Negli ultimi 50 anni si è sempre più infittito in Europa l’intreccio tra Ambiente e Sviluppo. A livello italiano, le ricadute sono state variamente ma sempre parzialmente colte, soprattutto per lo scarso o discontinuo ruolo esercitato dalla sinistra italiana che ha lasciato la tematica ad esclusivo appannaggio dei Verdi, una compagine, peraltro, residuale e marginale nello scenario politico e in quello dei Verdi Europei.
Per approfondire queste dinamiche torna utile riferirsi ad alcune significative tappe che hanno segnato la storia degli ultimi 50 anni.


La prima tappa parte dal 1973, quando la Guerra del Kippur chiude la stagione dei “trent’anni gloriosi” della ricostruzione post bellica e segna l’inizio del passaggio dall’economia di matrice keynesiana all’economia neoliberista. Presto si frena l’entusiasmo per la fine delle dittature degli Stati Mediterranei, a fronte della violenta repressione delle spinte progressiste dei paesi sud americani, in particolare in Cile e Argentina.
In Italia si assiste alla svolta di sinistra con l’exploit del Partito Comunista che nel 1976 tocca il suo massimo storico, divenendo nel 1984 il primo partito italiano. A Napoli addirittura nel 1975 viene eletto il primo sindaco comunista, Maurizio Valenzi, che opera un vero e proprio rinnovamento della città dopo la vicenda del colera del 1973 e affronta anche il terribile terremoto del 1980, cercando di rendere la immane tragedia un’opportunità per il rilancio non solo di Napoli, ma dell’intera regione scopertasi oltremodo arretrata nelle sue aree interne.
Questi anni di grande trasformazione sono segnati anche dalla nascita dei movimenti contro la politica nucleare promossa per limitare la dipendenza dal petrolio; il “nuovo ambientalismo” si presenta sulla scena politica con una piattaforma suffragata dalla Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente Umano di Stoccolma nel 1972 nella quale gli Stati riconoscono i “danni causati dall’uomo in molte regioni della terra”. Da essa prendono il via in Europa i Programmi di Azione Ambientale (il 1°1073-1976) e le Conferenza delle Nazioni Unite sugli insediamenti umani (la prima Habitat I nel 1976) arrivando nel 1983 all’istituzione nell’ONU della Commissione Mondiale per l’Ambiente e lo Sviluppo che nel 1987 pubblica l’ormai famoso rapporto Brundtland “Our Common Future” che introduce il fondamentale principio dello “sviluppo sostenibile”.


La seconda tappa parte sicuramente dal 1989: con il crollo del muro di Berlino si avvia la globalizzazione e il quadro geopolitico si complessifica con l’emergere soprattutto dei paesi asiatici. I timori per una “globalizzazione dei profitti e non dei diritti” sono espresse solo dall’antagonismo no-global: dagli scontri di Seattle, al G8 di Napoli e di Genova al Social Forum di Porto Alegre fino a Occupy Wall Street, si assiste all’intreccio della lotta ambientalista con la lotta agli effetti del neo-liberismo che rallenta solo dopo l’attacco alle Torri Gemelle nel 2001 ad opera di Al Queida, nonché dopo le repressioni violente avvenute al G8 di Genova e di Napoli.
Passando per il compromesso storico, il terrorismo e l’unità nazionale, la stagione del pentapartito e tangentopoli, l’Italia viene coinvolta pienamente nella strategia neoliberista promossa nel 1979 da Margaret Thacher nel Regno Unito e nel 1981 da Ronald Reagan negli Stati Uniti. La Sinistra italiana soprattutto dopo lo scioglimento del Partito Comunista e la dissoluzione di quello socialista, già flebile nei confronti dell’antagonismo no-global e dei movimenti ecologisti e pacifisti, cerca solo di far fronte alla deindustrializzazione e alla conseguente crisi occupazionale, sposando le teorie di Tony Blair sull’efficacia della liberalizzazione dell’economia. Dà speranza la nuova stagione politica avviata dal governo di Carlo Azeglio Ciampi ma soprattutto il protagonismo dei sindaci delle 100 Città: le elezioni del 1993 portano a una svolta democratica in tutte le città italiane e anche Napoli, pur nella difficile crisi post-terremoto vive, con il Sindaco Antonio Bassolino, il suo “Rinascimento”, riprendendo vari programmi già avviati dall’amministrazione Valenzi.
Contribuisce a questa svolta anche il clima generato dalla Conferenza di Rio de Janeiro del 1992, che oltre all’Agenda 21, dà il via alle COP, alle Conferenze delle Parti (la 1° a Berlino nel 1995) e alle conferenze europee sulle città sostenibili (la 1° ad Aalborg nel 1994). Gli effetti in Italia sono la nascita dei Verdi sulla scia di quelli europei, ma soprattutto l’istituzione nel 1986 del Ministero dell’Ambiente (prima dell’Ecologia) grazie al quale, anche in recepimento delle Direttive Comunitarie, vengono promulgate leggi in tutte le tematiche ambientali.
Questo scenario induce anche la sinistra italiana a promuovere l’ambiente come settore utile al reinserimento occupazionale di tanti lavoratori vittime della dismissione industriale. In Italia addirittura si prospetta una diminuzione del divario tra nord e sud dell’Italia attraverso una nuova politica di coesione territoriale, la cosiddetta Nuova Programmazione, per garantire, dopo la chiusura della Cassa per il Mezzogiorno, un forte ruolo dell’intervento pubblico, soprattutto in campo ambientale e sociale, per il rilancio del Sud, integrando i fondi strutturali della Programmazione 2000-2006 con quelli FAS (Fondi per le Aree Svantaggiate).


