO IL METAVERSO. Salvare la presenza. Mimesis 2022 di Eugenio Mazzarella, Professore emerito di Filosofia teoretica della Federico II. Uno sguardo critico anzi. Radicalmente critico. Cerca di metterci in guardia sul senso più profondo dei processi in atto legati alla digitalizzazione e all’allestimento di dimensioni fluide di passaggio di spezzoni sempre più grandi di vita dal reale al virtuale, quelle del Metaverso per intenderci, vero salto di qualità e di specie oltre i social web fin qui conosciuti, su cui peraltro tutti i grandi colossi del web, e non solo Facebook, stanno realizzando investimenti colossali. La sua riflessione sottende una denuncia per la sotto o addirittura non valutazione che su tutto questo presenta il pensiero contemporaneo insieme alla politica. Per Mazzarella poi questa fluidità annuncia un vero e proprio schock antropologico. I processi delineati non consentono di immaginare un futuro nel quale sia agevole un andare, nel virtuale, per tornare nel reale a piacimento: il virtuale tende a mutare nel profondo anche il reale, lo condizionerà.

Noi stiamo sradicando la nostra vita, il nostro esserci, dall’essere-nel-mondo di presenza fin qui abitato, promettendo un ampliamento degli spazi “vitali” accessibili all’esperienza individuale ” e invece dobbiamo avere contezza che stiamo spianando la strada a livelli di dipendenza e di spossessamento sempre maggiori fino a delinearsi, il mondo dell’onlife come “ la nuova gleba a cui siamo asserviti “. Ancora Mazzarella con parole efficacissime ci dice che siamo in presenza di “ una biopolitica che mentre crede di inglobare nella vita il virtuale, sta piuttosto inglobando la vita nel virtuale, tramite un bio-liberismo che non ha più santuari intoccabili…dell’individuo e della comunità nella sua continuità storica e biologica, e però gestito illiberalmente in un controllo capillare,digitale, molecolare, a cui si unisce l’orizzonte coatto del politically correct, ” sfogati” nel privato, ma ” uniformati” nel pubblico”.

Mazzarella ci invita a vedere crudemente come il virtuale si presenti come un ulteriore avvitamento di un ingranaggio capitalsitico di produzione e riproduzione che richiede di essere messo in discussione, pena la perdita di lungo periodo per Stati e Politica di ogni capacità di guida della società; per affermare invece ” un altro livello dell’agire, razionale, rispetto allo scopo autarchico dell’economia ( il profitto), ma rispetto ai veri scopi che la società è chiamata a realizzare, i fini di un umano fine a se’ stesso e mai riducibile a strumento di assetti eteronomi alla sua felicità singola e collettiva.”

Questa esigenza cozza con la deriva ‘autoritaria’ che si profila e che abbiamo il dovere di vedere: una deriva che punta ad allargare oltre alla pandemia, oltre allo stato di emergenza, un ordinario emergenziale che evoca ed in alcuni casi invoca anche il controllo autoritario per assicurare al sistema la sopravvivenza. E, ci dice Mazzarella, ” poca differenza fa se questa forma ‘ autoritaria’ avrà forma asiatica, russa o americana: tutte le sue versioni passeranno per un capillare controllo sociale: il Grande Fratello prossimo a venire già venuto nella corsa al controllo dei Big Data. Un Grande Fratello chiamato al capezzale della ‘vita’, spogliata delle sue libertà uccise dal liberismo, nno per salvare la società ma il suo sistema di produzione, per ridurre la pandemia a crisi di sviluppo del capitalismo chiamato a modificato in senso autoritario la sua governance per durare – esso non noi – come tale. Ecco, questo è il rischio vero. Un progetto orwelliano che ha tutti i mezzi, anche socialmente seduttivi, per riuscire. ” Fino a disegnare un mondo retto dall’algocrazia, dalla dittatura dell’algoritmo.

E qui ci sembra che il filosofo con la sua sensibilità peculiare si muova sullo stesso terreno di una sociologa come Shoshana Zuboff con il suo Capitalismo della sorveglianza o di uno scrittore come Dave Eggers con il suo The Every , solo ultima testimonianza di un’ampia letteratura sul pericolo delle distopie del nostro tempo. Il tutto peraltro, indice di una capacità di percezione che, nonostante tutto, cresce. Ma quanto ampiamente e in quanto tempo? Questo è il nodo che ci è di fronte mi sembra.

A questo e a tutti gli altri spunti che la riflessione offre; al salto di specie in atto, il titolo di un capitolo; alla truffa dell’Intelligenza Artificiale, nel senso che tutto si può dire tranne che sia intelligente… altro capitolo, Mazzarella dedica argomentazioni ricche di senso e significato che non possiamo riassumere in questo che è fondamentalmente solo un invito alla lettura. Pone l’esigenza di salvare la presenza come condizione per bloccare l’ingranaggio in corso; recuperare tempo per decisioni consapevoli; immagina che il corpo, con le sue esigenze vitali possa essere altro fattore di resistenza. Non immagina un luddismo digitale, benchè egli dica, anche questo, come tutti gli altri, avrebbe le sue ragioni, ma esprime la scelta determinata a ” non farci ridurre a protesi della tecnica più di quanto lo si sia già nel digitale. Si tratta piuttosto di tenere tecnica e digitale socialmente operabili da noi “.

E qui la domanda è tutta indirizzata alla politica. Quale politica sceglie di porsi a questa altezza? E, possiamo ben aggiungere, come e quale sinistra? E’ evidente, a me sembra, che l’obiettivo di un nuovo pensiero critico, capace di disvelare il contenuto di nuovo dominio e cristallizzazione di rapporti sociali di sfruttamento insiti nella deriva in corso richiede anche la individuazione puntuale delle forze sociali da immaginare di poter mettere in campo, delle soggettività da animare, delle forme di nuovi movimenti e di nuove lotte da costruire.

Eugenio Mazzarella si ferma su questa soglia – e sarebbe interessante dialogare con lui su questo anche dopo le sue impegnative esperienze politiche e di fronte agli scenari aperti a sinistra – ma il solco che traccia con la sua impegnativa riflessione, che segna la distanza netta da tanto pseudopensiero accademico dedito solo a costruire consenso intorno alle idee dominanti, ha già un valore forte per chiunque voglia ancora considerare non superato il bisogno della ricerca di un orizzonte necessariamente altro.

Gianfranco Nappi

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