di Giuseppe Vitiello
Il segretario del Pd si è dimesso. Fioriscono i commenti. In un’epoca nella quale si contesta l’ ingenua falsità di slogan come “ Uno vale Uno “, i professionisti della “ politica “ mediatica, ovviamente, si sentono autorizzati a pronunciare ogni tipo di giudizio ed a criticare, senza timore di replica o di approfondimento probatorio, autoreferenziali ed oligarchi come la peggiore politica che assumono di essere in grado di commentare. “Uno vale Uno” solo per loro. E la memoria diventa un inutile orpello, un fastidio, un incidente di percorso. Conviene, allora, riavvolgere il nastro. Nessuna paura, per carità. Nessuna profonda analisi retrospettiva. Solo evidenze della cronaca.
Quando diventa Segretario del PD, Zingaretti raccoglie un Partito sull’ orlo di una crisi profonda e definitiva. Un Partito ridotto al minimo storico dalla geniale conduzione di un leader rottamatore che, anche a sua insaputa, lasciava trasparire in ogni occasione pubblica la sua personale idiosincrasia per “ La Sinistra “ ( celebri alcuni lapsus poco freudiani da Vespa ) e le sue presunte vanità novecentesche. Per essere il Segretario del maggior partito della sinistra europea, un indubbio colpo di teatro. Ma i problemi venivano anche da prima, ovviamente. Ricordo le Primarie di Renzi contro Orlando. Nella mia sezione ( al secolo detta “circolo” ) si votava in un luogo di fortuna, la sede era stata lasciata per insostenibilità dei costi. Il Congresso ( non so se il termine sia propriamente questo ) si svolse con due interventi ( tra cui il mio ) e 7 sedie vuote. Qualcuno commentò pensando di fare cosa intelligente e divertente: “Ma perché, si parla pure? Dobbiamo solo votare !”. Non conta che personalmente non abbia mai votato Renzi – sostenendo nell’ ordine Bersani, Cuperlo, Orlando – avendo la chiara e immediata impressione di essere di fronte ad un perfetto “ piatto vacante “, come usiamo dire dalle nostre parti. Conta che quell’ immagine – di quel Congresso in una sede di fortuna, infastidito da ogni vaga idea di dibattito e concentrato sulle percentuali di consensi a capetti e listini – era da tempo la metafora di una comunità che aveva smarrito la strada ed aveva buttato il bambino salvando l’ acqua sporca.
E questo non è colpa di Renzi, ma spiega come sia stato possibile che un “ uomo senza qualità ” abbia potuto assumere la guida di un partito fondamentale della sinistra europea.
Zingaretti eredita questo. Senza avere il controllo dei gruppi parlamentari “nominati” da Renzi. Con “ gruppi dirigenti locali “ ( definizione che ammetto possa risultare ardita ) fortemente condizionati da incrostazioni burocratiche, notabilati ereditari, sistemi di potere sperimentati e da logiche di selezione fondate sull’ opportunismo e la fedeltà. Con un gruppo dirigente nazionale ( tranne eccezioni ) completamente disabituato a qualunque logica di analisi e costruzione del conflitto, restio ad ogni sistematica attività di condivisione dei “ vissuti politici territoriali “, ed ormai affascinato dalle insulse logiche del “ ciaone “. Ed eredita un inedito governo giallo/verde. Il populismo ed il sovranismo insieme al governo della Repubblica. Perché anche questa – molti non ricordano come novelli smemorati di Collegno – è l’ eredità del genio fiorentino e delle sue pulsioni rottamatrici. E allora a Zingaretti tocca, in questo contesto, provare a ricostruire un profilo di autonomia, di dignità, di opposizione credibile, di ricostruzione organizzativa e politica. E lo fa, sfruttando anche in modo sapiente e discreto il suo ruolo di Presidente della Regione Lazio, di amministratore legato ai problemi concreti delle persone, di dirigente politico con i piedi per terra che conosce, anche, la necessità di una rinnovata visione critica dell’ Italia e del suo futuro.
