Da anni, per iniziativa del Liceo “E. Medi” di Cicciano, gli incontri con gli autori sul territorio costituiscono una realtà, con la libera partecipazione degli adulti e di associazioni, oltre a docenti e studenti. Sono continuati con la Dirigente Scolastica attuale, Anna Iossa. Il percorso di quest’anno, organizzato con L’Ufficio Scuola Diocesi di Nola, il cui responsabile è Don Virgilio Marone, e con la Fidapa sezione di Nola, presieduta da Anna Maria Silvestro, ha avuto al centro la lettura di volumi, tra teologia, storia e letteratura, che mirano a stimolare la consapevolezza interiore. Pubblichiamo le brevi note di lettura di alcuni ragazzi, lette agli incontri sui libri: “Breve storia del mio silenzio” (Marsilio), un romanzo autobiografico di Giuseppe Lupo, scrittore, saggista e docente di Letteratura Italiana Contemporeanea alla Cattolica di Milano, che collabora a “Il Sole 24 Ore”; “Questa vita” (Garzanti), un saggio del teologo, Vito Mancuso, già docente di Teologia moderna e contemporanea presso la Facoltà di Filosofia dell’Università San Raffaele, che collabora a “La Stampa” C.M.


I NOSTRI PRINCIPALI ALLEATI. SU “BREVE STORIA DEL MIO SILENZIO”
di MICHELA LUONGO (classe V sez. A, indirizzo Linguistico)

“Breve storia del mio silenzio” è il ritratto dell’infanzia dello scrittore e saggista lucano Giuseppe Lupo, un romanzo di formazione che lo accompagna in un viaggio fatto di ricordi, in cui ripercorre avvenimenti, vicissitudini e situazioni che ricostruiscono le tappe principali della sua autobiografia, il suo passaggio verso la maturità.
Autobiografia “delicatamente fabulosa”, come è stato scritto, che cela alle sue spalle un trascorso molto arduo per un bambino di soli quattro anni che, con la nascita della sorellina, perde completamente l’uso del linguaggio e identifica nelle parole stesse le sue principali antagoniste, le sue acerrime nemiche.

Tuttavia, con l’avanzare degli anni, ciò che lo stesso Lupo considerava come una minaccia da abbattere e come uno dei suoi peggiori incubi dal quale svegliarsi al più presto possibile, si converte in uno degli strumenti essenziali che gli consentiranno di scoprire come tale condizione possa trasformarsi in una vera e propria vocazione e in un mezzo per costruire la propria identità, culminando con un lieto fine.
Dal suo trauma nasce l’amore e la passione per la lettura, trasmessagli dal padre, così come il valore quasi vitale della scrittura ‒ “il segreto con cui vincere la paura di ricadere nel silenzio” ‒ che rappresentano per il giovane Lupo le risorse indispensabili su cui fare leva per colmare questo tormentoso ed incessante oblio, “l’ultima medicina” in grado di eliminarlo per sempre.

Nel libro assume un valore simbolico la pioggia che, cadendo con un suo ritmo, con una sua “metrica”, è in grado di restituire il ritmo delle parole: la “pienezza dell’acqua”, infatti, “avrebbe sconfitto il male delle parole”, trovando rimedio al suo silenzio.
Il tentativo dell’autore, però, non è solo quello di condividere il suo percorso di vita, a tratti difficile, ma anche di raccontare un pezzo di storia di una generazione ‒ protagonista del boom economico che si intreccia con quella del Novecento ‒ generazione che migra verso il Nord, come se fosse il sogno americano… L’obiettivo è Milano, città degli illuministi, come l’America, sognata da bambino, la città che gli avrebbe dato tutto da adulto, da scrittore.

Il protagonista avverte, nella sua “migrazione”, in due poli completamente antitetici tra loro, un cambiamento insondabile: la Basilicata, immagine della sua identità e del suo silenzio, e Milano, riflesso del progresso, della caoticità, della modernità e del reale contatto con il mondo, carico di sfide, di avversità e di inconvenienti a cui bisogna far fronte inevitabilmente.

Questo romanzo costituisce il “connubio” perfetto tra la storia di chi, rammentando i tanti piccoli particolari di un’infanzia vissuta ad ascoltare “per la paura di aprir bocca”, vive in una condizione in cui una singola lettera sembrava al di fuori della sua portata, e il racconto di un cammino alla ricerca di quel “controverso rapporto tra rifiuto e desiderio di dire” che accompagna lo scrittore costantemente.
Si tratta di un racconto che vuole non solo far riaffiorare alla memoria dettagli non rimossi dalle parole, ma rendere noto il valore del silenzio, “il linguaggio delle passioni”, un modo di sentire, discreto e potente, che risuona nelle orecchie di chi è abituato a districarsi nei rumori e dá sollievo a chi invece di rumori non ne vuole sentire per ascoltare sé stesso.