La terza tappa prende il via il 2008: non sono i no-global, ma è il fallimento di Lehman Brothers che mette in crisi il modello di sviluppo estremamente “sbilanciato” e drogato da bolle immobiliari e derivati. La reazione alla crisi tuttora perdurante, è stata molto diversificata. Nell’Europa allargata a 27, prescindendo dalla vicenda della Brexit, si assiste all’emergere dei paesi dell’Est, mentre quelle del Nord crescono, o almeno restano in equilibrio, grazie all’innovazione tecnologica e digitale a alla svolta verso lo sviluppo sostenibile. Sul bacino mediterraneo prende il sopravvento quello baltico e addirittura, anche per i primi scioglimenti dei ghiacciai, si aprono nuove rotte artiche per i rapporti con il mondo euro-asiatico. Si assiste alla cosiddetta “trappola dello sviluppo intermedio” (cfr. Viesti), perché decrescono le regioni a reddito medio e medio-basso, rispetto a quelle o più avanzate o più povere (in particolar modo dell’Est) e da un punto di vista della struttura sociale, si passa dalla rappresentazione a “rombo” a quella a “clessidra” (cfr. Vicari Haddock) con l’acuirsi delle diseguaglianze e l’assottigliamento (dalla diagonale del rombo alla strettoia della clessidra) della popolazione del lavoro dipendente industriale e del settore pubblico.
Intanto in Italia, la Nuova Programmazione non ha prodotto i risultati sperati e, anzi, soprattutto i due settenni dal 2007 al 2021 si sono rivelati molto negativi non solo per il Mezzogiorno (a meno di Abruzzo, Molise, Sardegna e Basilicata che escono dall’Obiettivo 1, poi Convergenza ), ma per tutta l’Italia, tranne che per alcune realtà del centro nord incentrate sugli assi da Bolzano a Firenze e da Milano verso Treviso e verso Bologna. Per quanto riguarda il Mezzogiorno la dimensione economica è inferiore a quella dell’inizio del secolo, e di oltre 30 punti inferiore alla media comunitaria. (cfr. VIesti)