E combatte Zingaretti, combatte. Il PD inizia a dare prove sufficienti alle Amministrative. Cominciano a crearsi condizioni di primo rinnovamento in alcuni territori. Alle Europee il risultato del PD ( qualcuno ricorda il generoso Calenda ? ) contribuisce a bloccare, su scala nazionale ed europea, la pericolosa strategia sovranista che nel frattempo si è rinsaldata e rafforzata attorno alla Presidenza Trump. E poi arriva il “Papete” ! Il Segretario, tentenna. Sa che l’ azzardo è notevole. Ma non c’ è nessuno, proprio nessuno, che non lo inviti a dare corso all’ esperimento. Chi perché ad eventuali elezioni la Destra appare vincente, chi perché bisogna interrompere la pericolosa saldatura tra gli elettorati di Lega e 5stelle, chi perché bisogna spezzare un pericoloso groviglio reazionario, chi perché intravede la possibilità di fare un altro giro da Ministro o Sottosegretario. E Renzi pure, perché sa che alle Elezioni perderebbe ogni capacità di influenza ed ogni possibilità di interdizione parlamentare. Imputeranno ( in maniera del tutto strumentale e villana), poi, a Zingaretti di vivere in maniera subalterna l’ alleanza con i 5stelle. Il Pd avrebbe dovuto assumere la guida del Governo si è detto, pure da parte di illustri analisti o noti filosofi. Evidentemente analisi e filosofia non hanno più in conto la durezza dei numeri e la scarna significanza dei rapporti di forza. Come se un partito sconfitto al 18% potesse dettare la linea al partito vincitore delle Elezioni con il 34%. Come se non fosse sufficiente, a significare lo sforzo compiuto, ottenere – pur sconfitti e devastati grazie a Renzi – il Ministro dell’ Economia, il Ministro delle Infrastrutture, il Ministro della Difesa, il Ministro del Mezzogiorno ( qualcuno ricorda il Masterplan, per caso ? ), il Ministro dela Cultura ( l’ onnipresente Franceschini ), il Ministro degli Affari Europei, il Commissario Europeo ( esprimendo anche il Presidente del Parlamento Europeo ). Tutto frutto del caso evidentemente. Immagino gli stessi critici di una supposta ed inesistente sudditanza essere gli stessi che avrebbero accusato Zingaretti di presunzione e irresponsabilità se avesse scelto legittimamente la strada delle urne. Come dire, quando l’ “ opinione è merce “. Ed è pure avariata.
Ma la vita è varia e offre inesauribili sorprese. E allora il genio di Rignano provoca la scissione di Italia Viva. E qui ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere. E la presenta come il tentativo di “ asfaltare il PD “, testuale. E di fare come Macron con il PS francese. Quindi uno che è stato il Segretario di quel Partito portandolo alla storica sconfitta e con i voti di quel partito è stato eletto Senatore, lo indebolisce ferocemente nel luogo nevralgico della rappresentanza nel momento in cui maggiore doveva essere la risoluta compattezza per reggere l’ inedita alleanza con il vituperato alleato populista. Un puro atto di ostilità. Un genio dell’ infamia. Niente altro. E nonostante questo dato di fatto banale e incontrovertibile, parte il disco mediatico falso, mercenario e interessato della sudditanza del PD.
Ma Zingaretti non arretra. E fa quello che qualunque dirigente politico al posto suo avrebbe fatto. Nelle condizioni storiche date e con la qualità data delle forze in campo, prova a capire se l’ inedita alleanza di governo può esser qualcosa di più. L’ occasione è data dalle Regionali. L’ esordio non è entusiasmante. Ma si va avanti. C’ è l’ Emilia da tenere. E poi Toscana, Campania e Puglia. Il Pd deve partire dalle proprie forze e provare ad allargare, includere, mobilitare forze. E contemporaneamente sfidare i 5stelle su una loro fragilità come le Regionali. Tutt’ altro che sudditanza, si direbbe ! E allora, mentre il Governo prepara la Finanziaria che per prima, dopo anni, non solo evita le clausole Iva ma apre a investimenti e tutele, accade che il PD decida anche di avviare una riflessione plurale, aperta, di profilo costituente sulla Identità, sul profilo e sulla natura di una moderna forza di sinistra europea, riformatrice, popolare. E mentre a Bologna sta per aprire i lavori dell’ Assise coordinati da Gianni Cuperlo, dove attesi in 500 ne arrivano 4000, si accorge che Piazza Maggiore è stata invasa da migliaia di giovani che si definiscono Sardine e che hanno deciso di non darla vinta a Salvini, Meloni, Berlusconi, di non darla vinta ai populisti ed ai rottamatori, di non darla vinta a indifferenti e opportunisti. Il quadro è completato dal Congresso della CGIL dove Landini già era stato eletto Segretario.