E’ il viaggio interiore del giovane Giuseppe alla scoperta della fonte iniziale, la scrittura, che gli avrebbe permesso di varcare questa enorme insicurezza nel sentirsi poco adatto al peso delle parole, superata attraverso il racconto, la condivisione del suo “trauma infantile di afasia”, e poi, nel tempo, insidia persistente di “un male delle parole”.

Questo libro, dunque, non è solo fonte di liberazione dal rischio del silenzio, dal pericolo di rinchiuderci in noi stessi, ma anche motivo di stimolo per noi lettori, incoraggiandoci a cambiare il nostro destino, a convertire i traumi e ciò che da sempre ci appare come un nemico da distruggere in uno dei nostri principali alleati.




“QUANDO LE PAROLE DIVENTANO NEMICHE”
di CLAUDIA FORNARO (Classe V sez. A, indirizzo Tecnologico)

Giuseppe è un bimbo che a quattro anni perde l’uso del linguaggio, all’improvviso, alla nascita della sorellina. Da quel momento la sua vita cambia; le parole diventano nemiche. Inizia un periodo, vissuto dolorosamente, in cui un assordante silenzio lo rende avido e desideroso di quel mondo fatto di libri, dove ogni parola risultava al di fuori della sua portata.
Breve storia del mio silenzio ripercorre l’infanzia e l’adolescenza dello scrittore, vissuta tra il rifiuto e il desiderio di parlare, di questo enigma tra le parole, che sono diventate la sua vocazione. Le parole sono il filo conduttore che trasportano il poeta nel tempo, in un’altalena di ricordi, di viaggi, di incontri.
Giuseppe Lupo ci trasporta attraverso la sua storia in quel meridione rurale, fanalino di coda del boom economico, costretto a restare in bilico tra artigianato ed industria, tra la necessità di rinnovarsi e il volersi adagiare sulle tradizioni.
Dai colli lucani alle luci e ai palazzi di Milano, attraverso gli occhi sognanti di un bambino, alla scoperta di un mondo che non sa esprimere con le parole.
L’inadeguatezza, la malinconia, l’irrealizzazione svaniranno solo, paradossalmente, attraverso le parole: dopo tanti tentativi arriverà l’agognato riconoscimento di scrittore; da qui come un fiume verso la foce si scioglieranno tutti i nodi, scrivere sarà come fare terapia, guarire le ferite , sciogliere gli enigmi, allontanare le paure.
La letteratura avrà compiuto la sua missione salvifica.

Michela Luongo e Claudia Fornaro



ECOLOGIA DEL CORPO E DELLA MENTE. SU “QUESTA VITA”, DI VITO MANCUSO
di VINCENZO DELLA PIETRA (classe V sez. B, indirizzo Tecnologico)

Nel saggio “Questa vita”, Vito Mancuso analizza le origini dell’esistenza, la logica che la muove e gli aspetti che la riguardano. Il filosofo identifica nel processo di evoluzione della vita due forze antagoniste: il caos e il logos. Il caos nomina lo stato originario dell’energia, il logos definisce la logica che rende possibile la concretizzazione dell’energia nella materia. Mancuso ripropone un rapporto etico tra l’individuo, la natura e l’uomo. L’uomo deve comprendere l’influenza che possiede sulla realtà circostante e le conseguenze delle sue azioni. L’egoismo umano deve essere sostituito dalla sapienza e dalla saggezza per dare spazio al sensus communis.
La vita è composta da corpo, psiche e spirito. Mancuso elabora uno schema in cui il corpo ricava energia dall’aria, dagli alimenti e dal sonno, mentre le informazioni sono fornite dalla dieta, dall’igiene e dal movimento. La psiche si nutre attraverso emozioni e sentimenti e le informazioni sono ricavate dalla saggezza e dall’etica. Lo spirito assimila energia dagli ideali e dall’arte per questo la sapienza e la spiritualità sono le sue fonti di informazione.
La protezione della natura implica la responsabilità etica necessaria per garantirne la sussistenza. In questi termini, Mancuso arriva a definire i principi etici dell’ecologia, che non è solo la scienza che si occupa di studiare l’interazione dell’uomo con l’ambiente, ma rappresenta il rapporto etico che l’uomo deve avere con la natura.
Ne nasce un’etica della nutrizione e dell’ecologia capace di purificare il nostro corpo, per proteggere e custodire il pianeta, offrirci criteri per un consapevole esercizio della libertà. In questa prospettiva il valore di un essere umano non dipende da ciò che ha o che sa, ma da quanto riesce a mettersi al servizio di qualcosa di più grande di sé: dalla sua capacità di aprirsi all’altro, di abbracciare, di amare. È la nuova visione del mondo di cui questa vita ha urgente bisogno per tornare a fiorire.

Vincenzo Della Pietra
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