La candidatura di Antonio Bassolino assomiglia a una fuga solitaria sul Pordoi. Contro i grupponi organizzati e non in favore di stampa. Una sfida per polpacci d’acciaio.
Con poche liste di sostegno, non confrontabili per numero a quelle, di partito e ‘civiche’, che accompagnano le candidature apparentemente più forti.
Ma mai i simboli di partito hanno convinto così poco come oggi; e mai così modesto è stato il valore aggiunto delle liste di sostegno, spesso deboli poli di attrazione del voto organizzato, di clientele e cerchie familiari.
Nell’assembramento di liste e simboli si legge già ora una promessa di ingovernabilità e si assapora il rancido di future spartizioni. E a destra poi, nella resistibile ascesa del candidato magistrato (un altro!), è palese la profonda ambiguità di un ‘civismo’ dichiaratamente schierato con i partiti e nello stesso tempo restio all’esibizione dei loro simboli. Destra e sinistra sono infine alla ricerca del parente di Maradona o comunque di qualche vecchio feticcio calcistico da reclutare, in un dongiovannesco catalogo delle conquiste (delle vecchie fa conquista pel piacer di porle in lista – avrebbe detto Leporello), per guadagnare la dote del nome magico che dovrebbe smuovere, a favore del candidato sindaco, il cuore napoletano. Il che piuttosto mostra impietosamente il vuoto di una politica da tempo senza anima, priva di un onesto e credibile programma di rinnovamento.
Sono tempi strani, ma proprio per questo le difficoltà della fuga solitaria possono trasformarsi in valore aggiunto: in una difficilmente emulabile capacità di dialogo con i cittadini napoletani, sfiduciati e distanti dalla politica, convinti in maggioranza dell’inutilità del voto e rintanati nell’indifferenza verso i ‘politicanti’, ma desiderosi tutti – nel profondo – di una Napoli ordinata, pulita, efficiente, di una città cosmopolita, aperta e ospitale.


Il sentimento diffuso su cui bisogna allora puntare è l’attaccamento alla città, che può prevalere su sfiducia e indifferenza e riportare al voto molti napoletani
.
Occorre intercettarlo. E Bassolino lo sta facendo al meglio girando per i quartieri e incontrando i napoletani, che senza difficoltà riconoscono in lui la persona più capace di governare la città. Di farlo con tenacia, passo dopo passo, in condizioni difficili come erano quelle del ’93 (le macerie di tangentopoli, gli anni ruggenti dell’attacco mafioso e camorristico allo Stato), circondandosi di persone competenti e oneste, partendo dalle piccole cose quotidiane: dalle buche stradali, dai trasporti pubblici, dai servizi essenziali, ma senza mai perdere di vista la ‘visione’ di una città rigenerata, produttiva e sostenibile che si levi finalmente dall’immobilismo decennale che ha condannato al degrado o alla stagnazione il centro storico, le periferie, la costa, i parchi urbani, i grandi spazi industriali abbandonati di Bagnoli e Napoli Est.
Il sindaco di 25 anni fa ebbe la capacità di fare, di introdurre innovazioni concrete e visibili nel corpo della città. Ma anche di caricare ciascuna di queste innovazioni di uno straordinario valore simbolico (da piazza Plebiscito, al maggio dei monumenti, ai parchi nelle periferie urbane). Non credo che i napoletani l’abbiano dimenticato. E non credo che ciò conti poco nell’immaginario collettivo.
Dal nuovo sindaco ci si attende (ci si deve attendere) la capacità di riprendere quella strada, partendo dalle nuove lacerazioni del tessuto urbano e sociale, attraverso una paziente opera di ricucitura, passo dopo passo, appunto; e dall’infinità di detrattori urbani presenti nel territorio, strutture fatiscenti e abbandonate, luoghi di addensamento e dilagamento del degrado, spesso luoghi pubblici in attesa perenne di nuova destinazione. Di coinvolgere in forme di partecipazione attiva il maggior numero possibile di persone, di volontari e associazioni, di portatori di interesse, nei singoli spezzoni di un grande progetto di rinascita. È un compito terribilmente difficile, che richiede generosità, impegno, competenza, solida esperienza amministrativa, profonda conoscenza della città e dell’hinterland. Indubbiamente sono le caratteristiche che segnano fortemente la candidatura di Bassolino e che danno significato a quell’ancora lui, prima pronunciato da avversari e frenatori con senso di sufficienza, ora ripreso dallo stesso Bassolino con il giusto tocco di ironia (e autoironia) che interroga l’elettore su dove altro sia ora ravvisabile, tra i candidati a sindaco, uguale esperienza e conoscenza della città e della sua macchina amministrativa, uguale capacità di coniugare quotidianità e visione del futuro. Ma si tratti di rattoppare vie e spazi pubblici, di demolire detrattori urbani e carcasse inutili di cemento, di trasformare piazzali e parcheggi in boschi urbani, di riaprire e presidiare chiese e monumenti, di rendere pienamente fruibili i parchi della città, di incentivare le coperture fotovoltaiche sugli edifici pubblici e su quelli produttivi, ma anche solo di riempire i balconi di gerani, quello che conta è creare intorno a ciascun progetto nuove comunità consapevoli, orgogliose di partecipare all’attuazione di grandi o piccoli progetti di innovazione e trasformazione che restituiscano a Napoli vivibilità e dignità.
E conta riappropriarsi finalmente della capacità di gestire e manutenere ciò su cui si è investito. Perché c’è bisogno di mantenere il fuoco dell’iniziativa sempre acceso, se si vuole che anche i più grandi investimenti (come quelli che la città attende dal new generation eu), non si spengano nell’incuria e non alimentino il disordine endemico al quale per troppo tempo i napoletani si sono rassegnati.

Alfonso De Nardo

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