Ora io immagino il biancore, il pallore nei volti di tanti ignoti astanti di salotti borghesi, di minuscole quanto onnipresenti redazioni giornalistiche, di sedi sociali con annessi AD e Top Manager, di consigli bancari, di uffici finanziari, di circoli neo fascisti, di vestali liberiste, di osannanti Blairisti, di bigotti di ogni ordine e grado di fronte alla scena folle e del tutto inattuale che si andava profilando: il PD che riprende e rinsalda la sua vocazione di Sinistra ( unica e vera, la vocazione maggioritaria è un surrogato scaduto spacciato per prodotto Bio ); un PD che torna competitivo in campo elettorale prima alle Europee, poi in Emilia e poi alle successive Regionali ed Amministrative; un Governo che “ rischia “ di diventare un esperimento per saldare un inedito “ groviglio progressista “; una ripresa di protagonismo di mondi vitali giovanili, civici, ambientalisti, solidali; un Sindacato che riprende vigore unitario, forza rivendicativa e progettuale. “La fine del mondo! “, avranno pensato i citati ignoti astanti nel loro pallore. Ma avevano il loro cavallo di Troia in quelle fila, l’ Italia peggiore era ancora Viva e con una chance corsara da giocare. Non è un caso se proprio alle Regionali, Italia Viva abbia provato a indebolire, inutilmente e per fortuna in maniera ridicola, la ripresa del fronte democratico e progressista. E se proprio nel Gennaio/Febbraio del 2020 annunci iniziative tese a mettere in discussione governo ed alleanze.
Ma arriva la Pandemia e inizia un’altra storia. Il Governo prima fa quel che può, poi quel che deve. Protegge l’ Italia nonostante la inusitata virulenza della malattia e la conseguente devastante sfida sociale ed economica. Infine il Governo fa quel che non ti aspetti. Costringe, insieme ad altri, la BCE prima e l’ Europa poi a cambiare completamente rotta e porta a casa solidarietà europea, Sure, Sospensione del Patto di Stabilità, riscrittura delle condizioni del MES e, udite udite, il Recovery Found finanziato con debito comune. Conte, Gualtieri, Gentiloni, Sassoli, Zingaretti sono protagonisti di un conflitto vero che sposta equilibri, rompe tabù, interroga elites e parlamenti, spacca forze politiche, richiama attenzione e partecipazione popolare.
Un capolavoro. Per le persone oneste. Ma gli avvoltoi sono all’ opera. 209 miliardi gestiti da Zingaretti, Conte, Di Maio, Gualtieri, Landini ? Orrenda prospettiva per chi è abituato a chiamare sussidio assistenziale ogni misura di contrasto al disagio e contributi allo sviluppo le truffe 488.
Poi ci sono stati anche limiti, errori, sottovalutazioni, inadeguatezze. Certo, ci sono stati i banchi con le rotelle. Ma nel frattempo negli Usa si moriva per strada, in Brasile c’ erano le fosse comuni, in Francia e Spagna e Inghilterra si era allo sbando, la Germania reggeva con difficoltà, altrove non si capiva nulla. E intanto un improbabile Ministro di nome Speranza riusciva a mantenere una linea di rigore ed a districarsi nell’ ingorgo delle competenze regionali riuscendo persino a descrivere come opportunità una oggettiva falla del sistema dovuta alle conseguenze della riforma del Titolo V, allo spropositato e cabarettistico protagonismo di molti Presidenti di Regione ed ai risultati di 20 anni di tagli al diritto alla salute e di privatizzazione dei servizi sanitari.


