“Roberto De Simone ha cantato la musica di Napoli al mondo, ora ascoltiamo il grido del maestro”
di Giulio Baffi
Dopo la denuncia raccolta da “Repubblica” sul disagio economico nel quale si trova il grande compositore e musicologo, cresce la mobilitazione per attivare la Legge Bacchelli che aiuta personalità di “chiara fama” in difficoltà finanziarie
“Non potremo mai saldare il nostro debito di riconoscenza verso Roberto De Simone”, è il mantra che mi ripeto e ripeto a ogni possibile occasione da anni. Ho scritto e ripetuto tante volte che ne ho vergogna leggendo il grido che ancora una volta il maestro, che mi è anche amico, ha levato da queste pagine. Mostrandosi al mondo con la sua fragilità che, da artista grande, in questa sua straordinaria vecchiaia, ci addita ancora una volta la fragilità di tanti.
Chi lo ascolta? Si unisce a lui quella generazione di artisti che gli devono una parte almeno della loro arte e del loro sapere? Dove sono quelli che hanno applaudito i suoi spettacoli, e quelli che ancora ne godono senza nemmeno sapere il suo nome? Tanto è presente il lavoro di Roberto De Simone nel tessuto non soltanto della sua e nostra città ma di un tempo che lui ha segnato.
È lui che ha dato voce a ciò che altrimenti avremmo ignorato. È lui che ha raccolto e conservato, in parole, in scrittura, in spettacoli, in musica, in ricerche, in pubblicazioni, in accumuli di sapere, in invenzioni, una bella porzione di quanto ci portiamo dentro ed esibiamo con orgoglio nel mondo.


Roberto De Simone è stato il nostro paravento e non solo il nostro maestro. Basta citare quella “Gatta Cenerentola” che andò in scena nel 1976 e che nessuno ha più potuto applaudire per capire quanto sia presente nel nostro immaginario collettivo. Perché De Simone ha saputo in quello spettacolo mostrare la voce di altri, silenziosi da tempo. E da allora ha portato nei grandi teatri la storia di un popolo discriminato. Tanto basterebbe a giustificare quel “trattamento di attenzione” che oggi ci chiede a gran voce, per sè stesso e per altri che ne hanno necessità in questi giorni grevi.
Non conviene certo fermarsi ai meriti, grandi, di quello spettacolo spartiacque del teatro del Novecento. C’è stato il lavoro più silenzioso ed umile degli anni precedenti, e quello dell’avventura esaltante della Nuova Compagnia di Canto Popolare in cui affermò con forza, voce e musica, la legittimità di incontri e scontri culturali importanti. È la nostra vita e la nostra cultura che Roberto De Simone ha esaltato in spettacoli e riscoperte importanti: ha messo in scena la nostra vita ed il nostro passato per mostrarci il nostro presente distratto e criticarlo quando e come necessario.
E l’ha fatto con memorabili spettacoli. Ho amato molto quella “Opera Buffa del Giovedì Santo” in cui si affacciavano al teatro talenti altrimenti negletti, o quella “Festa di Piedigrotta” in cui il genio di Raffaele Viviani risplendeva di nuova luce severa non meno del luminoso e disperato “Eden Teatro”. E via così, di titolo in titolo a dirci e a darci coscienza della nostra storia.


Compositore irregolare e audace, ha scavato il passato per una musica moderna, ha celebrato Pier Paolo Pasolini con un “Requiem” di proporzioni gigantesche, ha firmato regie liriche nel mondo con l’orgogliosa semplicità puntigliosa di un mago sapiente, visionario, rigoroso e audace. I suoi libri ci insegnano e ci informano oltre che deliziarci. Perfino certe sue dimenticate canzoni, scritte in anni lontani, credo possano essere sue testimonianze godibili. Esaltato nel suo lavoro come artefice di una crociata artistica e civile, quest’uomo geniale e scontroso non ha fatto sconti ma ha saputo seminare e scovare talenti.
Ha prestato servizio nei suoi lunghi anni di militanza creativa come docente all’Accademia di Belle Arti di Napoli, direttore del Conservatorio di Musica San Pietro a Majella, direttore artistico del Teatro San Carlo, accademico di Santa Cecilia. È stato insignito di onorificenze e premi, Commendatore, Grande Ufficiale, Gran Croce al Merito della Repubblica Italiana. Non bonarie concessioni certo, ma doverosi riconoscimenti al suo grande lavoro. Ha un prezzo tutto questo? È il suo un valore collettivo da riconoscere e spendere con orgoglio? È De Simone una immagine nostra che dobbiamo far vivere con dignità per tutti gli anni – spero ancora molti – che verranno? Ci dia una risposta chi dal suo sapere è stato attraversato crescendo a sua volta. Ce lo dica, senza pretendere nulla in cambio, chi ha in mano le chiavi non di uno scrigno generoso, ma del decoro che a tutti dovrebbe spettare. Come lui stesso ci ha chiesto. Gridando e ammonendoci.

*L’immagine in evidenza è tratta dal profilo fb di Roberto De Simone

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1 commento

  1. Aderisco in modo più che convinto alle manifestazioni di sostegno alle proposte di Giulio Baffi per il maestro De Simone

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