Le ricadute negative sulla Campania, ma, in particolare, su Napoli sono evidentissime. La città perde popolazione, soprattutto giovanile per l’ingente “fuga dei cervelli” e perde direzionalità per il mancato passaggio ad un’economia terziaria avanzata e quaternaria e nonostante l’esplodere del turismo come unico fattore di crescita economica, sia pur sregolata. Cause esogene e endogene alla governance comunale portano all’acuirsi del degrado ambientale e sociale, con il progressivo depauperamento della “ricchezza comune”, la quantità e qualità dei servizi pubblici e soprattutto la loro accessibilità e il loro godimento. (cfr. Forum Diseguaglianze e Diversità).
La sinistra, che forse solo per ragioni dettate dall’emergenza aveva puntato sul settore ambientale nella fase acuta della dismissione industriale, resta miope davanti alle opportunità promosse dall’Europa incentrate sullo sviluppo sostenibile e non esercita un ruolo di costruttiva alternativa alle politiche di spesa dei fondi comunitari. Soprattutto in Campania non emergono vertenze di carattere strategico tali da orientare una salda opposizione al perdurante spreco di denaro per finanziamenti a pioggia e non orientati a reali prospettive di sviluppo.
In ciò, si evidenzia anche la sottovalutazione della marginalità dei Verdi italiani (oggi non sono neanche più in Parlamento) che doveva indurre la sinistra italiana a coprire quel vuoto sui temi ambientali e colmare il divario con la situazione europea dove alle elezioni del 2019 i Verdi sono stati il secondo partito più votato in Germania e il terzo in Francia, contribuendo a conquistare ben 69 seggi all’interno del Parlamento di Strasburgo (23 in più rispetto al 2014).
La quarta tappa si avvia nel 2019 con l’elezione di Ursula Von der Leyen alla presidenza della Commissione Europea. Sicuramente anche sotto la spinta del fenomeno Greta Thumberg, ma anche delle sollecitazioni di Papa Francesco a partire dal Laudato sì, la Von der Leyen, rivendica un nuovo ruolo dell’Europa incentrato sullo sviluppo sostenibile e sulla coesione tra gli stati per recuperare insieme alla crescita economica, la leadership in tema di democrazia, di innovazione e ricerca, di inclusione sociale, di lotta alle diseguaglianze. Lo strumento individuato è l’European Green Deal, il Patto Verde Europeo utile per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, secondo gli impegni presi negli Accordi di Parigi della COP 21 del 2015 e nell’adesione all’Agenda 2030, il programma ONU sottoscritto sempre nel 2015.
A seguito della pandemia da Covid 19 l’European Green Deal si è rafforzato con la Next Generation EU (NGEU), un fondo di sostegno senza precedenti di 750 miliardi messo a disposizione dell’Europa ai suoi stati e da programmare attraverso specifici Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza (PNRR). L’Italia è tra i maggiori beneficiari con un finanziamento pari quasi ad un terzo dei fondi della NGEU proprio in ragione dei riconosciuti ritardi di sviluppo fortemente aggravati dalla pandemia e della scarsa coesione del Governo e del Parlamento, dimostrata anche dalla caduta di due governi prima di affidarsi al Presidente Mario Draghi per affrontare questa onerosa sfida, sapendone trarre vantaggio e non sprecando i fondi assegnati, peraltro in prestito da rimborsare entro il 2058.
Questo breve exursus ci restituisce la pregnanza del tema trattato per interrogarci sull’attuale volontà e capacità della sinistra a cogliere l’occasione offerta dal Green Deal perché l’Italia, e soprattutto il Mezzogiorno, recuperino l’enorme gap accumulato. L’auspicio è che la sinistra, diversamente dal passato, sappia oggi cogliere ed interpretare i fermenti di tante associazioni e movimenti, dei tanti giovani dei Fryday For Future recatisi in massa a Glasgow per la COP26 per chiedere una Transizione Ecologica giusta che coniughi giustizia ambientale e giustizia ambientale, con azioni di contrasto sia ai cambiamenti climatici che alle enormi diseguaglianze maturate nell’ultimo ventennio. Diseguaglianze che nel Mezzogiorno sono acuite dallo stato in cui da anni versano gli Enti Locali, ormai quasi totalmente privi di personale e con bilanci in dissesto. Affrontare la spesa degli enormi fondi alle condizioni attuali è improponibile, ma non serve chiedere il pur doveroso sostegno al Governo, se non a fronte di una svolta seria nelle strategie di sviluppo che individuino un percorso virtuoso di lungo periodo e i settori strategici su cui far leva.
È impegnandosi su questi temi che la sinistra può recuperare il suo protagonismo nella società e contrastare la sfiducia espressa anche con gli altissimi tassi di astensionismo nelle recenti elezioni amministrative. Una suggestione interessante da cui prendere le mosse può essere senza dubbio quella maturata in Emilia Romagna con il Patto per il Lavoro e per il Clima. Esso è innovativo sia nei contenuti che nel metodo perché prevede un accordo tra istituzioni, imprese, associazioni di categoria e sindacati, terzo settore e cittadini che impegna tutti ad attuare, ciascuno per il proprio ruolo, le strategie messe in campo. Ma soprattutto questo Patto valorizza compiutamente il nesso tra Ambiente e Sviluppo, riconoscendo nello sviluppo sostenibile anche un importante fattore di contrasto e di bilanciamento rispetto alle diseguaglianze prodotte dalle eccessive derive neoliberiste, maturate negli ultimi cinquant’anni.

Anna Savarese

Testi citati:
 Gianfranco Viesti, Centri e periferie. Europa, Italia, Mezzogiorno dal XX al XXI secolo, Laterza, Bari, 2021
 Serena Vicari Haddock, La città contemporanea, il Mulino, Bologna, 2004
 Forum Diseguaglianze e Diversità, Rapporto 15 proposte per la giustizia sociale, il Mulino, Bologna, 2020

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1 commento

  1. Grazie Anna Savarese, anche per l’utile sintesi storica degli ultimi decenni.

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