Ma nel frattempo gli avvoltoi erano al lavoro. Avevano il loro cavallo di Troia. Non vi erano motivi tali da provocare una crisi di governo e lo sapevano. In tempo di Pandemia poi, neanche a pensarci ! Ma il tema non era concordare con Priamo le scuse per la presunta offesa all’ onore di Menelao sposo di Elena. Il tema era incendiare Troia ! E dunque bisognava utilizzare il Cavallo. L’ errore di Conte e Zingaretti è stato di dimenticare l’ ammonizione: “Timeo Danaos, ac dona ferentes !”. Non vedere il contesto, sottovalutare l’ offensiva e le sue larghe e potenti alleanze. E i suoi profondi obiettivi: il Governo, i 209 miliardi, l’ alleanza Pd 5 stelle, l’ esistenza stessa di una sinistra riformatrice, il ruolo del Sud in un progetto di rinascita nazionale ed europea, la Presidenza del G 20.
Ed al fine il tema vero: chi comanda ? Chi prova a rappresentare – seppur in nuce, in maniera un po’ sbrindellata, senza i congiuntivi al loro posto, in una fase di ricerca della propria identità, con errori e cadute (certo) ma anche con inattese capacità, aperture, tutele (altrettanto certo) – il lavoro, gli ultimi, l’ innovazione necessaria ? Oppure chi pensa che Prima viene il Nord, l’ Impresa che non ammette funzioni sociali e regole pubbliche, quella che non dà quello che scrive in busta paga, quella che non rispetta le regole ambientali, quella che fa profitto e finanza con i contributi a fondo perduto dello Stato e si scandalizza per un Reddito di Cittadinanza ? E via dicendo, l’ elenco è lungo. Completatelo Voi.
E poi è arrivato Draghi. Persona serissima, di superiore competenza, grande italiano. E qui l’ errore di Zingaretti e 5stelle è stato di accettare l’ indicazione di Mattarella (prima silente sull’ inverecondo attacco di Renzi) senza porre a quella le condizioni dovute ad una maggioranza che non era uscita sfiduciata dal confronto parlamentare e la cui condivisione era necessaria per evitare il “male dichiarato “ delle elezioni anticipate ( se veramente quello era il rischio a causa della Pandemia ). Fissare paletti e condizioni, fino a rischiare la rottura, fino a rischiare le elezioni.
Ora Zingaretti e Conte stanno facendo i conti con i loro errori ed è giusto che sia così. Ma è altrettanto chiaro che nessuno degli argomenti agitati dalla pubblicistica e dalla politica per sottolineare presunti fallimenti epocali, appaiono fondati. Nemmeno a provocare una crisi di Governo in piena Pandemia, in verità.
Non lo è la presunta sudditanza del Pd ai 5stelle, non lo è la decisione di non fare ricorso al Mes, non lo è la circostanza che Conte sia stato Presidente del Consiglio nel precedente Governo, non lo è il presunto ritardo sul Recovery, non lo è una presunta confusione nella gestione della pandemia, non lo è Arcuri, non lo è Casalino, non lo è la stanchezza di Conte.
Perché i motivi reali sono sotto gli occhi di tutti e si chiamano: 209 miliardi da gestire; la messa in discussione della “ spaventosa “ alleanza Pd 5stelle; l’ esistenza della possibilità di dare una chiara prospettiva riformatrice alla sinistra italiana ed al Pd; la ritrovata competitività del fronte progressista e la contemporanea inconsistenza elettorale del progetto killer di Italia Viva; la possibilità di saldare mondi vitali, forze sindacali, energie civiche ed ambientaliste intorno ad una speranza progressiva e democratica. Questa sì a vocazione maggioritaria. Per questo era necessario fare una scissione, mettere in crisi un governo e osare dire agli Italiani che avere un governo con Giorgetti e Carfagna è meglio di un Governo con Gualtieri e Provenzano. Draghi è solo un’ ottima persona chiamata a svolgere la funzione di Amministratore di Sostegno di classi dirigenti senza scuse, senza giustificazioni, senza pudore, cinicamente potenti quanto incapaci di atti di responsabilità e servizio. Degne di Caporetto, non conosceranno mai più Vittorio Veneto.
