la trovate andando a https://ilmanifesto.it/un-no-non-basta-ma-e-necessario-per-impedire-una-brutta-svolta/

O anche di seguito :

UN NO NON BASTA, MA E’ NECESSARIO PER IMPEDIRE UNA BRUTTA SVOLTA

di Luciana Castellina

Diritto universale al voto, libertà di opinione e Parlamento sono beni essenziali, ma diper sé non bastano affatto. E il Sì sarebbe un ulteriore colpo alla democraziaAnche se si può pensare che il referendum può essere usato solo come occasione per pronunciarsicontro, o a favore, dellattuale governo, non credo che sia così. Il taglio dei deputati che verrebbeoperato se vincesse il Sì è grave perché la questione riguarda un problema generale: le sorti dellademocrazia.Non solo per il valore simbolico dellimmagine di quelle poltrone svuotate euforicamente mostratedavanti a Montecitorio, come a dire il parlamento non serve a niente.È grave perché quella proposta che il Sì avallerebbe si inserisce nel contesto di una crisi moltopesante, e ormai di lunga data, dell’intero sistema democratico.

Crisi principalmente italiana, ma non solo: di tutto l’Occidente che pure continua a sbandierare lademocrazia rappresentativa come il punto di per sé più alto della storia dell’umanità. Quella cheavrebbe giustificato tutti i tanti interventi militari «umanitari» intesi a instaurare la democrazia dovenon era stata mai sperimentata.Intendiamoci: diritto universale al voto, libertà di opinione e Parlamento sono beni essenziali, ma diper sé non bastano affatto. Hanno valore e senso se sono accompagnati da una consapevole egeneralizzata partecipazione dei cittadini alle scelte politiche che vengono assunte, altrimenti siriducono ad un esercizio formale.Oggi come sappiamo bene questa partecipazione è minima: un voto sempre più casuale percandidati ai più semisconosciuti, al meglio in base al giudizio su problemi di cui si ignorano lecomplessità, perché manca ogni occasione di confronto se non quello passivo di auditore (o lettore dimedia detti non si sa perché «social»). Basterebbe in queste condizioni anziché procedere allafaticosa pratica delle elezioni ricorrere al tiro a sorte, così, anzi, si avrebbe anche unarappresentanza più «autenticamente» popolare, non contaminata dalla politica. (Chissà che ungiorno non si arrivi anche a questo !) .OPPURE scelti in base al richiamo comunitario, senza valutare che le comunità locali sonoimportantissime ma possono anche essere pessime se diventano autoreferenziali e xenofobe controchiunque non faccia parte della propria.

Ricordo permettetemi questo mio consueto richiamonostalgico le vecchie sezioni del Pci, tutte radicatissime nel proprio territorio ma che ogni settimanadedicavano una serata a conoscere e riflettere su quanto accadeva nel mondo, in Europa, in Italia,alla propria città, poi anche al tram che non arrivava, o alla fontanella senza acqua . Ma così alottare perché questi problemi locali fossero risolti, uno non si sentiva un povero disgraziato, maparte di un grande movimento mondiale che voleva cambiare il mondo. Dove avviene oggi una simileriflessione, dove si incontra chi sa cosa si deve fare e ne discute con la propria comunità?

POTREMMO, per l’ennesima volta, piangere perché non ci sono più i partiti, o meglio quelli cheerano davvero partiti. Io piango, o meglio rimpiango, e credo che non dovremmo farci travolgeredall’odio e discredito che ormai li accompagna. Ma non c’è dubbio che occorre ormai reinventarenuove forme di espressione e partecipazione. Sapendo che questa non si ottiene con una nuovalegge elettorale pur indispensabile.Non si tratta di regole o leggi. Si tratta di riaffermare nella pratica l’importanza della politica comesolo strumento che consente agli umani di controllare le decisioni che li coinvolgono senza farsiabbindolare dall’idea che le scelte sono «oggettive», e misurate dal famoso pilota automatico, ilmercato. E perciò vanno affidate ai tecnici, come quelli che guidano i Cda delle Banche o delleaziende, altrimenti detta «governance».

SE SI È ARRIVATI alla crisi democratica attuale è perché è finita per prevalere in buona partedella sinistra l’ossessione governista, quasi che tutto dipendesse dall’andare o meno ad occuparel’esecutivo. Abbandonando a sé stessa la società, via via sempre più ripiegata sull’«io forse me lacavo», quasi che la maggior parte dei problemi di ognuno non fosse uguale a quella del vicino.Dunque problema collettivo, e dunque, proprio per questo, politico.Colpe anche, diciamocelo con franchezza, della sinistra-sinistra, che questo guasto dei partiti che haotturato i canali di partecipazione l’ha subito, senza avere le fantasia e la forza di dare ai movimentiche pure ha continuato ad animare, la indispensabile ulteriore capacità di inventarsi forme stabili digestione della società, (i «Consigli», come suggeriva Gramsci) in grado di riappropriarsi attraversola partecipazione politica, dell’amministrazione dei beni comuni. (Non dello Stato, i comunisti sonoantistatalisti!).Capaci, però, anche, a partire da questi nuovi punti di forza, di tener aperti i canali di comunicazionecon le istituzioni democratiche rappresentative, che se non ridotte a forma è bene averle a cuore.

ANCHE QUESTO non è problema che risolverà neppure la migliore riforma della legge elettorale.Ma è certo che tagliare il numero dei deputati renderebbe questo difficile tentativo di rianimazionedella democrazia anche più difficile, perché una volta che il Parlamento diventasse preda di unamaggioranza e di una opposizione inevitabilmente non più articolata, anche più distante dallepulsioni, esigenze, proposte, energie della società, il senso di impotenza e dunque laspoliticizzazione diventerebbero ben più gravi.VOGLIO DIRE che certo il No non risolverà tutti questi problemi, ma la vittoria del Sì noncomporterebbe solo una riduzione dei parlamentari con tutte le ripercussioni negative che quasitutti i costituzionalisti ci hanno indicato nella battaglia che stanno conducendo. Significherebbemolto di più: accelerare ulteriormente il già pericolosissimo processo di svuotamento dellademocrazia rappresentativa che gestisce le nostre società occidentali. E a quel punto i rischi di ognipossibile avventura autoritaria sarebbero gravi.

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