La Regione Campania attualmente presiede e coordina nella Conferenza delle Regioni e delle Province autonome la IV commissione “Infrastrutture, Mobilità e Governo del territorio”, tramite l’assessorato regionale competente.
Il 5 e 6 dicembre scorso la Lombardia ha ospitato il primo Festival delle Regioni e delle Province autonome. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella tutte le Regioni, per la prima volta in assoluto, hanno firmato un’intesa per istituzionalizzare come organo comune la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome secondo l’articolo 117 della Costituzione.
Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome quale Organismo comune significa riconoscere propria autonomia patrimoniale, finanziaria e contabile, oltre che il ruolo di interlocutore privilegiato nella cooperazione e concertazione tra diversi livelli istituzionali, e nei procedimenti legislativi e decisionali del governo.
Ci sono stati tavoli tematici in cui le Regioni, portando la propria identità e specificità dei territori, si sono confrontate su varie materie come ambiente, salute, governo del territorio ecc. nelle quali però, lì dove le Regioni detengono la legislazione concorrente, legiferano in modo diverso l’una dalle altre.
C’è quindi molta confusione e non è da meno in materia di Governo del territorio.
Sono cambiate nel tempo: le nomenclature per le richieste dei titoli abilitativi edilizi (Permesso di Costruire PdC, Comunicazione inizio lavori Cil, Comunicazione inizio lavori asseverata Cila, Segnalazione certificata di inizio attività Scia, Segnalazione certificata di inizio attività alternativa al permesso di costruire, Superscia), il regime amministrativo applicabile, le relative attività edilizie ammissibili per gli interventi, fino al cambio formale degli stessi modelli di richiesta; i cui contenuti informativi, con un tentativo di semplificazione, sono diventati “unificati e standardizzati” a livello nazionale e sono stati approvati in Conferenza Unificata il 4 maggio 2017. Come previsto dall’accordo le Regioni hanno aggiunto all’interno dei modelli, per competenza concorrente in materia, i riferimenti alle proprie specifiche leggi regionali (entro il 20 giugno 2017), mentre i comuni avrebbero dovuto adeguarli (entro e non oltre il 30 giugno 2017). Il risultato è che i moduli edilizi di richiesta sono diversi per ogni Regione, e dovrebbero esserlo per ogni comune, e riguardo alla semplificazione ad esempio, in Campania il solo modello di richiesta di Permesso di Costruire è costituito da 30 pagine!

Al conflitto Stato-Regioni in materia di Governo del territorio si aggiunga la necessità di modifica delle leggi in materia urbanistica a livello nazionale, ormai datate e superate nei fatti. La legge urbanistica nazionale la n. 1150 del 1942 fu emanata da Vittorio Emanuele III e forse ora finalmente ci si accinge a riscriverla. É stata costituita la Sotto-Commissione in materia di Riforma Urbanistica nominata dall’ex ministro delle infrastrutture Enrico Giovannini e si sta lavorando a un disegno di legge dal titolo di “Principi fondamentali e norme generali in materia di governo del territorio” che si prefissa l’obiettivo di innovare la disciplina in particolare su tre problematiche: rigenerazione urbana, accordi pubblico/privato, partecipazione alle scelte di pianificazione.

C’è inoltre la questione interna al testo unico edilizia D.P.R. 380 del 2001 relativa
all’art. 36 che prevede in sede di richieste di titoli edilizi in sanatoria l’accertamento di conformità (la cosiddetta verifica della doppia conformità urbanistica), cioè che l’intervento deve risultare conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda. Questa verifica prevista da legge nazionale sovraordinata, contrasta spesso con le tante deroghe regionali o dei regolamenti edilizi rendendo le questioni spesso difficili da districare. La verifica pone enormi dubbi per aree e immobili che ricadono in zone dove seppur le previsioni urbanistiche cambiano con l’approvazione di nuovi piani urbanistici che rendono conforme oggi l’intervento abusivo realizzato, rimane però il fatto che l’abuso risulta difforme rispetto al piano vigente al momento della realizzazione, risultando quindi comunque oggi non sanabile.

Necessita ormai di una revisione legislativa anche il Decreto Ministeriale n. 1444 del 1968 relativo alle zone territoriali omogenee e agli standard urbanistici non più adatto ad una visione dell’urbanistica attuale e ai temi di quella che dovrebbe essere la rigenerazione urbana, per la quale la zonizzazione per unica funzione è superata da una visione urbana con funzioni miste e gli standard (spazi pubblici, attività collettive, verde pubblico, parcheggi) calcolati per metri quadro per abitante risultano riduttivi.
Bisogna quindi spostare la logica della normativa ad essere finalizzata a interventi urbani che pongano come prioritari il benessere dei residenti e il rispetto per l’ambiente, da ottenere attraverso un insieme di azioni che mirano a recuperare e riqualificare il patrimonio edilizio preesistente, gli spazi che lo circondano oltre a prevedere interventi di tipo culturale, sociale, economico e ambientale.
E questo non può più rientrare in una urbanistica a compartimenti stagni prevista dalla vecchia zonizzazione né a calcoli matematici dei metri quadri per abitante.
L’obiettivo prioritario deve essere quello di puntare all’innalzamento della qualità urbana operando per parti ma da quelle migliorare la qualità dell’intera città.
Il confronto sul tema è appena iniziato.

Nadia Marra

L’immagine in evidenza è un particolare di un’opera di Mary Cinque che illustra Infinitimondi 26/2022

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