Nel PD e tra i commentatori, intanto, circolano alcuni strani argomenti. Si dice che il Pd abbia commesso un errore ad indicare in Conte un possibile federatore o un realistico punto di equilibrio dell’ alleanza parlamentare nel Conte 2. Addirittura, al limite della truffa, si agitano presunti sondaggi ( oggi per quel che sarà ) per dire: “Vedi popolo, dove conduce l’ alleanza con Conte, al 14%”. Ovviamente l’ argomento è molto utilizzato da quelli che il PD lo hanno già portato al 18 e poi lo hanno colpito con una ulteriore scissione a fronte della quale Palazzo Barberini diventa il simbolo della Rivoluzione Mondiale. E poi si aggiunge che il PD deve pensare a se stesso, definire la propria Identità, smetterla di rincorrere alleanze e Grillini. Argomenti sui quali varrebbe la pena neanche soffermarsi, se non fosse che riguardano un passaggio necessario di lotta politica del presente e del prossimo futuro.
Conte punto di equilibrio di una maggioranza parlamentare lo è stato di fatto e nei fatti. Si sapeva sin dall’ inizio dell’ esperienza giallorossa. E il Conte federatore era un’ indicazione coerente con il tentativo di verificare la possibilità di trasformare una complessa vicenda parlamentare in un’ alleanza politica, nonché un modo chiaro per parlare all’ elettorato 5stelle di steccati che dovevano cadere definitivamente. E un modo, aggiungo, per non disperdere – comunque fosse andata – l’ esperienza maturata. Né ha qualche fondamento logico e politico questa plebea e rozza eccezione in virtù della quale prima un Partito pensa a se stesso e poi definisce un strategia di alleanze politiche e sociali. Ma dove l’ avete presa questa fesseria ?! Su quale Bignami l’ avete letta !? Siamo da sempre stati abituati ad affrontare discussioni nelle quali è impossibile non tenere insieme i due corni del problema: chi sei e con chi stai, perché quel percorso si e l’ altro no. E sapendo che Identità e Alleanze non si fanno costruire a tavolino. Le puoi immaginare ma poi le devi saper definire nel vivo dello scontro politico, dell’ iniziativa sociale, dei rapporti di forza che ti trovi ad affrontare. Amareggia che, al netto di alcuni in buona fede, i richiamati argomenti siano stati utilizzati da Dirigenti nazionali di esperienza e da stimabili intellettuali e commentatori. E’ evidente che il virus della caricatura strumentale, per alcuni, è divenuto pane per la tavola.
E poi questa critica, elitaria e snob, ai 5stelle ! Vade retro Satana ! Fa lo stesso se l’ epiteto è “bibitari” o “ ignoranti e incompetenti “, oppure se l’ accusa, più politicamente, è quella di essere populismo di destra da annientare. L’ origine dell’ anatema è la stessa: l’ ormai genetica incapacità di pezzi della sinistra di fare i conti con i bisogni reali e concreti dei ceti subalterni, con i processi di impoverimento di classi e territori, con le dinamiche di proletarizzazione dei ceti medi, con l’ esplosione delle disuguaglianze, con il disorientamento e la paura di parti consistenti di popolo di non riuscire a sopravvivere.
Qui si vive a 24 ore. Lì si discetta sulla stabilità dei mercati e sulle regole e le compatibilità dell’ economia liberale!


