Il dottor P. gli aveva mandato su whatsApp un audio, in cui si diceva che il virus si nascondeva anche sotto le sue scarpe: appena era rientrato a casa perciò aveva preso uno spray alla candeggina e aveva disinfettato tutto. Non soddisfatto però s’era messo a pulire pure i pavimenti e le pareti, perché gli sembrava di vederlo dappertutto: fra i libri, sulle coperte, sul vetro dello specchio, sul piano di marmo della cucina, e forse mentre lui era uscito si era pure moltiplicato, e non aspettava altro che si addormentasse per aggredirlo con la sua potenza malefica. Esitò a lungo perciò a mettersi a letto e domandò alla moglie di dormire in un altro letto, perché aveva paura che si fosse nascosto anche addosso a lei, e al solo pensiero si sentiva rabbrividire. Anzi le impose di rispettare anche in casa la distanza di sicurezza e di non avvicinarsi a lui se non per validi motivi. Da quel giorno avrebbero dormito separati, avrebbero pranzato e cenato in orari diversi e avrebbero fatto il possibile per non incontrarsi: l’uno avrebbe lavorato in una stanza e l’altro in un’altra e i loro contatti sarebbero stati limitati all’indispensabile. Se avessero avuto qualcosa da dirsi si sarebbero scritti per email, perché per via aerea si poteva trasmettere elementi patogeni.
«Posso andare almeno in giardino? C’è una bella giornata di sole… con il caldo il virus sarà andato in vacanza!» aveva replicato la moglie a quelle drastiche misure draconiane e sperando di poter uscire a respirare un po’ di aria fresca.
«No, devi restare in casa nella tua stanza…e io nella mia… finché non sarà tutto finito. L’aria potrebbe infettarti!»
«Ma non abbiamo più niente da mangiare. Dovrò andare a fare la spesa!» obiettò Roberta.
«Ci vado io. Tu resta pure in casa!»
«Ma non hai la mascherina! Dove vai senza?»
«Già è vero…»
«Hai ancora assorbenti?»
«Gli assorbenti?»
«Sì, gli assorbenti.»
«E a che ti servono? Non sarai mica impazzito!»
«Li hai sì o no?» urlò Antonio.
«Sì, ancora un paio. Non ti scaldare.»
«Va a prenderli! Su corri!»
Roberta corse in bagno, aprì il cassetto sotto il lavabo e tirò fuori gli assorbenti, poi tornò dal marito e si avvicinò per porgerglieli. Appena lui la vide, andò su tutte le furie, fece un passo indietro e gridò: «Non ti avvicinare! Sei pazza? Potresti avere il virus! Lasciali lì sul tavolo.»
«Ma caro!» piagnucolò Roberta «Non mi ami più!»
«Non è il tempo per l’amore questo. Ci penseremo dopo. Fa come ti dico.»
Roberta capì che era inutile discutere e ubbidì senza replicare a quanto Antonio le aveva detto, il quale corse in bagno a prendere lo spray, mise dei guanti, disinfettò la busta che conteneva gli assorbenti, ne prese uno, lo aprì e ne recupererò la parte interna, fece due fori all’estremità che legò con uno spago e si fece una mascherina.
«Al tempo dei virus bisogna ingegnarsi!»
«Bah…potevo comprarne un paio in farmacia!»
«In farmacia? Potrebbe essere contaminata! Meglio fare da sé.»
«Ora esco. Tu chiuditi in casa e non mettere neanche il naso fuori!»
Antonio uscì sbattendo la porta. Roberta piangeva per tutta quella situazione ma con un occhio solo, perché almeno per un’ora se ne era andato e lei in sua assenza poteva fare due passi in giardino. A stare chiusa in casa stava impazzendo e aveva bisogno di un po’ d’aria fresca e la giornata era buona. Prima di uscire però si assicurò che il marito fosse effettivamente andato via: si avvicinò alla finestra e vide la sua auto che scendeva giù dalla collina e andava verso la città.
«È impazzito!» pensò «Ho dimenticato di dirgli di prendere il latte!» Si risolse a farne a meno e in un baleno si precipitò in giardino, dove incontrò il vicino che si era seduto al sole e che sembrava in vena di fare quattro chiacchiere. Non lo aveva mai degnato di uno sguardo, ma per quel giorno fece un’eccezione, e andò a sedersi accanto a lui, e subito attaccò bottoni. La conversazione la prese a tal punto che non si accorse del passare del tempo, se non quando udì da lontano ruggire il motore dell’auto del marito che era di ritorno.
«Oddio Antonio! Devo scappare in casa! Arrivederci.»
Scattò in piedi come se l’avesse morsa una vipera e come una scheggia corse in casa e per poco non inciampò. Con la coda nell’occhio si voltò a guardare se Antonio stesse arrivando, ma fortunatamente era ancora al cancello. Aprì la porta di casa e per non farsi vedere con il fiatone andò a chiudersi in bagno.
Antonio arrivò dopo poco. Con il naso annusò l’aria. C’era qualcosa di strano.
«Cara, dove sei? Sono tornato.»
«In bagno.»
«Che ci fai in bagno?»
«Faccio la pipì!»
«C’è un’aria strana in casa. Di aria fresca. Hai aperto le finestre per caso? Hai fatto entrare qualcuno?»
«No, nessuno.»
«Sei certa?»
«Certissima.»
«Il virus passa anche attraverso l’aria. Non ne hai fatto entrare qualcuno mentre non c‘ero?»
«No, ti giuro.»
«Per essere certi disinfetto tutto.»
«Lo hai fatto ieri sera.»
«Meglio farlo di nuovo.»
«Non ti fidi di me?»
«Non è questione di fiducia…»
«Non ne posso più. Voglio il divorzio!» urlò Roberta uscendo dal bagno e sbattendo la porta e correndo in stanza.
Antonio fece finta di non farci caso. Riempì il secchio dell’acqua, si cambiò i guanti per prudenza e cominciò a pulire il pavimento. Buttò acqua dappertutto e quando gli sembrò che tutto fosse sanificato si stese sul divano. Prese il telefono e vide che Roberta, che era nella sua stanza, gli aveva mandato un whatsapp. Lo aprì e lo lesse:
«Caro, debbo darti una brutta notizia. Vuoi sapere di che si tratta?»
Antonio le rispose: «Spara. Dimmi tutto.»
Roberta gli rispose in un baleno:
«Mi ha scritto l’amministratore della nostra azienda di lampadari. Brutte nuove!»
«Che è successo? I dipendenti non vogliono lavorare?»
«No, peggio!»
«Cosa è successo! Parla!»
Arrivò subito un altro messaggio. Era diventato ansioso e stava per correre nella stanza della moglie. Lo lesse: «Nove su dieci dei nostri dipendenti hanno il virus!»
Quella notizia fece saltare Antonio dalla poltrona. Fino a due giorni prima era stato in azienda e aveva lavorato fino a tardi. Forse lo aveva anche lui. Andò subito dalla moglie. La stanza era chiusa a chiave.
«Fammi entrare!»
«No, potresti avere il virus.»
«Dimmi che ciò che hai scritto non è vero.»
«E’ tutto vero!»
«Non mi ami più!»
«Non è tempo per l’amore!»
«Il virus deve avermi infettato. Mi sento male! Svengo! Oddio mi manca il respiro!»
Roberta sentì un tonfo, aprì la porta e vide il marito riverso a terra.
«Oddio… Antonio!… Era solo uno scherzo!»
Si mise le mani nei capelli, si morse le dita. Diede un urlo, corse a chiamare il vicino che era medico e con il quale un’ora prima aveva piacevolmente chiacchierato; si precipitò in un lampo. Lo guardò. «È un infarto!» disse. «Chiami l’ambulanza!» Mentre arrivavano i soccorsi gli fece un massaggio cardiaco. «È ancora vivo! Ce la farà! È ansia da Coronavirus!»
Antonio fu portato in ospedale. Lo caricarono su una barella e lo lasciarono nel corridoio perché in corsia non c’era più posto. Aveva ripreso i sensi. Si guardò intorno. C’era tanta gente. Fece un rapido calcolo su quanti virus dovevano esserci nell’aria. Era circondato. Non aveva scampo. Accanto a lui c’era la moglie.
«Sto morendo, ho il Coronaviurs!»
«No. Non hai nulla di grave. Solo un infarto ha detto Fabrizio»
«Fabrizio? Chi è Fabrizio?»
«Il nostro vicino.»
«E tu come lo sai?»
«Ho parlato con lui. Me l’ha detto lui.»
«Hai parlato con lui? Ti sarai di sicuro infettata e avrai contagiato anche me. Ho il virus: chiama i medici! Mi facciano subito il tampone.»
Antonio provò ad alzarsi dalla barella, ma non ce la faceva.
Gridò: «Aiuto! Sto morendo! Fate presto!»
«Caro, calmati!» disse Roberta ma il marito era fuori di sé e si era fatto bianco come un cencio.
«Si, caro ora arrivano. Dormi un poco.»
«Allontanati! Ne hai uno anche tu sulla mano. Non lo vedi? Prendi l’amuchina. Subito!»
Antonio si vide invadere da un esercito di virus. Erano dovunque: sulle pareti, sulle mani della moglie, sul lenzuolo bianco, e stavano per attaccare il suo corpo. Uno addirittura stava per entrare anche nella sua bocca. Serrò di colpo le labbra. Ce l’aveva fatta. Forse lo aveva ammazzato, ma fu così brutta e amara la sensazione che provò, che perse di nuovo i sensi. Quando si svegliò era tutto sudato ed era stato solo un brutto sogno!

