C’è un sentimento di vergogna che ci assale di fronte alla strage della costa calabra. Di fronte a quelle bare. A quelle donne. A quegli uomini. A quei bambini.
Si potevano salvare? E se si, perché non si è potuto fare?
L’interrogativo ha preso piede ed è angosciante.
Non discuto di aspetti e profili che possono riguardare l’azione della magistratura.
Voglio parlare di un altro aspetto, ancora più grave, perché chiama in causa ciascuno di noi.

Questa strage è figlia di un’idea precisa. Un’idea che ha preso il sopravvento e si è affermata su ogni altra.

Espressione di una pulsione securitaria che è propria della destra ma che in quest’epoca di sbandamento e di crisi del pensiero, per dirla con il più recente Edgar Morin, ha fatto adepti anche molto oltre quei lidi.
E qual’è questa idea?
Noi che ci commuoviamo, indigniamo e che soffriamo di fronte alle sofferenze del popolo ucraino, della aggressione patita, della guerra con le sue atrocità, dovremmo commuoverci, indignarci, soffrire non di meno nei confronti di queste altre vittime frutto anche della guerra che noi abbiamo dichiarato nei loro confronti.
Questo è il punto.
Governi, Stati, apparati, sistemi di pensiero hanno ridotto la questione delle migrazioni, grande questione che accompagna l’umanità fin dal suo manifestarsi sulla faccia della terra, a questione di difesa, di tutela da un attacco, di perimetrazione dei confini.
Le migrazioni come questione di difesa militare e di ordine pubblico.
E’ nell’affermarsi di questo pensiero che nasce una strage come questa.
E’ da qui che nasce la realtà per cui invece di mandare i mezzi della Capitaneria di porto e di soccorso, si mandano le vedette della Guardia di Finanza.
Vittime della guerra che noi abbiamo dichiarato loro.
E questa è una responsabilità morale: la più grande di ogni altra possibile.
E’ questa la responsabilità grande che pesa sulle coscienze di chi ci governa oggi e di tutti quelli che nel passato ne hanno condiviso, in toto o in parte, pulsioni e suggestioni.

E tutte le soluzioni possibili, le tante azioni da mettere in campo, le strategie alternative potranno prendere corpo solo se si rigetterà questa idea oggi prevalente.
Inchinandoci di fronte a questi morti, non dimentichiamo tutto questo domani, quando passeremo a commuoverci ed emozionarci per altro e per altri.

Gianfranco Nappi

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