Quando un fenomeno anomalo e sgangherato come i 5stelle raggiunge percentuali del 50 % in gran parte del Sud e il maggior Partito della Sinistra diventa in quelle stesse realtà del tutto marginale hai il dovere di capire, correggere e tornare a costruire una connessione con quel popolo. Nel 2018 lasciammo – consapevolmente e per scelta di classe, non per errore o dimenticanza – la bandiera della Lotta alla Povertà ai 5 Stelle ed il risultato fu devastante. E ancora oggi le vestali della presunta saggezza liberale parlano del Reddito di Cittadinanza come di uno scandalo da cancellare.
Il tema era ed è evidentemente un altro. Combattere le posizioni dei 5stelle tutte le volte che è necessario senza sconti; sfidare il Movimento nella dura prova del Governo; sfidare il Movimento sul terreno elettorale e sulla fragilità del suo insediamento amministrativo; sfidarlo sul terreno della costruzione di un’ Alleanza politica che abbia al centro innovazione, uguaglianza, lavoro ed Europa; parlare ai disagi ed alle paure che ha rappresentato ed al suo elettorato.
Più o meno quello che si è provato a fare nelle condizioni date e con i rapporti di forza dati. E se si è tentato di colpire e affondare questo processo è per un motivo esattamente opposto a quello che viene declamato da certi nobili decaduti della ex nomenclatura della sinistra “ cheche “ ( come la definisce un caro compagno ): l’ esperimento, inopinatamente, stava iniziando a dare frutti, a fare passi in avanti, a determinare cambiamenti. E anche per questo è in profonda malafede chi sostiene che Italia Viva non ha fatto altro che quello che il PD non ha saputo fare. Una cosa è criticare il PD perché forse avrebbe potuto, con maggiore chiarezza e determinazione, avvertire che subito dopo il successo della trattativa Europea bisognava chiamare con nettezza tutta la compagine governativa ad un deciso cambio di passo. Altra cosa è continuare a non vedere e capire che l’ obiettivo di Italia Viva, e dei suoi promotori e alleati visibili ed occulti, non era rilanciare il Governo e l’ Alleanza ma distruggerli. Il resto sono chiacchiere e distintivo.
Ma poi c’ è un altro punto, lì sullo sfondo, che va ben oltre la necessità di riavvolgere il nastro. Ho già scritto altrove del nesso tra Covid e Nuovo modello di Sviluppo (Immagina Blog 2020 ). E ora stiamo vedendo in diretta, giorno per giorno, attraverso i TG le immagini dal vivo di questa tensione, di questo conflitto storico. Da una parte una Pandemia dolorosissima che ha disvelato tutte le fragilità di una umanità dolente, sofferente, diseguale, impoverita, migrante, in guerra. Dall’ altra lo scontro: la Destra sovranista, neofascista, ademocratica che, al suo livello apicale ( Trump ), indica i suoi obiettivi semplici quanto devastanti: assaltate Parlamenti; incendiate Costituzioni; Prima vengo Io ed il mio recinto; Profitto e Successo prima di Diritto, Salute e Dignità. E il mondo Democratico e Liberaldemocratico che, divenuto consapevole del pericolo che corre il rule of law, reagisce ricostruendo tra USA ed Europa una comune iniziativa per fermare l’ avanzata del pericolo sovranista e rilanciando scelte politiche e di politica economica che fanno dire ad Obama, alla TV italiana: “la democrazia non è una conquista scontata e va difesa; Le disuguaglianze mettono in pericolo la democrazia e vanno mitigate assumendo le esperienze più avanzate come quelle delle socialdemocrazie del Nord Europa ( Svezia )”. ( Le scene di Capitol Hill devono essere state per i Democratici americani più di un pesantissimo pugno nello stomaco, un pugno che si meritavano da tempo in verità. Altrimenti un ex Presidente della caratura di Obama non parlerebbe così in una Tv di uno stato estero.) Ecco, se non si ha in mente questo contesto – contesto che ha radici profonde negli ultimi venti anni di storia e che la Pandemia ha scosso come un potentissimo detonatore – non si ha chiaro nemmeno il qui ed ora del PD e della sinistra italiana ed europea. Non stiamo parlando di accademia, di congetture filosofiche astratte, di vaniloqui senza realtà. Stiamo parlando di quello che si vede dai nostri apparecchi televisivi, dai nostri cellulari, dai nostri computer, nei nostri ospedali, nelle nostre imprese, nei nostri consigli comunali, nei nostri governi. E’ cruda realtà, non è nulla di virtuale. E ci dice, sintetizzo, che ci sono forze che pensano di uscire da questa crisi tornando molto indietro; forze per le quali lo stato di diritto è pura forma; per le quali il Diritto è buono solo quando garantisce comando, proprietà, profitto; forze per le quali esistono “ razze “ superiori ed il mondo è meglio in bianco e nero che a colori. E poi ci sono forze – democratiche, liberaldemocratiche, liberalsocialiste – che pensano che si possa uscire da questa crisi epocale ( che viene a poca distanza da quell’ altra del 2008 ) rilanciando un capitalismo compassionevole, efficienza dei processi democratici, multilateralismo e ordinamenti sovranazionali. Attenzione, si tratta delle forze più avvertite e avanzate, su questo fronte, nell’ attuale sviluppo delle società capitalistiche e a democrazia matura. Guai se non ci fossero. Delle stesse e della loro cultura siamo parte e con le stesse qualunque forza di sinistra o progressista deve saper avere e coltivare confronto e dialogo critico.
