Vivere in casa a causa del Covid-19

Sono passati più di 30 giorni in cui siamo obbligati a vivere in casa e che per uscirne abbiamo bisogno di una “necessità” importante secondo l’autocertificazione. Non a caso la si chiama quarantena e lo stress sta cominciando ad avere effetti deleteri su tutti noi.

La mia esperienza con persone con disagio psichico mi avvantaggia nel comprendere il momento. Quando un paziente psichiatrico viene ricoverato in una clinica oppure in ospedale cioè un luogo in cui viene controllato ogni momento e le uscite sono permesse soltanto con un nulla osta di un medico o chi ne fa le veci, a lungo andare la fisionomia della stessa persona cambia.

Spesso in gergo si dice che è ospedalizzato. Idem per chiunque vive in una situazione di cattività vedi gli anziani nelle case di riposo, i detenuti in carcere e chi semplicemente vive in luoghi da cui non può uscire per motivi di salute tipo disabili fisici e motori gravi.
Ebbene in questi giorni di quarantena tutti stiamo vivendo la stessa esperienza e non soltanto chi secondo noi, cinicamente, era predestinato e comunque marginale alla vita produttiva del paese.

Cominceremo a cambiare le nostre fattezze fisiche legate soprattutto anche ad una comunicazione non verbale del nostro corpo, si innescherà in noi una depressione di fondo che ci renderà insicuri e farà crollare di molto la nostra autostima, e come ripeto ormai da anni venendo meno la “relazione” e quindi la “fiducia” nell’altro l’impatto sociale negativo non sarà soltanto psicologico ma anche economico e civico con enormi danni sul tutto il nostro sistema paese.
Gli stessi rapporti d’amore con le altre persone diverranno sempre più virtuali a causa del necessario “distanziamento sociale”, che renderà sempre più arida la nostra vita. Nulla sarà come prima!

Che fare? Forse chi come me lavora nel settore della salute mentale con un punto di vista non strettamente sanitario bensì relazionale e inclusivo può dare una risposta: semplicemente dobbiamo inventarci dei modi per stare insieme. Dobbiamo dare valore ai cosiddetti beni relazionali, e capire il loro peso nella nostra vita.

Quindi significa che se dobbiamo compiere un’azione che ci sembra un sacrificio sia economico che personale lo dobbiamo fare, non soltanto acquistando farmaci, cure in cliniche, droghe e giochi d’azzardo ma impegnandoci a donare. Dono non come semplice donazione materiale ma come momento di reciprocità e relazione. Solo così ci salveremo dalle conseguenze nefaste del Covid-19 perché dobbiamo essere consapevoli che le vite umane spezzate causate dal “distanziamento sociale” saranno 10, 100 volte in più rispetto a quelle causate direttamente da questo terribile virus.


Saluti
Ing. Carlo Falcone
Presidente Arte Musica e Caffè Cooperativa Sociale (Sfizzicariello)
Presidente Associazione Sudd

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1 commento

  1. DA SOTTOLINEARE : DONO COME MOMENTO DI RECIPROCITA’ E RELAZIONE. GRAZIE

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