Di seguito trovate una lettera che ci è pervenuta da Novara a firma di Tommaso Russo che polemizza con il Saggio di Francesco Barbagallo pubblicato sul numero 13/2020 di Infinitimondi e dedicato alla Storia del PCI di Napoli e alla città negli anni ’50.
Intanto vorrei ringraziare Russo per l’attenzione che ha prestato alla Rivista.
Io devo dire che non ho tratto dal rigoroso e appassionato lavoro di Barbagallo le conclusioni che trae il nostro lettore su una questione, quella del Gruppo Gramsci, alla quale egli stesso ha dedicato un suo lavoro approfondito.
Anzi.
E però, non per questo abbiamo problemi a pubblicare la lettera.

Gianfranco Nappi

Eg. Direttore, questa mia nota che, scommetto, non vedrà mai la luce su IM in quanto non sono né un accademico, né un intellettuale-organico e forse è pure troppo lunga, nasce da una domanda: perché a oltre mezzo secolo di distanza fa ancora paura la verità su Guido Piegari e l’attività del napoletano Gruppo Gramsci (1949-1954) ? Mi sono posto questo interrogativo leggendo il saggio: Di Napoli e del PCI…. (IM 13/20 pp.27-44) del professore Emerito Francesco Barbagallo. Il suo più che un contributo storico-ricostruttivo pare la recensione-stroncatura a un qualche libro sempre presente e mai citato esplicitamente nel filo argomentativo del professore. Infatti per sviare ogni e qualsiasi sospetto tutta la vicenda di Napoli diventa centrale e quella del gruppo Gramsci secondaria. Ciò nonostante credo che colui il quale ha scritto il libro stroncato debba ritenersi onorato di tanta attenzione. Di seguito si possono ricordare alcuni momenti, o episodi, e personaggi che si prestano a una lettura differente da quella del professor Barbagallo: 1) Giovanni Allodi, Ugo Feliziani, Ennio Galzenati, Gerardo Marotta, Guido Piegari et alii non furono la quinta colonna di Pietro Secchia nel PCI meridionale, né gli artefici in pectore di una scissione. La lettera di Marotta a Secchia che in più circostanze il professor Barbagallo ha avuto modo di citare non rappresenta neppure un indizio a sostegno della tesi cospirativa. Ci sono altre lettere (Piegari a Gaetano Arfé, per es.) o altri documenti che sostengono la bontà politica e culturale di Piegari e del gruppo Gramsci. Si vedano, per esempio, le bibliografie di preparazione alle relazioni che i componenti svolgevano nei corsi di alta formazione politica a cui essi avevano dato vita. In realtà la lettera di Marotta dice solo come un gruppo di giovani respingesse le accuse di Secchia sull’inattività culturale dei comunisti napoletani. Marotta invece elencando minuziosamente le iniziative sembra quasi voler rimproverare il potente vicesegretario per il suo pregiudizio antimeridionale. Ci sarebbe poi da spiegare come mai una giovanile infatuazione per Secchia e Stalin (sempre che ci sia stata) si sia trasformata dopo in una convinta adesione al pensiero di Bertrando Spaventa da parte del fondatore dell’IISF. Questo mistero non rientra nell’economia di questa nota. 2) Giorgio Amendola con lo scopo di accreditarsi presso Palmiro Togliatti per scalzare Secchia da vicesegretario così da coltivare l’idea di succedere al Migliore, fra le altre cose, creò un <>: Piegari e il suo gruppo e lo offrì come agnello sacrificale al rito della cooptazione. Nella versione italo-meridionale dello stalinismo prima di arrivare all’espulsione dal Partito di un iscritto per indegnità occorreva annientare sul piano umano e psicologico il reprobo. Ed è ciò che accadde a Piegari. 3) Il gruppo Gramsci venne messo a tacere per eccesso di ortodossia. Il continuo richiamo (anche nell’intestazione) al pensatore sardo costò caro. Dove era l’oggetto dello scandalo ? Piegari e i suoi accusavano Amendola di aver <> la “quistione meridionale” (es. Il Movimento per la Rinascita) mentre Gramsci la riteneva una questione nazionale. L’eterodossia di Amendola sostenuta dalla sua fedeltà a Stalin e al Partito alla fine prevalse sull’ingenuità del gruppo. 4) Il discorso di Togliatti al Congresso napoletano del PCI fu un capolavoro di politica politicante espresso in puro politichese. Egli che era intimamente convinto dell’obsolescenza della categoria gramsciana sul Mezzogiorno (si pensi, ex multis, allo scritto sui ceti medi e l’Emilia rossa), ma non poteva confessarlo apertamente, si espresse sostenendo Amendola e sconfessando Piegari e il suo gruppo. Fu così che essi, ingenui ortodossi gramsciani, divennero l’eresia. Uno strano caso di nemesi storico-politica. La grande bonaccia delle Antille (titolo preso in prestito) ovvero il PCI nel Mezzogiorno continentale fu l’esito di quel drammatico scontro. Nonostante le continue dannazioni della memoria, Piegari è lì testardo a mostrare come la verità non la si può manipolare per sempre e ovunque. Altro ancora ci sarebbe da aggiungere ma se questa nota vedesse la luce mi sentirei onorato. Tommaso Russo
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