Ma ecco il punto. E’ sufficiente questo ? E’ sufficiente per rispondere alle potenti pulsioni della Destra sovranista e ademocratica e per fornire una risposta “altra” agli interessi ed alle aspirazioni che le generano ? E’ sufficiente in un mondo dove altri attori salgono alla ribalta e non sempre per le sorti magnifiche e progressive dei loro sistemi politici e sociali ? E’ sufficiente questo in un mondo attraversato da potenti fenomeni migratori, segnato da mille guerre “regionali” , dal clima malato e con l’ anima incerta e provata ? Guardo il TG e penso, semplicemente, che no, non è sufficiente e che pensare di uscire da questo passaggio di Storia tornando al punto di partenza, con un po’ di compassione in più, un po’ di efficienza in più, non sarà affatto sufficiente e che questa intenzione potrebbe dimostrarsi, alla prossima crisi, una pericolosissima illusione.
Ancora una volta, non sono dotte elucubrazioni o nuove filosofie della storia che ci suggeriscono gli argomenti. Perché è alla nostra concreta esperienza che, ancora una volta, bisogna attingere a piene mani. Dopo la II guerra mondiale le forze democratiche e progressiste non risposero ristabilendo semplicemente quello che c’ era prima, ma fondarono democrazie costituzionali progressive, consolidarono rinnovate istituzioni sovranazionali, e indicarono nel rapporto stretto e dialettico tra democrazia formale, diritti sociali, cessioni condivise di sovranità, nuovi ordinamenti internazionali e primato dei valori e dei principi di libertà, uguaglianza, pace, autodeterminazione il campo nuovo di gioco per la nuova umanità uscita da due guerre mondiali, dall’ Olocausto, dai Campi di Sterminio, dalla esperienza della bomba atomica. E’ in questo contesto che trova spiegazione compiuta e piena luce, come un faro di vita e speranza, la nostra Costituzione, i suoi principi sacri e lungimiranti, il suo costante e progressivo invito a comprendere che conflitto, democrazia, e cambiamento sono l’ essenza stessa di un processo che salvaguarda lo Stato di Diritto e, al tempo stesso, lo “ condanna “ a spingersi sempre oltre, a riconoscere nuovi e più avanzati spazi di libertà sociale, di uguaglianza sostanziale, di democrazia partecipante e decidente. Così come del resto la Costituzione Tedesca. Non è un caso se proprio queste due Costituzioni siano oggi il simbolo delle Democrazie Costituzionali progressive che hanno preso il posto degli Stati liberali che furono incapaci di impedire due guerre e l’ orda barbarica del nazifascismo.
Dunque è la nostra storia nazionale ed europea che ci indica la strada. E la nostra storia ci dice che, con queste consapevolezze, conviene ed è giusto che ci siano e rimangano in campo forze che pensano che si debba uscire da questa Pandemia con un nuovo orizzonte, indicando una nuova frontiera progressiva. E se all’ inizio del secolo scorso, nel mezzo della I guerra mondiale, nella Russia zarista qualcuno disse “ Pace e Terra !“ e cambiò la storia, è necessario che oggi ci siano esperienze, profondamente radicate nella comune cultura democratica, capaci di dire “ Salute, Lavoro, Uguaglianza, Terra, Nuovo Ordine Mondiale fondato su pace e diritti dei popoli “.
Perche è solo così – ampliando gli spazi di democrazia sociale, sottraendo progressivamente spazi all’ arbitrio del capitale, promuovendo la democrazia come valore di libertà e uguaglianza – che si salvano e si rinnovano anche le conquiste delle democrazie liberaldemocratiche che hanno dimostrato di non essere al riparo dagli assalti di quelli che vorrebbero riavvolgere il nastro della Storia e spostare indietro le lancette dell’ orologio. Perche è solo così che non solo difendi la Democrazia ma combatti in profondità – svuotandone motivi, ansie, paure, pulsioni irrazionali – le ragioni e le parole d’ ordine intorno alle quali si organizzano e crescono le forze del sovranismo e della reazione.
E per questo è giusto continuare ad essere Partito Democratico. Perché la Democrazia come valore e come fondamento di libertà ed uguaglianza è la chiave che la storia nostra ci consegna per continuare ad aprire porte sbarrate e svelare Nuovi Orizzonti. “ La Democrazia come valore universale; Pace, Lavoro e Democrazia “ per citare qualche indimenticabile Segretario del “900. La Democrazia presa sul serio, aggiungerei. Per dire che se ti chiami Partito Democratico non è per un gentile e inappropriato omaggio alla famiglia Kennedy, ma è per dire che lì dove una speranza si è interrotta perché trasformatasi in un incubo giustamente travolto da un muro, lì rimangono domande, bisogni, aspirazioni di giustizia, pace, dignità che pretendono e pretenderanno sempre risposte.
Ora bisogna cambiare tutto, si è detto. Bene, concordo! A cominciare dalla mia Città dove giovani valorosi ancora combattono, a cominciare dalla mia Provincia e dalla mia Regione dove Togliatti fondò il Partito Nuovo che conosceva il valore delle cose e delle persone e combatteva e avrebbe combattuto quelli che ne valutano solo il prezzo. Ma non cambiate il nome perché è l’ unica cosa giusta in questo incerto e vago divenire di questo disgraziato Partito. E provate a renderlo europeo questo vacillante soggetto, perché è quella la dimensione attuale del conflitto.