Francesco Capaldo
Nato a Nocera Inferiore (SA), vive a Firenze dove insegna italiano e latino nelle Scuole Superiori. Dottore di ricerca in Italianistica, ha studiato la cultura letteraria dell’Ottocento e gli aspetti filologici e codicologici della produzione letteraria di Leopardi (Genesi e varianti delle Operette Morali, Emil, 2016); si è inoltre occupato di Pasolini e della poesia di Sereni, Raboni, e D’Annunzio. Ha esordito come narratore con la raccolta di racconti Narciso (Ippogrifo 2005), e poi con il romanzo Fino in fondo (Edizioni Progetto Cultura 2008). Nel 2017 è uscita la raccolta di poesie La promessa del giorno (Ladolfi editore) e nel 2018 il dramma teatrale La signora Orlandi (Ladolfi). Ha curato inoltre nel 2019 per Giunti editore un commento ai Canti di Leopardi. Collabora con il quotidiano online Pickline. Fa parte della redazione della rivista ‘Gradiva’ (Olschki editore).

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5 commenti

  1. Una grande persona ho avuto il piacere ed il modo di conoscerla e parlarci.

  2. Una grande persona . Ho avuto il piacere e l’onore di conoscerlo e scambiare con lui qualche parola

  3. Simpaticissimo! ” Ansia da coronavirus”: un bel soffio divertente di singolare ironia per imparare a non prendersi
    l’ansia da coronavirus

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