Giuseppe Vitiello Iscritto PD di Scafati

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https://www.infinitimondi.eu/2021/03/07/zingaretti-o-e-lannuncio-di-una-battaglia-o-e-una-resa-incondizionata/

https://www.infinitimondi.eu/2021/02/25/non-prendetevela-con-zingaretti-nel-giorno-dei-riders/

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8 commenti

  1. Condivido questa analisi politica, mi costa amarezza e rammarico leggerla perché con lo scrivente ho condiviso anni di militanza e passione politica, il pd sta attraverso, unitamente al’Italia un perodo delicato e cruciale ogni errore di valutazione costerà sangue e lacrime.

  2. Sei stato chiaro e convincente grazie a presto toninosaporito

  3. Ineccepibile analisi.
    Complimenti

  4. … che dire. Condivido la lunga, puntuale e onesta analisi, … e pure le conclusioni. Spero nella emersione del “fiume carsico” di energie e intelligenze che -NONOSTANTE TUTTO- scorrono ancora non lontane dal “Partito Nuovo” che doveva essere il PD.

  5. Complimenti per l’attenta e profonda analisi di Peppe Vitiello. Condivido tutto e spero, che nel PD, si possa tornare a discutere di tematiche vere e di alto profilo politico.

  6. Un’ analisi politica chiara, concreta e autorevole. Una lettura del momento socio- politico pienamente condivisibile.

  7. L’analisi di Peppe Vitiello non fa una piega… o forse no.
    L’unica cosa che hai omesso di dire, caro Peppe, è che le cose fatte da Zingaretti in questi mesi sono state fatte (o tentate) non grazie al PD, ma nonostante il PD, o meglio nonostante la gran parte del gruppo dirigente (?) del PD.
    Le parole con cui Zingaretti ha chiuso la sua esperienza di segretario, quel suo “mi vergogno del PD” non sono un’atto di accusa, sono un’amara constatazione. Sono la fotografia impietosa di un partito bifronte, che conserva, in qualche riserva indiana sempre più ridotta, sprazzi di militanza, capacità di mobilitazione o almeno di testimonianza, aneliti di cambiamento o almeno sforzi di analisi critica verso “lo stato di cose esistente”. Ma appena si esce dalle riserve indiane, che non a caso non contano e non hanno rappresentanza in nessuna sede politica o istituzionale di livello superiore, il PD si trasforma nell’opposto di quello che dovrebbe essere: non forza di cambiamento, ma di conservazione, non forza di riscatto sociale, ma anestetizzatore del conflitto, non forza critica dei pilastri ideologici su cui si è fondata l’Europa di Maastricht (concorrenza, difesa della rendita a scapito del lavoro, riduzione della domanda interna, macelleria sociale spacciata per modernità) ma ignavo custode di valori e principi lontani e spesso antitetici rispetto alla propria storia e a quella che dovrebbe essere la propria funzione. Se la risposta al grido di dolore del suo segretario è la messa scalza di tutti i notabili per consegnare lo scettro del comando ad Enrico Letta, credo che siamo veramente lontani da quello che servirebbe. Sia chiaro, Enrico Letta è persona intelligente e seria, colta e civile. Ma è stato ed è uno dei sacerdoti di quella ideologia che avremmo la necessità di contrastare, uno degli alfieri del “vincolo esterno”. La chiudo qui, non senza una domanda. Ma un partito che di dice democratico dovrebbe avere, in momenti come questo, sedi di discussione vera? E’ tollerabile che l’assemblea nazionale sia il luogo dove si va a ratificare l’accordo dei maggiorenti?

    1. Author

      Se il ragionamento di Giuseppe non fa una piega…ed è così, questo di Amilcare in modo eguale non fa una piega. E allora, che c’è da fare se si vuole fare o ‘continuare’ a fare politica di sinistra ? L’interrogativo a due cari compagni da un compagno… ‘esterno’.

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